Italia 2 sperimenta e si dà al reality. In attesa di una stagione che si preannuncia di fuoco più sulle digitali che sulle generaliste (con Bake Off su Real Time, The Chef su La5 e altri talent/competitions show in divenire), la rete ‘sorella minore’ di Italia 1 trasmette da lunedì scorso un nuovo reality nudo e crudo. In Brat Camp i protagonisti sono otto ragazzi difficili(ssimi), provenienti da famiglie ormai stanche e incapaci di far cambiare loro direzione e messi a lavorare in condizioni dure, imparando a rispettare regole e provvedere a sé, responsabilizzandosi. Niente di nuovo, se non fosse per l’autenticità che caratterizza (quasi) tutte le prime edizioni di qualcosa. Brat Camp si fa forza della poca pretenziosità offerta da una rete minore (100 mila telespettatori la prima puntata, già più che raddoppiati con l’appuntamento di ieri sera) e si limita a raccontare. Un casting fortissimo ci restituisce otto entità dure come la roccia, con caratteri già formati e personalità complesse, capaci di far trasparire pensieri complessi dietro l’apparente menefreghismo da adolescente allo sbando. Complici una bella ambientazione e un formato televisivo vivibile (un’ora e venti di programma effettivo), Brat Camp si lascia guardare con quell’attenzione stupefacente del primo Grande Fratello. I protagonisti non scherzano e tutto può succedere (una violenta rissa sfiorata alla prima puntata, due schiaffoni ben assestati alla seconda) se s’accende la corta miccia di uno degli otto. Se il percorso si completerà come previsto, l’epopea degli otto sarà completa e soddisfacente, coerentemente sia col format che con il modo con cui si è deciso di raccontarlo. E questo – lasciatemelo dire – fa ben sperare in vista di settembre Di Alex87 |
