Pazzesco che Gaia abbia tirato fuori un EP amiciano a X Factor e un EP x factoriano ad Amici. 

Che dire, ho avuto ottime parole per il progetto di Nyv, che ho trovato di gran livello, ma con questo raggiungiamo picchi ineguagliabili, se lì sono rimasto piacevolmente colpito, qui sono proprio estasiato. 

Nessun riempitivo, nessuno filler, nessuna traccia che sostituirei, anzi, ne vorrei di più (Fotogramas ci sarebbe stata alla grande tra una bombetta e l'altra ma suppongo che anche qui sia una questione di diritti). Tutti sono dei potenziali singoli e hanno vita propria, ingranano con le proprie gambe.

La componente esotica è prevalente e funziona, non abbiamo bisogno di montagne russe qui, di crescendo, di ampi respiri, di canzoni che richiedono il climax a tutti i costi, la cifra di Gaia è questa: giocare con le atmosfere e mantenerle ipnotiche e inebrianti per tutta la loro durata, senza escalation tipiche delle classiche canzoni pop, ma, appunto, giocando con le sospensioni e i tessuti musicali, che vanno inquadrati come dei loop oscillatori. 

Il sorriso di mia madre che mi salverà e mi ricordo un po' di me-e-e-e-e-e-e-e-e è un verso che mi mette molto di buon umore, mi piace che questo rapporto sia inquadrato in maniera complice e senza fronzoli.

Funzionano anche i rapporti idilliaci, per quanto siano fuori moda nelle canzoni. La canzone ti culla che è una meraviglia, e in questo contesto trovo centrati anche versi autoreferenziali come "Sono io la mia rivoluzione".

Coco Chanel, è vero, incisa è meno tagliente ma non per questo perde mordente, anzi, trovo che ci siano alcuni slanci orientali nella scelta dei suoni dell'arrangiamento, che si sposano alla perfezione con versi come "sono indecisa (...) tra il muay thai e il karate", rimarca il sapore squisitamente etnico del pezzo con una sezione ritmica accurata e molto ricercata.      

Stanza 309 testualmente se vogliamo si adatta al periodo storico complesso che stiamo vivendo, ma nelle intenzioni di Gaia c'era sicuramente una chiave di lettura personale circoscritta al percorso frastagliato che ha condotto, che può riferirsi ad un fallimento professionale o sentimentale. C'è il leitmotiv ricorrente degli errori e degli sbagli del passato da cui ripartire per ritrovarsi e capire più di sé. D'altra parte "Cercherò il mio posto dentro all'atmosfera per riuscire a stare bene anche da sola" è una dichiarazione d'intenti precisa. Mi piace questo velo di malinconia perpetrato dalla cupezza sonora, si può veicolare ballad struggenti anche senza svenarsi con la voce (si può davvero), anzi, concentrare la propria energia non sulla potenza ma sul significato delle parole credo che sia una scelta matura e pienamente coerente con la sua proposta artistica. Poco da fare, centra l'obiettivo anche senza banger pop.

Trovo, da sempre, di un'eleganza sopraffina l'idioma portoghese e il modo in cui emerge in Chaga e What I say non fa che rafforzare questo pensiero. Due tracce composte con estro, e con estrema libertà compositiva, senza pensare a possibili riscontri o accoglienze perché a volte mettere qualcosa di sé nelle canzoni è più importante che piacere a tutti i costi ad ampie platee senza aver detto nulla.

Simon Says si è senz'altro divertito a produrre Densa, che è un tripudio di eclettismo nella cura maniacale degli espedienti sonori con cui ha impreziosito e ornato l'arrangiamento, c'è del professionismo lampante e una marcia in più, praticamente da fare invidia a fenomeni affermati su scala internazionale. Martellante, tribale, dinamica. 

Poche storie, per me Fucsia è LA perla del disco, la canzone di cui parleremo ancora per molto tempo e che citeremo spesso quando ci si riferirà a quei casi isolati di talento capitati ad Amici. Innovativa, super fresca, iconica, trascinante, una bomba ad orologeria: è la hit che non ci meritiamo, considerando cosa premiano le nostre classifiche, ma di cui abbiamo bisogno. Ottima la scelta di inserirla come ultima uptempo del disco, quasi a dire "sì, finora vi ho dato degli schiaffoni a suon di musica ma non avete ancora ascoltato l'asso nella manica. Take that!". E arriva lo schiaffo più forte. Pazzesca, non aggiungo altro.

Tutto sommato mi sembra un prodotto di qualità, dove si consumano i guizzi di creatività. Un EP suonato con gusto, cantato con stile, prodotto con i controfiocchi. Non è cool, non è esterofilo, è la sintesi di stimoli e suggestioni intrinsecamente risiedenti in Gaia. Mi piacerebbe che fosse solo un punto di partenza e, date le premesse, mi auguro che ne sentiremo parlare ancora per molto.