Che belli questi tweet del concerto di ieri a Roma, e ancora di più scoprire che a consigliare il concerto perché sicuramente sarebbe piaciuto è stato un giornalista!!
GuSpe
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9 maggio, 2019 - 9:53
Signorina Silvani
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9 maggio, 2019 - 11:21
Questo è un tour che è come un film d'autore, in cui ogni canzone ha il suo proprio palco e la sua scenografia, sempre diversi, per non parlare della fotografia. E che fotografia!
" Ah ... anche poeta ! "
GuSpe
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9 maggio, 2019 - 12:56
Bellissima recensione di Rockol! (sono stati al concerto di ieri a Roma)
Il concerto senza limiti di Marco Mengoni: la recensione
L'"Atlantico tour" arriva a Roma, dove il cantante gioca in casa. Siamo andati a sentirlo: ecco come ci è sembrato.
"Questo è un concerto senza limiti", dice Marco dopo aver rotto il ghiaccio con le prime canzoni in scaletta, riprendendo fiato con un sorriso, "se avete voglia di cantare, ballare o pogare, be', siete liberi di farlo".
È in giro da dieci anni ormai, ma forse Mengoni non era mai stato così completamente a suo agio sul palco come lo è in questa serie di concerti. Il tour di "Atlantico" fa vivere nei palasport i suoni e i colori del nuovo album (leggi qui la recensione), che tra Sud America e echi di Paul Simon ha rappresentato un altro step per la musica del cantante. Un'evoluzione e una crescita artistica raccontata ora da Mengoni anche sul palco, in un concerto senza limiti - appunto - che lo vede omaggiare tutti i suoi principali punti di riferimento, da Michael Jackson a eroi della black music come Sam Cooke e Stevie Wonder, passando per Kanye West e le influenze latine e afro del nuovo disco.
"I'ma show you how great I am", risuona all'inizio del concerto la voce di Muhammad Ali tra gli spalti del Palazzo dello Sport di Roma, dove il tour è arrivato ieri sera - per la prima di tre date - dopo le anteprime europee "di riscaldamento" dello scorso aprile e dopo le tappe iniziali a Torino e Milano. È una sorta di dichiarazione di intenti: "Adesso vi faccio vedere di cosa sono capace" è il messaggio, ambizioso - ma senza spocchia - del cantante. Quando spunta fuori sul palco da una botola, resta immobile per alcuni istanti, statuario. Forse un omaggio non dichiarato al celebre concerto del "Dangerous tour" di Michael Jackson a Bucarest del '92, il primo di una serie di giochi di rimando e citazioni più o meno esplicite nascoste tra le righe dello spettacolo, che vengono fuori man mano che il concerto va avanti.
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Nel modo in cui riesce a sintetizzare in un unico show le tante sfaccettature del cantante, tra tutti i progetti portati in scena da Mengoni negli ultimi anni "Atlantico" è quello che probabilmente gli somiglia di più. C'è la sana follia degli esordi con "Re matto" e "Solo" (praticamente un'altra vita), c'è qualche passaggio intimista che ricorda l'esperienza del tour teatrale legato a "L'essenziale" e c'è la spettacolarità pop delle ultime tournée nei palasport, soprattutto nella scenografia e nelle luci (curate da Jordan Babev, già collaboratore di Phoenix e Editors, e in Italia Subsonica, Negramaro, Motel Connection), tra schermi, barre led e diavolerie varie. A pensarci bene, in effetti, si ha quasi l'impressione di assistere a tre diversi show in un unico concerto, tanto è vario lo spettacolo dal punto di vista dei suoni e delle atmosfere: è uno show che si evolve e si trasforma prendendo spesso direzioni inaspettate, talvolta spiazzando - Mengoni ha ammesso di essersi ispirato agli spettacoli di David Byrne (all'inizio della sua carriera incise anche una cover di "Psycho killer" dei Talking Heads), comunemente noti quanto a stravaganza e bizzarria.
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Il pericolo è quello di perdere il filo, ma è un rischio che Mengoni corre intenzionalmente per ricercare quell'idea di concerto-senza-limiti alla base di "Atlantico". Così, complice anche la versatilità della band, composta da musicisti di varia estrazione (la direzione musicale di Christian Rigano, collaboratore di lunga data di Tiziano Ferro e Jovanotti, la batteria di Davide Sollazzi, già componente della band sperimentale-industrial dei Bamboo, le voci black dei coristi Barbari Comi, Moris Pradella e Yvonne Park), passa come un camaleonte dalla citazione di "Chan chan" di Compay Segundo (Buena Vista Social Club) all'inizio di "Buona vita" all'omaggio a Sam Cooke con il classico "A change is gonna come" nell'incipit di "Proteggiti da me", dal chiaro omaggio alle sonorità di "Graceland" di Paul Simon in "Dialogo tra due pazzi" (uno dei passaggi più onirici del concerto, con Marco inginocchiato a bordo palco con lo sguardo fisso in camera, come seduto sul bordo di un immaginario pozzo dei desideri) a una strana versione di "Credimi ancora" in mash up com "Amazing" di Kanye West e "Pastime paradise" di Stevie Wonder.
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Le canzoni in scaletta sono una trentina (dieci delle quali pescate da "Atlantico"), per circa due ore piene di musica: forse una scaletta un po' più compatta renderebbe più godibile lo show, che tutto sommato funziona e coinvolge, oltre a portare a un livello superiore la sua attitudine live. Con un concerto del genere potrebbe ambire a spazi più grandi e il decennale di carriera potrebbe essere l'alibi perfetto, ma per ora Mengoni non vuole correre: "Concerti in grandi spazi? No, a me piace fare le cose con calma, non sento l'esigenza di correre per conquistare posti come gli stadi", ci confessa nel backstage, a fine concerto. Sarà quel che sarà, insomma. Intanto fino a fine maggio sarà impegnato nelle arene, mentre in estate tornerà a esibirsi dal vivo in alcune particolari location. Comunque un modo per portare il suo "Atlantico" fuori dai limiti dei palasport.
di Mattia Marzi
Marco Mengoni: Atlantico Tour 2019 a Roma, recensione e foto
Mercoledí 8 maggio 2019 è andata in scena la prima tappa romana delle tre previste per Marco Mengoni, che finalmente torna a casa. Palalottomatica sold out per un concerto senza limiti, raccontato qui di seguito.
“Questo è un concerto senza limiti, se avete voglia di cantare, ballare o pogare, be’, siete liberi di farlo”. Il pubblico del Palalottomatica che, al momento del bis, si trasforma in quello dell’Olimpico secondo il cantante, lo prende in parola. Marco Mengoni incanta e coinvolge. Fa rivivere, in due ore piene di musica, suoni e colori di culture e mondi diversi. Lo fa con naturalezza, spontaneità, maturità; parlando di sé e della sua evoluzione musicale, che l’ha portato a conoscere e a sperimentare anche la musica del Sud America; omaggiando i suoi riferimenti, da Adele a Michael Jackson, da Sam Cooke a Stevie Wonder, senza dimenticare Kanye West e le influenze latine del nuovo disco.
Il concerto inizia sulle note di Muhammad Ali, con Mengoni che spunta fuori da una botola, impassibile, dopo che la scritta ‘I’m a show you how great I am’, citazione del pugile statunitense comparsa ad aprire le danze, sparisce. Senza presunzione, senza altezzosità: l’interprete laziale é riuscito a dimostrare quanto grande sia.
A supportarlo, in questo vero e proprio spettacolo, che offre al pubblico anche due monologhi recitati da Mengoni stesso, oltre la sua estrema capacità nel passare da un universo ad un altro, da un modo di interpretare ad uno di vivere intensamente le sue canzoni, c’è anche la forza e la semplice complessità della struttura della scenografia e delle luci. Queste sono state curata da Jordan Babev, collaboratore, in Italia di artisti del calibro dei Negramaro: barre led, schermi, laser, strutture in movimento.
Un concerto in continuo divenire, che al meglio rappresenta la personalità eclettica di Mengoni: si alternano la vitalità di Io ti aspetto alla follia di Credimi ancora; la rabbia di Pronto a correre alla dolce forza di In un giorno qualunque; il sound di La casa Azul all’intima e potente Proteggiti da me.
Tra le almeno 4 generazioni presenti al concerto, nessuna si è mai persa in questo vortice travolgente di musica senza limite.
Le tante contaminazioni e sperimentazioni sono state rese possibili anche grazie, oltre all’indiscussa abilità canora ed interpretativa di Mengoni e alla sua cultura musicale, all’estrema versatilità della sua band (direttore musicale Christian Rigano, collaboratore di Jovanotti e Tiziano Ferro). Il gruppo, con l’aggiunta anche delle voci black dei coristi Barbari Comi, Moris Pradella e Yvonne Park, riesce a valorizzare il cantante in ogni omaggio ai suoi punti di riferimento precedentemente citati.
Di particolare rilievo la fusione di Credimi ancora in mash up com Amazing di Kanye West e Pastime paradise di Stevie Wonder.
Le due ore di concerto passano più velocemente del dovuto. Il pubblico salta, balla, canta, vive, respira, si emoziona ma soprattutto si lascia trasportare da uno straordinario Marco Mengoni.
Come al solito i suoi tour iniziano in un modo, ma solitamente non finiscono mai nello stesso modo.
Prima e ultima data, due cose diverse.
Ieri sera dopo Onde ha lanciato un mashup con Sweet Dreams e il pubblico l'ha seguito alla perfezione, ormai siamo abituati e lo seguiamo qualsiasi sfida proponga , lui era entusiasta
Il tutto senza soluzione di continuità è proseguito in Amalia
GuSpe
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12 maggio, 2019 - 15:56
Ho letto diversi commenti su Muhammad Alì e sull'entrata in scena. E' potentissima!
Le persone sono entusiaste, su twitter leggo ogni giorno cose splendide.
Il pezzo è stupendo sono felice stia prendendo piede, non era scontato, soprattutto dopo i commenti di certi personaggi su twitter...che sostenevano che 'Siamo tutti Muhammad Alì' non doveva permettersi di dirlo a nome loro. A volte rimango sotto shock, può la gente non conoscere chi sia Muhammad Alì? Possono fingere di non saperlo solo perché fortemente razzisti? Gente che dice di conoscere solo Cassius Clay. Che brutto clima...povera Italia (e non solo Italia).
Mi spiace Guspe, ma era immaginabile. Ho letto che i 108 posti di Agrigento sono volati in meno di un minuto.
" Ah ... anche poeta ! "
GuSpe
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14 maggio, 2019 - 12:42
Che meraviglia quando vedi che anche i giornalisti che non se lo erano mai filato capitolano vedendolo e ascoltandolo live...e lo dicono pure
Mengoni convince Bari: sold-out al PalaFlorio, nel pubblico anche Ermal Meta
Marco Mengoni ha portato in Puglia il suo Atlantico Tour, lasciando i fan a bocca aperta soprattutto per i virtuosismi vocali
BIANCA CHIRIATTI
Se fino a ieri sera ci avessero chiesto di indicare la voce maschile più bella d'Italia, senza dubbio avremmo segnalato Tiziano Ferro. Dopo aver sentito Marco Mengoni dal vivo, il primato del cantante di «Non me lo so spiegare» viene messo in discussione. Si tratta ovviamente di due voci molto diverse, ma chi scrive queste righe non era assolutamente convinta di trovare sul palco un artista così talentuoso, istrionico e completo come il trentenne di Ronciglione (Vt), che vinse X Factor 3 nel 2009 (gareggiava nella squadra di Morgan), e che da allora ha collezionato solo successi. Il concerto di ieri sera al PalaFlorio di Bari (sold-out, stasera il bis) ha spiegato perfettamente il perché della Mengoni-mania: Marco nell'Atlantico Tour è perfettamente calato nel suo ruolo, aiutato da una voce straordinaria, ricca di virtuosismi ma senza strafare, movenze sul palco più che credibili, anche quando esce tutto vestito di bianco con i pantaloni-palazzo in stile Backstreet Boys, e una scenografia moderna, con schermi a scomparsa, strutture in movimento, proiezioni e giochi di luce.
La scaletta è ben costruita per acchiappare anche quelli che Laura Pausini chiamerebbe «gli accompagnatori», che vanno ai concerti per far contenti figli e fidanzate: una prima parte tutta di hit, da quelle più ballabili come l'ultima, Muhammad Alì, a quelle più intime, da Ti ho voluto bene veramente a Dove si vola, singolo d'esordio. Una parte centrale quasi tutta dedicata all'ultimo album, da cui esce fuori come una perla l'interpretazione di Proteggiti da me, brano del 2016 scritto da Daniele Magro (X Factor 2, pupillo di Simona Ventura), che fa guadagnare a Mengoni l'ovazione di tutto il palazzetto per l'intensità con cui viene eseguita. Una parte finale che inizia con un breve frammento de L'essenziale, versione piano e voce (in cui Marco si diverte a far giocare il pubblico), e prosegue con Esseri Umani, il cui testo («Oggi la gente ti giudica/per quale immagine hai/vede soltanto le maschere/non sa nemmeno chi sei») fa piangere diversi cuori sensibili tra il pubblico, compreso quello della sottoscritta. Si chiude ballando sulle note di Io ti aspetto, e con Hola, il duetto con Tom Walker cantato in quest'occasione tutto in italiano, come da disco.
Per il resto, Mengoni fa ciò che vuole (con quella voce può ampiamente permetterselo): fonde le sue canzoni con grandi successi stranieri, da Someone Like You di Adele a Gangsta's Paradise di Coolio ft. L.V., colpo al cuore per chi è cresciuto negli anni '90. Tra un cambio d'abito e l'altro proietta sui led a scomparsa messaggi per i suoi fan, dall'invito a ridurre l'uso della plastica all'accettare se stessi con pregi e difetti. Saluta e ringrazia Ermal Meta, co-autore di alcuni dei suoi successi, che è seduto in tribuna (e prima del concerto fa un giro tra il pubblico incredulo e scambia abbracci e selfie con tutti). E lascia il palco, ringraziando chi lavora con lui e gli permette di avere una messa in scena degna dei grandi spettacoli internazionali, e abbracciando virtualmente i circa 8mila del pubblico del PalaFlorio: «Grazie perché il vostro calore mi fa sentire come in uno stadio di 150mila persone».
Momento Top:
«Proteggiti da me», un brano che parla di passione e gelosia. Il connubio interpretazione intensa + virtuosismo tecnico è letale.
Momento Flop:
«L'essenziale», proposta sul finale con un nuovo arrangiamento che spinge molto sul ritmo. Non convince.
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