Utente
29 dicembre, 2014
dede_91 ha detto
Io spero che stiate chiedendo ai vostri di uscire in giardino ed inviarvi una foto con un cartello in cui insultate Delos
Io domattina, se tutto va bene, scenderò a piedi (anziché in ascensore) nove piani per beccare qualche pianta nei vari pianerottoli Tutto questo prima di andare a lezione
Fallirò miseramente
Utente
23 aprile, 2016
“Conosci la terra dove fioriscono i limoni?” Goethe con queste parole si riferiva al sud Italia, e precisamente alla Sicilia dove il limone per molto tempo è stato uno dei simboli colturali e culturali. Un tempo la Sicilia era la massima produttrice di limoni nel Mediterraneo detenendone il primato nel commercio. Il limone arriva in Sicilia nel 900 d.C. e porta tanta ricchezza a quest’isola meravigliosa. “Mentri u patruni ruormi a rama travagghia” (Mentre il padrone dorme, il ramo lavora) questa è una frase che gli agricoltori siciliani usavano per indicare la pianta del limone che porta fiori e frutti quasi tutto l’anno.
Il limone (Citrus Limon) arriva da molto lontano, dai testi storici si sa che esso proviene dal nord dell’India e probabilmente dal sud-est della Cina e dal nord della Birmania. Gli indiani con il termine jambila o jambira indicavano il cedro o il limone, infatti entrambi fanno parte della cultura storica di alcune regioni indiane. In India i limoni sono chiamati “limoo” di essi viene detto che le fibre bollite sono un antidoto ai veleni. Sull’origine genetica del limone diverse sono state le ipotesi dei vari studiosi, alcuni lo hanno considerato un ibrido tra cedro e lima, altri un triibrido tra cedro, pummelo e microcitrus, altri ancora un ibrido tra arancio amaro e lima. La tesi più credibile oggi confermata da studi di biologia molecolare fa discendere il limone dal cedro.
La più antica menzione del limone in Andalusia si deve a IBn Bassal di Toledo nel suo libro di agricoltura. Le citazioni più antiche, risalenti al XII secolo si trovano nell’opera di Hugo Falcandus che descrive le bellezze della Sicilia, parlando di frutti con la buccia colorata e odorosa, acidi all’interno; cita pure i limoni che chiama lumias dal succo acido e adatto a condire alimenti.
I romani conoscevano i limoni e la prova si ha da un affresco pompeiano trovato nella casa del frutteto a Pompei e nella villa del Casale di Piazza Armerina.
Molti furono i pittori italiani che durante il periodo del Rinascimento ripresero frequentemente il limone nelle loro tele: tra i più famosi il Botticelli, Leonardo da Vinci, Tiziano e Bartolomeo Bimbi.
Anche in altre parti d’Europa gli agrumi non sfuggirono all’attenzione di studiosi e artisti. Pittori spagnoli a fiamminghi riproducono frutti di limone nelle loro tele.
Nell’arte del giardinaggio il limone ha trovato spazio in molte ville medicee e in case nobiliari, divenendo tra il XVI° e XIX° secolo uno status simbol. A quel tempo tutte le case nobili possedevano nel proprio giardino piante di limone che, come si sa, fioriscono e fruttificano quasi tutto l’anno. Così, infatti Torquato Tasso recitava del limone: “co’ fiori eterni eterno il frutto dura e mentre spunta l’un, l’altro matura”.
Essendo piante suscettibili al freddo, venivano spesso protette nei mesi invernali con incannucciati e in seguito per ovviare a questo inconveniente, si cominciò ad allevarle anche in vaso, in modo da trasportarle durante il periodo freddo in ambienti asciutti, caldi e sotterranei (Orangerie).
È nella seconda metà dell’Ottocento che si ha il razionale trionfo dell’agrume: è il periodo delle ricerche sulla vitamina C, nonché la scoperta sul valore nutrizionale dell’acido ascorbico. Ecco che i limoni cominciano ad incuriosire studiosi ma anche commercianti. È dal porto di Messina, già sul finire del Settecento che partono limoni salati e marinati alla volta della Russia, ove si utilizzano per l’apprettatura del cuoio, e succo di limoni verso la Francia, l’Inghilterra e l’Olanda che lo richiedono sia per fare belletti e tinture sia per somministrarlo agli equipaggi delle navi come antidoto a quella malattia da avitaminosi che è lo scorbuto.
Il successo del limone si compie nella Conca d’oro nel 1929 quando diventa protagonista di un boom agricolo con la varietà Femminello comune, pianta che dava limoni invernali da novembre ad aprile, i cosiddetti “ricioppi” (o sbianchiti) da maggio a giugno, e gli straordinari verdelli (che avevano prezzi doppi rispetto al limone invernale) da agosto in poi.
Svarati sono gli usi del limone, da quello alimentare a quello medico-farmacologico, da quello dell’industria conserviera alla profumeria, alla cosmetica e alla liquoreria. Il limone fresco ha trovato spazio nell’arte culinaria in tante ricette: dal condire il pesce, le insalate, la carne, alla preparazione di marmellate, dolci, gelatine, sorbetti, gelati, etc. Quando in Liguria si sviluppò l’industria dello zucchero si usò candire i frutti compresi gli agrumi. Oggi i canditi di agrumi trovano uso nella pasticceria e servono a guarnire le famose “Cassate Siciliane”. È agli arabi che si deve la messa a punto della tecnica di estrazione degli oli essenziali, tuttavia è merito degli italiani avere valorizzato in profumeria gli estratti oleosi della buccia del limone e dei petali della zagara. Fu in Sicilia e a Napoli che si originò la moda dei profumi esotici che poi si diffuse nel resto dell’Italia e in tutta Europa. Oggi gli oli essenziali del limone italiano sono i più apprezzati al mondo. Vengono adoperati anche nella cura della pelle e delle unghie.
Il frutto del limone è molto decorativo, resistente alle manipolazioni, in Francia a Menton viene adoperato per la famosa “Fête du Citron” dove con i limoni si allestiscono dei veri e propri carri carnevaleschi.
Il limone (Citrus limon (L.) Osbeck) è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rutaceae. Il nome comune limone si può riferire tanto alla pianta quanto al suo frutto.
Secondo alcuni studi genetici, il limone è un antico ibrido, probabilmente tra il pomelo e il cedro, ma da secoli è una specie autonoma, la quale si riproduce per innesto e talea.
Il limone è un albero che raggiunge dai 3 ai 6 metri di altezza. I germogli e i petali sono bianchi e violetti.
Il frutto è giallo all'esterno e quasi incolore all'interno, di forma sferica fino ad ovale, spesso con una protuberanza all'apice e appuntito all'altra estremità. La buccia può essere da molto ruvida a liscia, più o meno foderata all'interno con una massa bianca spugnosa detta albedo. Solitamente i limoni si coltivano per la produzione di frutti ma la pianta può essere coltivata in vaso a scopo ornamentale. Per le coltivazioni in vaso è consigliata terra specifica per agrumi e il rinvaso annuale prima del ricovero invernale in serra.
clima favorevole, il limone fiorisce e fruttifica due volte l'anno. La fioritura dura almeno due mesi e il frutto maturo può attendere altri due mesi sull'albero prima di venir colto, il che favorisce una raccolta sistematica. La fioritura primaverile produce i frutti migliori, la cui raccolta dura poi tutto l'inverno, da novembre ad aprile o maggio. La seconda fioritura, a volte forzata nelle piantagioni commerciali, avviene in agosto e settembre, i frutti si possono raccogliere da maggio in poi, subito dopo quelli invernali. In condizioni favorevoli, un albero adulto può dare da 600 a 800 frutti all'anno.
Utente
23 aprile, 2016
E siccome siamo a Natale...
Gli abeti (Abies Mill.) sono un genere comprendente circa 45-55 specie di conifere sempreverdi della famiglia delle Pinaceae. Di essi fanno parte solo gli abeti in senso stretto, non ne fanno parte l'abete rosso o peccio (Picea abies) e l'abete di Douglas o douglasia (Pseudotsuga menziesii) che in italiano sono pure spesso chiamati comunemente "abeti".
Il genere comprende diverse specie di alberi che raggiungono altezze di 10-80 m e un diametro del tronco di 0,5-4 m da adulti. Si distinguono da altre Pinacee in quanto:
hanno le foglie (vale a dire, gli "aghi") inserite singolarmente, mentre gli aghi dei pini (Pinus), larici (Larix) e cedri (Cedrus) sono riuniti a gruppi (di 2-5 ma anche 10-40) su particolari rametti detti brachiblasti;
hanno gli aghi appiattiti, mentre i pecci (Picea) hanno aghi con sezione rombica;
gli strobili crescono eretti, mentre nelle specie di Picea, Tsuga e Pseudotsuga crescono inclinati o penduli;
gli strobili si disintegrano a maturità per rilasciare i semi alati.
Si tramanda che l’abete di Natale ebbe un antenato anche nel giardino dell’Eden, e che quando Eva decise di cogliere il fiore proibito, le sue foglie avvizzirono fino a diventare aghi pungenti e che non fiorì più fino alla nascita di Gesù Bambino.
Nell’antico Egitto nel periodo delle celebrazioni in onore del Dio del Sole, si usava addobbare una piramide. Questa tradizione di addobbare la piramide giunse in altri popoli che decisero di utilizzarla e adattarla alla loro cultura, utilizzando qualcosa che si avvicinasse all’immagine di una piramide, quindi un abete. Addobbare l’albero di Natale con le luci decorative rappresenterebbero, dunque, secondo l’origine dell’albero di Natale egiziana, la luce della vita simile a quelle che si celebra nel culto del Dio Sole. L’immagine dell’albero come espressione del rinnovamento della vita è tipico della tradizione pagana assimilata, in un secondo momento, nella cultura cristiana. Proprio per la caratteristica di essere sempre verde, l’abete richiama la vita che si rinnova anche durante l’inverno, quando tutte le altre piante si spogliano. Per questo motivo si è voluto ricondurre l’usanza dell’albero di Natale alla tradizione cristiana.
Un’altra storia nordica narra invece che in un villaggio, alla Vigilia di Natale, un ragazzo si recò nel bosco alla ricerca di una quercia da ardere. Scesa la notte e non ritrovando più la strada di casa, il ragazzo decise di rifugiarsi sotto l’unica pianta ancora verdeggiante, un abete. La mattina seguente l’albero era ricoperto di neve che, con la luce del sole, creava decorazioni scintillanti. Quando i compaesani del ragazzo lo ritrovarono, incantati da tanta meraviglia, decisero di riprodurre lo spettacolo nelle loro case. Leggende a parte, l’abete era veramente usato nel medioevo nelle piazze dei paesi germanici. Era infatti comune il “gioco di Adamo ed Eva”, in cui tutte le piazze erano riempite dei sempreverdi abeti e di decorazioni, per ricreare la stessa atmosfera del paradiso terrestre.
Un’altra leggenda le cui radici sono ancora più cristiane e quella delle Palle di Natale. Quando nacque Gesù, a Betlemme, tutti si erano recati alla grotta per omaggiare la grande nascita. Tra questi era presente un artista di strada molto povero che pur non avendo nulla da offrire, voleva fare un dono al nuovo nato. Così decise di offrire al bambin Gesù il suo talento, esibendosi in un particolare spettacolo con le palle che fece ridere il piccolo. Per questo motivo si usa decorare un albero a punta, che ricorda il cappello del giocoliere povero e addobbarlo con le palle, le stesse che il ragazzo aveva usato per far ridere il bambino.
Si dice che in questo periodo si usa addobbare l’albero di Natale perché un tempo, un taglialegna, mentre ritornava a casa durante una notte fredda ma illuminata dalla luce della luna, trovò un meraviglioso pino i cui rami erano ricoperti di ghiaccio. Grazie all’effetto della luna il ghiaccio che poggiava sui rami rifletteva la luce della luna e delle stelle. Desideroso di condividere lo spettacolo con la propria famiglia, decise di tagliare un piccolo pino e decorarlo con delle candele e nastri bianchi, come se fossero delle stelle. L’idea dell’albero decorato colpi non solo i familiari del taglialegna ma anche i vicini del villaggio, tanto che tutti decisero di addobbare l’albero di Natale nelle proprie case.
Utente
23 aprile, 2016
Ora che ho letto che forse l'abete non va bene per sicurezza metto anche il mio amico geranio (che quando è stagione cresce fino a un metro )
Pelargonium, chiamato volgarmente geranio, è un genere di piante suffrutescenti perenni, originario dell'Africa australe, appartenente alla famiglia delle Geraniacee.
Le specie più conosciute e comunemente coltivate sono il Pelargonium zonale o geranio comune dal fogliame peloso e cuoriforme caratterizzato da un anello scuro; Pelargonium peltatum o geranio edera con foglie peltate lucide e carnose, fusti ricadenti; Pelargonium grandiflorum o geranio a farfalla dagli eleganti fiori con cinque macchie bruno-rossastre e foglie profondamente lobate; Pelargonium odoratissimum o geranio odoroso con piccole foglie frastagliate e aromatiche, fiori piccoli bianchi o rosei dal caratteristico profumo di mela; Pelargonium graveolens dal profumo di rosa; Pelargonium radens dal profumo di limone.
I gerani maggiormente coltivati sono quelli zonali e edera: ne sono state selezionate numerose varietà dalle diverse colorazioni dei fiori, che variano dal rosso, al rosa, al violetto, al fucsia, all'arancione e al bianco.
Il geranio ama le posizioni soleggiate, anche se vive abbastanza bene in mezz'ombra: durante l'estate, infatti, una prolungata esposizione al sole può deteriorare la pianta. Le innaffiature devono essere regolari per tutta la stagione riproduttiva: in primavera si annaffia circa tre volte alla settimana, a seconda delle condizioni climatiche locali, mentre d'estate anche tutti i giorni; tuttavia, non bisogna eccedere, perché troppa acqua potrebbe apportare dei marciumi alla pianta; inoltre, bisogna aver cura di non bagnare le foglie. Necessarie per ottenere una splendida fioritura sono le concimazioni, che vanno effettuate ogni 2 settimane circa. Quando i fiori cominciano a seccare è necessario cimarli, tagliando fino alla base del rametto fiorifero: in questo modo, la pianta continuerà a rifiorire. La moltiplicazione avviene per talea nel periodo tardo primaverile.
Il suo nome Pelargonium deriva dal greco “pelargos”, che significa GLUCOLASE_180X150cicogna per via della somiglianza dei frutti con il becco di questo uccello. Chiamata anche Malva d’Egitto, il geranio fu introdotto in Italia da un nobile veneziano che rimase affascinato dai suoi colori, importando la specie.
Alcune notizie storiche sui gerani risalgono al ‘600, il periodo in cui alcuni mercanti si fermarono a Capo di Buona Speranza, luogo di sosta obbligatoria per far rifornimento di acqua potabile e provviste. Gli equipaggi delle navi non erano composti solo da marinai e mercanti, ma anche da naturalisti che compievano delle esplorazioni scientifiche. Durante una spedizione un gruppo di naturalisti venne attratto dal profumo che sprigionava il geranio e così è stato importato in Europa. Giunto a destinazione, non venne molto apprezzato e la sua coltivazione fu limitata agli orti botanici. Nel frattempo, vennero ibridati e intorno al 1802, quando Città del Capo divenne una colonia inglese, in Gran Bretagna, iniziarono ad arrivare numerose piante di geranio, tutto ciò aumentò la sua popolarità e la conseguente richiesta. Divenne una moda che colpì anche la Francia e la Germania, dove divenne “il fiore della strada”.
In Italia, venne importato da un veneziano che rimase affascinato dai suoi colori vivi. Ai giorni nostri i gerani li si incontra spesso nelle nostre abitazioni, sia per la loro bellezza, sia per la loro capacità di tenere lontano le zanzare ed altri insetti. Inoltre, vengono anche coltivati per scopo farmaceutico, con l’estrazione del suo olio essenziale
Utente
23 aprile, 2016
Ecco qui!! Spero che vada bene
Per non so quale ragione inquietante sull' Ipad le immagini le vedo dritte, mentre al pc sono al contrario ma meglio non approfondire a quest'ora
Ahhh ecco io che non avevo capito niente della prova (come sempre)
Avevo capito che si dovevano postare massimo due foto per avere due strumenti, mentre se ne può avere massimo uno da dare a due Pokèmon giusto? Vabè facciamo che vi ho mostrato le mie piante
Utente
7 agosto, 2013
Nome: Edera
Nome scientifico: Hedera helix
Habitat: Il suo habitat naturale è all'esterno, ma ci sono delle specie che riescono a svilupparsi anche in appartamento.
Curiosità: La specie più diffusa in Italia, ma anche nel resto del continente europeo, è sicuramente l’Hedera helix quella comune che è possibile vedere in molti punti delle nostre città. L'Edera è una pianta rampicante sempreverde che appartiene alla famiglia delle Araliaceae. E' una particolare pianta rampicante caratterizzata dalla presenza di fusti piuttosto sottili e flessibili che acquistano una consistenza legnosa dopo molti anni e che riesce a crescere molto bene sia in giardino che in vaso su un balcone perché è in grado di adattarsi molto bene ad ogni condizione. E' resistente al freddo e può sopportare basse temperature, ma nessuna varietà di questa pianta sopporta gli ambienti eccessivamente caldi. E' molto apprezzata per il suo aspetto decorativo in quanto nasce spontanea aggrappandosi ai muri, alle rocce, alle facciate dei palazzi o anche sui tronchi degli alberi. Generalmente nasce all'esterno, ma vi sono anche alcune specie in grado di adattarsi alla vita d’appartamento e all'ambiente domestico, esse hanno però più bisogno di cure richiedendo però innaffiature giornaliere o quasi. Le sue origini risalgono ai tempi più antichi.
Il nome antico dell'edera è kissos, nome greco anche del dio Dioniso di cui questa pianta è uno dei simboli arcaici. Il legame tra il dio e la pianta è ricordato da due racconti mitologici: nel primo Dioniso viene abbandonato dalla madre Semele ed egli si rifugia sotto un'edera da cui prenderà il nome. Nel secondo mito si dice che Kissos era figlio di Dioniso e che un giorno il giovane morendo venne trasformato per pietà dalla dea Gea nella pianta che da allora ne porta il nome. Dioniso era rappresentato con una corona di edera in testa mentre il tirso, un bastone nodoso, era avvolto dalle sue foglie. L'edera è anche un simbolo di passione infatti in India è considerata simbolo di lussuria.
Utente
7 agosto, 2013
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