Aldilà delle misure di sicurezza messe in atto, assolutamente necessarie, io rimango attonito per come la narrazione in Italia dell'emergenza coronavirus è stata affrontata e switchata letteralmente nel giro di un secondo.

La scorsa settimana i mostri erano quelli che si erano fatti prendere dal panico, quelli che cercavano disperatamente  "amuchina e mascherina", quelli delle corse al supermercato. "Andate a mangiare fuori", "andate a teatro", ci dicevano. E quelli che "è solo un'influenza", "muoiono solo gli anziani", anche un po' a macchinetta (sì, anche gli studenti di medicina, i quali sono molto presenti nella mia time-line di FB e IG per quello li cito). 

Poi di colpo tutto cambia e il mostro è diventato, non solo chi se n'è fregato dall'inizio del problema, ma anche chi effettivamente ha seguito i consigli virgolettati, coloro che hanno continuato a condurre una vita normale o che si erano convinti che era davvero solo un'influenza. Mostri perché non sono rimasti al passo con i giornalisti che hanno letteralmente cambiato sponda. 

Questo post non vuole condannare nessuno. Mi piange il cuore sia quando leggo di quelle persone in fuga dalle città del nord che non hanno saputo guardare oltre il proprio naso mettendo a rischio tanti altri, ma anche quando leggo che queste persone vengono additate come dei criminali. Persone che, probabilmente, si sono trovate ad affrontare un problema più grande di loro, in una condizione di paura, sole. E in queste situazioni alla fine quello che ne risulta è sempre una totale mancanza di empatia e una morbosa voglia di dare sempre la colpa a qualcun altro.