Utente
7 ottobre, 2018
Complimenti alle opere vincitrici anche se non ne ho votata nemmeno una lol . Ma in generale è stata la sala che mi ha entusiasmato meno finora. Sono decisamente un visitatore da 'Salon dell'Accademia', e tante istallazioni e tecniche così contemporanee non mi hanno dato molto da un punto di vista estetico o emozionale, al contrario della silenziosa piazza di De Chirico o del romantico squarcio di Rebell. La mia opera preferita però è stata la fotografia di Vadim Stein, così misteriosa e gotica
Utente
7 agosto, 2013
Felicissimo perché pensavo sarebbe stato impossibile emergere fra tante opere moderne e sorprendenti 😍
L'opera di Mone era la mia #1 per questa sala
Anche Alpha e Iry8 erano nella mia top 6, non nascondo che prima di spostarmi verso qualcosa di più classico ho vagliato anche io le stesse opere.
Inoltre mi è piaciuta moltissimo la proposta di edorf!
Utente
30 aprile, 2020
Mone, tantissimi complimenti e davvero bravi anche Kris e Iry, entrambi nella mia Top 6!
Personalmente ho apprezzato molto anche il mio adorato De Chirico (confesso che proprio questo dipinto era la mia seconda scelta) e le stupende foto presentate da Alabama ed Edorf.
Grazie mille a chi ha apprezzato l'opera di Diet Wiegman e a BertoBarto per il suo commento.
Più in generale, ho trovato davvero interessante la varietà delle proposte presentate per questa sala. C'è la pittura rappresentata nella sua accezione più classica e in quella più contemporanea, ci sono foto artistiche, installazioni e sculture con la Shadow Art. Direi un bellissimo viaggio attraverso le varie interpretazioni personali della Luce.
Utente
6 dicembre, 2019
La Sala Luce confina con la penultima Sala basta percorrere qualche passo per incontrarla.
E' un ambiente piacevole frutto dell'incontro fra architetture diverse unite all'energia di un vibrante color arancione e alle vetrate a specchio. Specchio che rifletterà voi dodici e i visitatori che la percorreranno creando così una magnifica onda di persone.
Per questa Sala infatti aspetto opere d'arte che abbiano come focus le persone.
Benvenuti alla
Da sempre numerosi artisti si sono impegnati nella produzione di opere d'arte raffiguranti persone intente a danzare, viaggiare, giocare, mangiare o festeggiare ad un matrimonio o, nella situazione diametralmente opposta, folle disperate e scenari critici finanche apocalittici.
Non voglio eccedere con gli input ne in alcun modo limitarvi con eccessive indicazioni: sentitevi liberi di portare il vostro senso di pluralità.
Come per la Sala precedente alla carrellata di 12 opere d'arte seguiranno le vostre presentazioni libere da vincoli di lunghezza o contenuto, postate autonomamente in topic.
Riassumendo:
1 opera d'arte a tema PEOPLE
Termine ultimo giovedì 15 ore 11.
Per chiarimenti sapete dove trovarmi.
Buona serata, 😘.
@monechiapi @Alby @Krishoes @NotturnoManto @Emm @Casadelvino @Iry8 @Alpha @Waves of Music @Alabama Monroe @edorf @alessandrino
Moderatore Junior
7 agosto, 2013
Grazie per questo primo posto Sono davvero felice che Atmosphere vi sia piaciuta e magari vi abbia trasmesso le stesse emozioni che ho provato io, seppur a distanza.
Complimenti anche al resto della top4, su cui sono abbastanza concorde, seppur manchino anche altre mie preferite.
La prossima sala ha un tema talmente vasto che sarà ancora più difficile.
Utente
6 dicembre, 2019
Apriamo le finestre del Museo, è una bella giornata..
⚠️ La scadenza per la consegna dell'opera d'arte è fissata alle ore 11 di questa mattina.
In pausa pranzo aprirò la Sala People e sarete liberi poi di postare motivazioni, curiosità e riflessioni che l'opera vi ha suscitato. E' una opzione facoltativa, ma consigliata, lo ricordo.
Aprirò poi il voto domani pomeriggio sia per voi dodici che per la GUEST STAR OSPITE.
Ciao, a dopo.
Utente
6 dicembre, 2019
Poche indicazioni hanno generato più interpretazioni. Trovo sia una Sala davvero emozionante. Grazie.
Eccola allora la Sala People.
MONECHIAPI
Sebastião Salgado, Fotografia tratta dal progetto GOLD
NOTTURNOMANTO
Scatto anonimo dal London Pride 2015
KRISHOES
Marina Abramovic, The artist is present
CASADELVINO
Martin Handford, Dov'è Wally - Horseplay in Troy
ALESSANDRINO
Jason deCaires Taylor, The Silent Evolution
ALABAMA MONROE
Rob Woodcox, Tree of life
ALPHA
Sebastião Salgado, Fotografia da un Reportage a Korem, in Etiopia
IRY8
Marina Abramović, Rithm 0
EDORF
Dan Witz, Big Mosh Pit
ALBY
Einat Amir, When Was The Last Time
EMM
Robert Doisneau, Timide à lunettes
WAVES OF MUSIC
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il quarto Stato
---
Da ora siete liberi di pubblicare le vostre descrizioni a supporto della scelta, 💪🏼.
Buona Sala.
Pubblico amico aspetto, come sempre, le tue sensazioni!
Utente
24 agosto, 2015
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il quarto Stato
Un classico.
Un quadro iconico, che per me proprio non poteva mancare in una sala con questo tema.
Il Quarto Stato.
Una fiumana di persone, l'avanzare inesorabile di un corteo non violento, ma anzi permeato di sensazioni di sicurezza, calma; la suggestione è quella di una sensazione di vittoria. Lo stesso autore volle dare vita a «una massa di popolo, di lavoratori della terra, i quali intelligenti, forti, robusti, uniti, s'avanzano come fiumana travolgente ogni ostacolo che si frappone per raggiungere luogo ov'ella trova equilibrio». Espressività, pose variegate, giochi di sguardi e di luci. Un'opera formalmente perfetta, che ha attraversato gli anni con la sua potenza.
Vederlo dal vivo, grandissimo, esposto al prestigioso Museo del Novecento a Milano, è stato francamente emozionante, la sensazione di umanità oceanica che comunica questa tela riesce ad avere un grandissimo impatto sullo spettatore.
Utente
4 febbraio, 2018
CLICCA QUESTA IMMAGINE PER MAGGIORI DETTAGLI
This seems trash, but it isn't
Ho dato un occhio al mio percorso artistico e mi son detto che avevo proprio bisogno di uno sguardo alle prime forme d'arte a cui mi sono approcciato nella vita, ovvero illustrazioni, sketches, fumetti and puzzles. Sì ok, non saranno fotografie eleganti o affreschi maestosi, ma di per sé mi son detto "vabbè tanto ormai" e leggendo "persone" ho pensato subito a quel pazzesco di Wally nei minuziosi lavori di Martin.
Cioè io penso di non aver mai visto fiumane di gente così vaste come nelle illustrazioni di quest'uomo, e se si può pensare abbiano il solo scopo di far divertire i bambini, io le trovo anche espressione di arte e tecnica, e soprattutto di come si può far valorizzare i dettagli. Nel ricercare Wally si ritrova come ogni singolo personaggio in questa tavola sia perfettamente definito, migliaia di storylines differenti, azioni, oggetti, colori. Ogni angolo di questo lavoro è dettagliato al massimo, ed è esclusivamente e interamente addobbato da persone.
Osservatelo, trovatevi a notare tutti i personaggi: la coppia innamorata sotto l'acquedotto, gli allegri suonatori rilassati, i soldati che chiamano aiuto, il regista con la cinepresa, il tizio che lancia la fionda, i due ragazzi che litigano sull'ora esatta, i fumatori incalliti, gli amanti della raccolta differenziata, i lanciatori di pomodori e infine ovviamente Wally! Ma non solo..
Insomma apprezzate i dettagli e l'opera nel complesso, oppure almeno divertitevi a trovare Wally guys e se non lo trovate fatemi vincere così ve lo dico ihihih
Utente
27 febbraio, 2020
Le persone sono sempre state uno dei soggetti tipici delle raffigurazioni dei più svariati artisti. In questa sala però, influenzata dalla presenza di tutti questi specchi, ho deciso di portare un’artista che in qualche modo ha voluto mettere le persone davanti al loro riflesso, mostrandone allo stesso tempo le loro figure distorte: sto parlando di Marina Abramović e di Rhythm 0.
In questa performance (tenutasi a Napoli nel 1974), l’artista aveva allestito un tavolo con una serie di oggetti, da semplici indumenti come un cappello ad altri più pericolosi come delle forbici o una pistola. I visitatori della stanza avrebbero potuto usarli su di lei a loro piacimento, visto che l’Abramović si era assunta piene responsabilità di ciò che le sarebbe successo e che sarebbe rimasta immobile senza opporsi. Il suo obiettivo era capire come le persone si sarebbero comportate.
Se in un primo momento il pubblico era stato timoroso, limitandosi a guardarla, darle una rosa e baciarla, via via l’atmosfera si era fatta carica di violenza e sadismo: c’era chi la insultava, chi la tagliava, chi la spogliava, si arrivò addirittura a conficcarle nella pelle le spine della rosa, bere il suo sangue e darle in mano la pistola carica puntata verso di sé. Il tutto sotto lo sguardo di attonito ma immobile dolore dell’Abramović, catturato così bene dalle varie fotografie che mi lasciano con una sensazione di grande angoscia. Dopo sei ore di quella che non può essere considerata che tortura, sotto lo sguardo divertito di alcuni e allarmato di altri, la galleria annunciò la fine della performance e l’artista riprese possesso del suo corpo, cominciando a muoversi nuovamente. In quel momento, tutti iniziarono ad andarsene, incapaci di guardarsi allo specchio nel corpo segnato di quella donna.
Marina Abramović disse riguardo a quell’esperienza: “Quello che ho imparato è che se ti affidi e ti abbandoni al pubblico, loro possono arrivare a ucciderti. Mi sono sentita davvero violata, qualcuno mi ha infilato le spine della rosa nello stomaco. Si è creata un’atmosfera aggressiva. […] E’ stata la pièce più pesante che abbia mai fatto, perché ero totalmente fuori controllo”
Trovo che sia un’opera molto forte, che ci mette di fronte a una realtà che magari spesso sospettiamo, quando vediamo un nostro compagno a scuola essere preso di mira in maniera un po’ forte, o quando studiamo la storia del Novecento, o quando leggiamo la notizia di un’aggressione di tanti contro uno: in contesti di aggregazione di persone, quando si sentono parte di un gruppo e si trovano di fronte a un singolo più debole, gli esseri umani si fomentano a vicenda e sono capaci di azioni disumane.
(Lascio anche il video con il racconto dell’esperienza in inglese dell’Abramović)
Utente
16 gennaio, 2021
Sala people, noi: ci siamo!
Difficilissimo qui stilare una top 6 (lo so che suono sempre la stessa canzone, ma è vero!!!). Ogni opera da voi scelta racconta qualcosa e le ritengo tutte fortemente emotive, quindi immagino che la sensibilità di ognuno guiderà le vostre classifiche personali - almeno questo sarebbe il mio criterio. In tal senso la scelta Krishoes mi ha colpito molto (anche per tutta una serie di pipponi miei mentali).
Tornando al mio commento precedente, quello del filone di ognuno di voi, qui ero sicurissimo che Waves avrebbe portato Pelizza da Volpedo!
Moderatore - Mentore
Moderatore Junior
7 agosto, 2013
Utente
5 aprile, 2018
DAN WITZ
Big Mosh Pit
Per questa sala non ho avuto dubbi di puntare su un' opera di Dan Witz, pioniere della Street Art.
Uno dei soggetti a lui più cari è ritrarre la folla durante i concerti e ha creato una serie intitolata "Mosh Pit", che tradotto significa POGO!!!
[Impossibile trovare l'immagine]
Il pogo è il momento di massima condivisione, socialità, contatto fisico all'interno di un concerto, ed è per eccellenza il momento culmine dove la musica prende vita.
Tra le numerose opere appartenenti a questa serie, ho portato "Big Mosh Pit" del 2007. Il dipinto date i numerosi particolari e dettagli pare una vera e propria fotografia Appena la ho vista, mi sono immaginato di essere lì in mezzo strattonato, da una parte all'altra, tra goccioline di sudore ed odore di ascelle pezzate(quanto mi manca!!!)
Moderatore Junior
7 agosto, 2013
Einat Amir
When Was The Last Time
Quando ho letto il tema di questa Sala sono stato super felice. Da sempre sono affascinato dalle persone e dalle loro storie. Da sceneggiatore mancato, ho sempre pensato che la vita delle persone, le loro emozioni, fossero la vera opera d'arte. Un'idea che ho cercato di trasmettere anche nel corso della scorsa edizione di MuseoRH, per chi l'ha seguita, con Alex Prager.
Con questo tema, dunque, volevo nuovamente esplorare questa riflessione e volevo assolutamente portare non un'opera d'arte con delle persone, ma un'opera d'arte fatta da persone. Così l'idea dell'installazione When Was The Last Time, del 2018, dell'artista e ricercatrice israeliana Einat Amir. Un'artista da sempre interessata alle persone, ai loro comportamenti, alle loro reazioni, alle loro interazioni sociali e al loro modo di relazionare l'interiorità all'alterità attraverso le proprie emozioni. Sono le persone comuni, i visitatori, i protagonisti delle sue installazioni visive e delle sue live performance che danno il la alla vera opera d'arte che avviene in un happening fatto di imprevedibilità e spontaneità, cogliendo dunque l'umanità di ognuno di essi. E siccome ognuno di noi è diverso, ogni performance non sarà mai uguale all'altra, ma unica ed irripetibile. Ed è questo il vero grande spettacolo della vita.
Con When Was The Last Time i visitatori della mostra diventano veri e propri artisti in divenire e, al tempo stesso, opera d'arte. In questo caso, si tratta di coppie di visitatori che si conoscono tra di loro. Essi sono invitati ad accomodarsi in una cabina, guardandosi negli occhi. I visitatori all'esterno possono osservare ciò che accade all'interno delle cabine, ma non possono ascoltare ciò che al loro interno viene detto. La coppia ascolterà delle indicazioni che li spingerà ad aver una conversazione a cuore aperto, una chiacchierata profonda che li aiuterà a scoprire qualcosa di nuovo circa sé stessi, circa la persona che hanno di fronte e anche circa il loro legame. Alcune delle indicazioni chiederanno loro di parlare dei loro ricordi, dei loro sogni, dell'ultima volta in cui hanno pianto e il motivo. Chiederanno loro di toccarsi, di accarezzarsi e di abbracciarsi, stabilendo un contatto umano estremamente intimo e caloroso, seppur sotto l'occhio dei visitatori. Le luci all'interno delle cabine, inoltre, cambieranno colore a seconda delle emozioni e delle interazioni suscitate all'interno della cabina.
Quando ho visto quest'opera ho subito apprezzato moltissimo l'idea di Einat Amir e ho subito capito che avrei voluto assolutamente provare a condividere quest'esperienza così unica con qualcuno che conosco, un amico o un familiare. Mi ha fatto anche molto riflettere. Sono uno che nella vita ama coltivare rapporti ad un livello molto profondo, ma sono anche consapevole che molto spesso i rapporti sono per la maggior parte delle volte quotidiani, scherzosi e purtroppo anche burrascosi.
Quando è stata l'ultima volta che le persone a cui teniamo hanno pianto? Quali sono i loro sogni? Quali le loro paure? Quando è stata l'ultima volta che ci siamo messi a parlarne, ad ascoltarle? A chiedere loro se stanno bene? L'ultima volta che abbiamo riso con loro? Quando è stata l'ultima volta che le abbiamo abbracciate? Quando l'ultima volta che abbiamo detto loro "ti voglio bene"?
Utente
7 ottobre, 2018
Personalmente, non ho avuto alcun dubbio sul volere declinare il tema People da un punto di vista queer. Banalmente, da quando ho iniziato a prendere parte al Pride (al Palermo Pride, nello specifico) e a interessarmi in maniera più sistematica alle istanze portare avanti dai vari movimenti, mi sono trovato avvolto da una sensazione di appartenenza che voglio vedere celebrata in questa sala.
Essendo la pittura, ça va sans dire, la mia espressione artistica prediletta, ho iniziato con il cercare lavori pittorici di artistə contemporaneə queer, lavori i più convincenti dei quali, però, presentavano come soggetto il singolo o la coppia, non quella pluralità di persone rappresentata dall'onda Pride. L'insoddisfazione mi ha suggerito l'idea di cercare tale dimensione non nell'arte, ma nella cronaca e nella storia, portandomi in un primo momento a reperire qualche scatto particolarmente significativo dei fondamentali, newyorkesi moti di Stonewall del giugno del 1969.
Ha infine vinto la suggestione datami dall'amore per una delle mie pellicole preferite, il film inglese Pride (2014), che mi ha permesso di conoscere una vicenda reale, esempio di intersezionalità, empatia, lotta comune: il supporto offerto da un gruppo di attivistə gay e lesbiche londinesi a un gruppo di minatori gallesi impegnati nel lungo sciopero del 1984/85 portato avanti dai minatori britannici a seguito di una politica, incarnata dalla Prima Ministra Margaret Thatcher, volta a chiudere diverse miniere in tutto il regno e a indebolire l'industria estrattiva a favore di altri sistemi energetici più economici (per chi volesse approfondire https://www.ilpost.it/2015/03/03/lo-sciopero-dei-minatori-britannici-30-anni-fa/ ). Ebbe inizio nel marzo dell'84 uno sciopero generale che portò a scontri violenti tra gli scioperanti e le forze armate.
Alcunə attivistə omosessuali londinesi avvertirono una connessione con gli scioperanti, vittime di un sistema repressivo uguale a quello che perseguitava la comunità omosessuale. Nel film, che è stato scritto con la collaborazione dellə protagonistə ancora in vita di quel gruppo e che quindi rispecchia in maniera abbastanza fedele lo spirito che lə mosse in quella vicenda, l'attivista gay Mark Ashton esclama: 'Bella manifestazione oggi. Poche botte o insulti. Niente molotov, né svastiche. La polizia sta diventando tenera, no? Non stanno più davanti ai nostri locali, mi chiedo come mai... Non me possono più di Donna Summer? Secondo me, sono dovuti andare altrove. A rompere le palle a qualcun altro. Secondo me, mentre noi approfittiamo della calma, sono là, a prendersela con quei poveretti, invece che con noi. Quelle comunità di minatori sono perseguitate quanto noi. Dalla polizia, dalla stampa, dal governo (...). Hanno bisogno di soldi, urgentemente'.
Ebbe inizio così una collaborazione e un supporto che in realtà non si sviluppò senza attriti. I minatori accettarono i diversi aiuti economici offerti dal gruppo LGSM (Lesbians and Gays Support the Miners). Per esempio, quando il gruppo londinese si rese conto che quello che erano riuscitə a raccogliere era ancora insufficiente, decise di organizzare, come raccolta fondi, un concerto con nomi di richiamo come i Bronski Beat, concerto leggendario svoltosi a Camden Town il 10 dicembre 1984:
(da notare la forza della appropriazione di quel 'perverts', un aggettivo carico di odio che il gruppo fece proprio, usandolo come pubblicità e provocatorio richiamo).
Era comunque inevitabile che anche tra i minatori serpeggiassero quei preconcetti e quell'ostilità contro le persone omosessuali, essendo un qualcosa di sistemico. La cosa bella fu come da parte di entrambi i gruppi, così diversi, furono superate resistenze e pregiudizi non solo per un fine utilitaristico, ma in nome di una empatia reale. Tant'è vero che, nonostante lo sciopero si risolse nel marzo dell'85 con la 'sconfitta' dei minatori, questi non dimenticarono dell'aiuto e dell'amicizia offerte dall'LGSM, e diverse persone delle loro comunità si recarono al London Pride del 29 giugno 1985, marciando insieme, questa volta in sostegno dei diritti civili. Cosa forse ancora più importante, il sostegno unanime del Sindacato Nazionale dei Minatori fu fondamentale nell'approvazione, nell'86, della mozione che chiedeva l'inclusione della difesa dei diritti delle persone omosessuali nel manifesto del partito laburista, mozione che era stata presentata e rigettata in passato.
La foto che ho scelto per rappresentare questa vicenda proviene dal London Pride svoltosi nel 2015, una foto che celebra i trent'anni di quella alleanza, con al centro il cartello storico con lo slogan dell'LGSM. Certamente non è uno scatto dalla natura artistica, sicuramente non è l'esempio migliore di una intersezionalità la più inclusiva e moderna possibile, però è un'immagine che trasmette una grandissima umanità (anche perché la trovo 'vissuta', mi piace che non sia glamour e patinata) e che mi esorta, in un periodo in cui mi sento abbastanza spento, a tenere duro 💪.
Comunque, se qualcunə tra voi non ha mai visto il film, lə invito a recuperarlo , anzi lascio il trailer sotto spoiler:
Moderatore Junior
7 agosto, 2013
SEBASTIAO SALGADO - GOLD
Per questa sala, essendo la penultima, ho deciso di proporre uno dei miei fotografi preferiti e, ho deciso di farlo, visto il tema proposto e per portare un nuovo "tema", più di denuncia, e una nuova forma espressiva in questo percorso. Subito dopo aver letto la consegna, ho pensato di voler trasmettere l'idea di folla quale moltitudine indistinta, in cui le persone perdono la loro individualità. Questo poiché non sono un amante della folla. Stare tra tante persone mi mette disagio, se non ansia. Per questo sono stato indirizzato verso una rappresentazione non positiva di questo "soggetto".
Questo lavoro fotografico, dal titolo Gold, fatto di una serie di scatti, mi ha sempre travolto con grande forza, per ciò che rappresenta e per la potenza con cui ti arriva questa moltitudine. Si tratta di un lavoro di documentazione del lavoro nelle miniere d'oro di Sierra Pelada in Brasile. Salgado documenta la schiavitù di questi minatori, costretti a lavorare in condizioni disumane per trasportare sacchi di fango e terra in superficie, dove poi saranno ispezionati dai magnati per cercare l'oro, mettendo a repentaglio la propria vita, aiutandosi nella salita solo tramite delle scale a pioli rudimentali.
In questi scatti l'idea di "folla" ti travolge con tutta la sua brutalità. Questi schiavi dell'oro perdono la loro "personalità" e diventano figure anonime, in cui la soggettività di ciascuno non conta, poiché a contare è solo l'obiettivo per cui vengono sfruttati i lavoratori. La miniera sembra un formicaio per quante persone sono presenti sulla scena
Il paragone che però mi viene più facile, guardando lo scatto proposto, è quello con l'Inferno dantesco. Queste persone, che salgono e scendono da queste scale, sporche e sopraffatte dalla fatica, mi ricordano i dannati delle bolge dantesche. Lo scenario diventa davvero infernale e la similitudine con i gironi dà una luce ancora diversa a questi scatti: quello che vivevano queste persone è davvero un inferno sulla terra. Salgado riesce a rendere esplicito questo paragone con lo scatto presente nella sala.
Per concludere, il titolo della sala è "People" e ho voluto portare questo scatto anche per dare la dignità di persone a questi lavoratori, che in quel contesto diventano oggetti, ma che hanno una loro storia, delle emozioni, una propria individualità, seppur si perdono in mezzo a questa fiumana di persone, che ti travolge come una cascata.
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