Come facemmo per X Factor, ecco una breve panoramica dei vincitori delle ultime edizioni di The Voice nel mondo. Con la finale di The Voice UK di sabato scorso s’è chiusa un’altra stagione importante per il format di John De Mol, ormai stabilitosi come terza forza mondiale (e in molti casi prima) a livello di talent, insieme a X Factor e al solito Idol. The Voice va in onda in più di 50 paesi, senza contare la significativa espansione del suo spin-off The Voice Kids, che come per Junior MasterChef replica in molti paesi l’esperienza dello show principale con giovanissimi protagonisti.
Se The Voice of Italy è state quasi unanimamente rimandato a settembre (o, come pare, a gennaio), The Voice USAquest’anno ha tagliato l’inaspettato traguardo di superare gli ascolti del colosso American Idol, diventando il talent numero uno d’America. In USA vengono trasmesse due edizioni l’anno di The Voice: quella autunnale con Aguilera e Cee Lo Green, quella primaverile con Usher e Shakira accanto agli onnipresenti Adam Levin e Blake Shelton. Sarà così anche l’anno prossimo.
The Voice 3 è stato vinto da Cassadee Pope.
A farla da padrone là è proprio il country-man Blake Shelton, che come un novello Morgan è riuscito a vincere le ultime tre edizioni (2, 3 e 4) e rischia di eclissare le stesse star che cerca di lanciare. Pochi mesi dopo la vittoria di Cassadee, quindi, Blake ha portato alla vittoria della quarta edizione la giovanissima Danielle Bradbery.
Il problema del format resta l’incostanza della sua struttura: se le blind audition continuano a rimanere l’elemento più appetibile a risentirne maggiormente sono gli ascolti, sempre in calo nelle fasi finali (dato oggettivamente preoccupante). Non è stato da meno The Voice UK, che ha puntualmente perso contro il competitore Britain’s Got Talent e che ha rialzato la china solo per la finalissima che ha visto trionfare Andrea Beagley del Team Danny O’Donoghue.
Andiamo in Australia, dove l’ingresso tra i giudici di Ricky Martin al posto di Keith Urban (già segato da Idol dopo appena una stagione) non ha mantenuto gli standard del programma alti come quelli dell’anno scorso. Ha vinto il pur bravo Harrison Craig, giovane ma con la voce matura e, soprattutto, affetto da balbuzie. Secondo successo per la squadra di Seal. Filipponi who?
L’originale è sempre meglio e così torniamo dai cugini di The Voice of Holland, che han concluso in dicembre il loro terzo ciclo con un paio di cambiamenti tra i giudici e nel format. Qui anche durante i live show i giudici rimangono con le spalle a chi canta e votano (da 1 a 10) l’esibizione senza vederla. Solo la poltrona di chi ha dato almeno la sufficienza si gira verso il palco; l’integrazione dei voti dei giudici e di quelli del pubblico decretano l’eliminato per ogni squadra. A vincere la terza edizione è stata Leona Philippo.
Andiamo addirittura in Cina, dove Liang Bo ha vinto la prima edizione presentandosi alle Blind Audition con questa esibizione:
Antti Railio è invece il vincitore della seconda edizione di The Voice of Finland.
Yoann Freget è il vincitore di The Voice: La plus belle voix, seconda edizione della versione francese del programma.
Sembra che i problemi visti in patria si confermino anche altrove: la gente non riesce ad affezionarsi ai cantanti. La struttura del programma impedisce di sentire molte esibizioni di ognuno di loro (in media 1 ai provini e 1 alle battle, spesso intervallate da una decina di puntate in cui non li si vede proprio) anche a causa dei pochi live show (in UK solo 3 quest’anno). Nessun cantante è ancora riuscito a livello mondiale a scalare le classifiche e a diventare la Kelly Clarkson o la Leona Lewis di questo format. Le tante differenze mondiali a livello di meccanismo, inoltre, sembrano evidenziare una difficoltà a trovare quello giusto, tra cambiamenti introdotti di anno in anno alla ricerca della formula perfetta per far continuare i buoni ascolti anche dopo i provini. E, possibilmente, anche dopo i live.
Di Alex87