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Andrea Rosi (presidente Sony Music): «In Italia manca la cultura della musica»
SabriS
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1
15 settembre, 2019 - 11:32
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Andrea Rosi lancia un messaggio sul palco di DigithON: «In Italia manca la cultura della musica»
 
Il presidente della Sony, intervistato da Paolo Giordano, ha spiegato come si sta evolvendo l'industria
 
Ha preso ufficialmente il via la quarta edizione di DigithON, la maratona digitale che premia i giovani startupper italiani attraverso l'assegnazione di un finanziamento al termine di un concorso, e che durante i giorni della gara ospita a Bisceglie i protagonisti del mondo delle imprese che cercano di raccontare l'impatto del digitale sul loro lavoro.
Primo ospite della prima serata della kermesse è stato Andrea Rosi, presidente della Sony Music, che intervistato dal giornalista Paolo Giordano ha parlato della nuova vita della musica, e di come l'industria si stia adattando a questo cambiamento che proprio Rosi ha definito epocale. 
La musica, come ha sottolineato Giordano, è sempre stata antesignana dei cambiamenti che la società ha vissuto. E quanto riguarda la rivoluzione digitale non fa eccezione: «Negli ultimi dieci anni nella musica è cambiato tutto. - ha spiegato Rosi - L'Italia come spesso accade è indietro: nel mondo la conversione al digitale è già avvenuta, in Brasile per esempio il mercato dei dischi fisici equivale allo 0.5% del fatturato. Negli ultimi tempi c'è stata un'accelerazione in questo senso, ma siamo ancora indietro. Si tratta comunque di un processo irreversibile».

L'Italia è dunque nel mezzo di un processo di transizione che porterà un giorno il digitale ad essere l'unico strumento, o comunque quello principale, attraverso cui entrare in contatto con il mondo della musica: «La musica è un servizio non più un prodotto, non esiste più il problema del prezzo. Stiamo affrontando un cambiamento epocale e per questo ci vuole tempo. Stando agli ultimi dati, in Italia circa 25 milioni di persone non sanno che cosa è un servizio di streaming musicale e 20 milioni lo sanno ma non lo usano. Adesso il problema sta diventando quasi quello dei supporti: per esempio le macchine non hanno più i lettori CD nelle case non ci sono lettori DVD, quindi il problema è anche utilizzare il disco fisico. Ormai lo compra solo chi lo tiene lì come oggetto da collezione».

«La tecnologia digitale sta trasformando il mercato: è come se ci fossero due categorie differenti, quella dei live e quella delle classifiche. Gli adulti amano i live, mentre il mercato è fatto da chi consuma, ovvero dagli utenti della fascia di età 15-25 anni. Questo non vuol dire però che chi è in classifica non riempie gli stadi, ma semplicemente che non sempre, chi riempie gli stadi è nelle classifiche» ha spiegato il presidente dell'etichetta musicale facendo riferimento ad un artista come Salmo. Il cambiamento digitale pone però nuovi problemi all'industria: se fino ad un certo momento, con la vendita del disco si ricavava un certo incasso, con lo streming digitale questo non è più possibile: Cambierà la metodologia di monetizzazione della musica. Il terreno di combattimento non è più l'acquisto di un prodotto ma l'attenzione delle persone. Il pubblico di 15-25 anni ha molto tempo libero per ascoltare la musica e questo stravolge il marketing. La musica nella vita di ognuno di noi ha un ruolo molto importante per questo deve essere remunerata in modo giusto. In Italia manca la cultura della musica, abbiamo molta strada da fare e dobbiamo lavorare tutti per valorizzare lo sviluppo della musica perché la musica digitale non ha confini».

Il giornalista si è poi soffermato sugli album, chiedendosi se a lungo andare sarebbero spariti con questo nuovo modo di ascoltare la musica: «A breve termine le cose non cambieranno. L'album è un disegno progettuale e coincide con un'idea artistica di chi lo scrive. Con lo streaming perde un po' di significato ma questo non vuol dire che si perde completamente il valore dell'album. Anzi, con il digitale il ciclo di vita di un album è più lunga perché siamo pigri e una volta fatta la playlist difficilmente cambiamo radicalmente».

La visione del futuro di Andrea Rosi è comunque molto ottimistica: «Il futuro è super up. Siamo in un momento di grande fermento e grande entusiasmo sulle prospettive, che va al di là dei generi musicali che possono piacere e non piacere. I dati parlano di una crescita di circa il 40% rispetto all'anno precedente per quello che riguarda la musica digitale. Abbiamo da fare, ma ci stiamo lavorando» ha concluso.

 
Non ha detto niente di così nuovo, però l'ho trovata un'analisi interessante
Signorina Silvani
Utente 5xP

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2
15 settembre, 2019 - 11:55
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Ha detto delle cose interessanti, ma che non rappresentano una novità per chi, come su questo forum, segue questi andamenti.

Preferisco non esprimermi  sul fatto che secondo Rosi in Italia manchi la cultura della musica. Ero presente ad una conferenza in cui un noto cantante, con Rosi presente, ha detto a chiare lettere che la Sony voleva costringerlo a fare uscire come lead single una canzone piuttosto che un'altra, considerata meno radiofonica e più difficile e come questo cantante abbia dovuto lottare come un leone per fare uscire la canzone che voleva lui.

I fatti poi hanno dato ragione al cantante, dimostrando a Rosi che non è poi così vero che in Italia non ci sia la cultura della musica. E' che le case discografiche hanno la cultura del guadagno facile, con le canzonette, questo è il punto.

Ho visto Rosi abbassare gli occhi, mentre questo discorso veniva fatto in sua presenza. 

" Ah ... anche poeta ! "

SabriS
Utente 3xP

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3
15 settembre, 2019 - 12:11
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Signorina Silvani ha detto
Ha detto delle cose interessanti, ma che non rappresentano una novità per chi, come su questo forum, segue questi andamenti.

Preferisco non esprimermi  sul fatto che secondo Rosi in Italia manchi la cultura della musica. Ero presente ad una conferenza in cui un noto cantante, con Rosi presente, ha detto a chiare lettere che la Sony voleva costringerlo a fare uscire come lead single una canzone piuttosto che un'altra, considerata meno radiofonica e più difficile e come questo cantante abbia dovuto lottare come un leone per fare uscire la canzone che voleva lui.

I fatti poi hanno dato ragione al cantante, dimostrando a Rosi che non è poi così vero che in Italia non ci sia la cultura della musica. E' che le case discografiche hanno la cultura del guadagno facile, con le canzonette, questo è il punto.

Ho visto Rosi abbassare gli occhi, mentre questo discorso veniva fatto in sua presenza.   

Sì, infatti il suo intervento "in Italia manca la cultura della musica" l'ha argomentato sempre sul piano tecnico, di fruizione con i nuovi strumenti, non artistico. Per questo l'ho trovato abbastanza coerente con il fatto che poi, essendo presidente di una major, ovviamente sia il primo a pensare al profitto. 

Signorina Silvani
Utente 5xP

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4
15 settembre, 2019 - 12:13
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SabriS ha detto

Sì, infatti il suo intervento "in Italia manca la cultura della musica" l'ha argomentato sempre sul piano tecnico, di fruizione con i nuovi strumenti, non artistico. Per questo l'ho trovato abbastanza coerente con il fatto che poi, essendo presidente di una major, ovviamente sia il primo a pensare al profitto.   

Allora non deve parlare di "cultura della musica" ma di "cultura della legalità della fruizione"

" Ah ... anche poeta ! "

Aerys
Utente PLATINO

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5
15 settembre, 2019 - 18:39
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Quindi insomma, la prova che in Italia c'è la cultura della musica sarebbe il successo di Guerriero di Mengoni? 

pazzoreality
Utente 2xDIAMANTE

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6
15 settembre, 2019 - 18:42
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Aerys ha detto
Quindi insomma, la prova che in Italia c'è la cultura della musica sarebbe il successo di Guerriero di Mengoni?   

deadbanana

Che strano uomo avevo io, con gli occhi dolci quanto basta...

Signorina Silvani
Utente 5xP

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7
15 settembre, 2019 - 21:58
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Aerys ha detto
Quindi insomma, la prova che in Italia c'è la cultura della musica sarebbe il successo di Guerriero di Mengoni?   

Il discorso di Mengoni a Rosi fu fatto il 20 novembre 2014, il giorno prima dell'uscita di Guerriero, quando ancora non si sapeva se sarebbe stato un successo o no. Fu fatto a muso duro, senza mezzi termini, di fronte ad Andrea Laffranchi del Corriere della Sera che mediava la lezione alla Statale. E' stata la punta dell'iceberg di uno scontro frontale avvenuto nelle settimane precedenti contro la Sony, che tende ad obbligare i propri cantanti a scegliere i vari singoli in base alle esigenze commerciali della CD e non in base al progetto artistico dei cantanti. Guerriero è diventato quinto platino senza essere una canzone trap e senza essere un tormentone estivo, a riprova che il pubblico sa scegliere anche qualcosa di meno immediato e radiofonico. Dopo Guerriero, sono nate altre canzoni molto somiglianti a Guerriero, quindi si è aperto un filone, un mood che è durato qualche mese o anno. In questo ha avuto più lungimiranza Mengoni che Rosi. 

Ecco perchè il titolo è sbagliato. "Cultura della musica" significa che l'artista sceglie in base alla propria sensibilità artistica e il pubblico coglie ed apprezza (Mengoni/Guerriero o qualunque cantante/canzone vogliate voi, ognuno ha il proprio gusto musicale), mentre le CD hanno la cultura del profitto, quindi il discorso non verte sull'artisticità, ma nell'inculcare al pubblico una nuova educazione nella fruizione del "prodotto" musicale. La cultura è altro.

   

" Ah ... anche poeta ! "

GuSpe
Utente 5xP

Utente
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8
15 settembre, 2019 - 22:28
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Io finché ha parlato delle due classifiche live e streaming l'ho seguito e capito.

Poi quando avrebbe dovuto spiegare come faranno le CD in futuro a monetizzare su una cosa da cui non si monetizza molto come lo streaming mi sono persa.

Più rileggo quel paragrafo più il discorso dell'attenzione delle persone mi sembra antani lol

Che poi comunque io me lo sto chiedendo spesso, vista la direzione che sta prendendo il tutto. Le CD guadagneranno da cosa? Dai live e...?

GuSpe
Utente 5xP

Utente
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9
15 settembre, 2019 - 22:43
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Signorina Silvani ha detto

   

Ecco perchè il titolo è sbagliato. "Cultura della musica" significa che l'artista sceglie in base alla propria sensibilità artistica e il pubblico coglie ed apprezza (Mengoni/Guerriero o qualunque cantante/canzone vogliate voi, ognuno ha il proprio gusto musicale), mentre le CD hanno la cultura del profitto, quindi il discorso non verte sull'artisticità, ma nell'inculcare al pubblico una nuova educazione nella fruizione del "prodotto" musicale. La cultura è altro.

     

Ma guarda che non ha parlato minimamente di qualità o scelte discografiche, il discorso è tutto improntato sulla fruizione della musica pura e semplice.

Signorina Silvani
Utente 5xP

Utente
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10
15 settembre, 2019 - 23:08
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GuSpe ha detto

Ma guarda che non ha parlato minimamente di qualità o scelte discografiche, il discorso è tutto improntato sulla fruizione della musica pura e semplice.  

Appunto, sto discutendo il titolo.

È sbagliato parlare di cultura della musica, quando il discorso verte sulla fruizione della musica.

Quale cultura?

" Ah ... anche poeta ! "

GuSpe
Utente 5xP

Utente
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11 novembre, 2015
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11
15 settembre, 2019 - 23:47
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Signorina Silvani ha detto

Appunto, sto discutendo il titolo.

È sbagliato parlare di cultura della musica, quando il discorso verte sulla fruizione della musica.

Quale cultura?  

Ma è un modo di dire, si dice 'cultura della musica' come si dice 'cultura della legalità'.

Si parla di abitudini virtuose che si sedimentano nel tempo.

Non si parla di cultura musicale, è proprio una cosa diversa

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