Da linguista dico che è sciocco imbrigliare una lingua in alcune regole fisse, visto che l'italiano che parliamo oggi noi farebbe rivoltare nella tomba Montale e tutti i suoi connazionali dell'epoca.

La lingua è in continua evoluzione, ci sono shift di significato e uso continui: è un processo che neanche la grammatica può arrestare (e infatti in senso diacronico è sempre la regola che si adegua all'uso, mai il contrario).

Come i pronomi soggetto egli/ella/essi sono stati sostituiti da lui/lei/loro negli ultimi 15 anni, così il "piuttosto che" che oggi fa tanto storcere il naso verrà ampiamente sdoganato.

E l'Accademia della Crusca rappresenta UN parere sulle questioni linguistiche italiane, non IL parere ultimo: non si tratta di un organo riconosciuto dallo Stato (come succede in altri Paesi, tipo la Spagna con la RAE), bensì di un'associazione di linguisti/esperti che esprimono la loro opinione. La Crusca non detta legge in materia di lingua italiana.

Poi si tratta di gusti e consuetudini: io non lo uso (e non mi sembra mi sia ancora capitato di usarlo) principalmente perché la gente con cui parlo di norma non lo usa.

Mi piace e non mi piace, nel senso che è la lingua che si evolve e non ci trovo nulla di scandaloso. 

P.S. E non si tratta neanche di un pilastro della grammatica, bensì di una sfumatura linguistica. Non è che adesso "piuttosto che" ci è improvvisamente diventato un verbo, eh. 

Anche a me non piace il "piuttosto che", ma è meno grave di altre perle. A parte il verbo avere coniugato senza h e viceversa le preposizioni con l'acca, quello che mi urta di più è usare "proprio" senza erre, cioè l'immondo "propio"

Possibile che costoro non abbiamo mai letto un libro in cui ci fosse scritta la parola giusta?