Non sarà L’Anello del Nibelungo, ma nel suo piccolo il nostro Claudio Baglioni una sua vocazione wagneriana ce l’ha, almeno per la lunghezza dei concerti. Questa volta, nella celebrazione dei 50 clamorosi anni della sua carriera, si toglie la (non inusuale) soddisfazione di tre ore e 15 minuti di musica & balletti annessi.  

L’opera omnia, celebrativa e anche un po’ agiografica, si sviluppa in scena temporalmente, dal 1972 di Questo piccolo grande amore al Con voi del 2013, 35 titoli con breve accenno finale alla suite strumentale appena partorita Al centro, titolo di questo tour complesso, spezzato tra l’altro in due dall’impellenza di Sanremo: che Baglioni tornerà a guidare inventandosi un Festivalone raddoppiato. Dicembre per i giovani, e 5-9 febbraio per i Big. La lunghezza è la sua misura. 

Il tour ha debuttato ieri sera all’Arena, mentre il secondo dei tre concerti di Verona andrà in onda stasera in diretta Rai 1 (ora la rete più musicale che ci sia) alle 21,05. Preparare del caffè, e bottiglia di spumante: per ricordare gli amori lieti o infelici di gioventù la seconda, mentre il caffè sarà per tenersi poi tonici quando la seconda e poi la terza parte, con pezzi più elaborati e/o riflessivi, con il sacrosanto desiderio di progredire ed esiti spesso pregevoli, caleranno sulla nostra coscienza musicale e la muoveranno verso altri lidi.  

Atteso un vasto share  

Tutto questo naturalmente non vale per i fan hardcore, che non lasceranno la tv nemmeno per far pipì, facendo presagire un vasto share. Qui riempiono l’Arena per tre sere con 17 mila persone a botta. Cifra enorme e inedita che sta anche nel concetto del titolo «Al centro»: per la prima volta dopo millant’anni, la magica struttura risalente al primo secolo dopo Cristo, l’anfiteatro meglio conservato che abbiamo è stata privata del palco che ospita abitualmente lirica e rock’n’roll. Ora mostra tutta la sua maestosa e solida bellezza. 

Non è la prima volta che Baglioni sta al centro: gli piace, l’ha fatto nel 1991 al Flaminio con David Zard e più tardi all’Olimpico. Il palco di 450 metri, al centro del parterre dell’Arena, è basso, visibile dovunque, con otto pedane computerizzate che il Divo Claudio regge come neanche un velista. Palco popolato di 22 polistrumentisti sparsi ai quattro angoli con 5 coriste-entertainer.  

Oltre 100 performer, più 26 saltimbanchi e funamboli e chissà. Danze sinuose, esibizioni muscolari, maliziose calate di braghe in diretta (Un po’ di più), con palesi venti cambi d’abito e trasporto dei materiali usati, sono a cura di Giuliano Peparini, noto in Italia per Amici e altrove in Europa per esperienze teatrali e coreografiche più complesse. Qui, fra echi di cabaret e del Cirque du Soleil, il suo lavoro è spesso divertente e qualche volta anche tetro. 

Verrebbe da pensare che, avendo voluto tanta gente intorno, Claudio non si fidi delle proprie canzoni. Eppure il percorso artistico è un’opera pop al rovescio, un «Mamma mia» che parte dal fondo, dall’irrequietezza innamorata dell’artista. Ma quanto si sarà innamorato, in gioventù, Baglioni? Tutto il repertorio dei ‘70 è un inno agli ormoni, il palco sprizza allegria, da Porta Portese ai ritornelli killer di E tu o Poster, finché non suona il campanello di «Passerotto non andare via» e Strada facendo si arriva a una scrittura più complessa, a volta involuta. Canzoni come Un nuovo giorno o un giorno nuovo, mentre Notte di note Note di notteispira al coreografo costumi astrusi.  

La maglietta fina piace ancora  

Il vento della società cambiata porta la storia di una famiglia bollita, in E adesso la pubblicità, Mille giorni di te e di me è in odore di diversità: siamo a Oltre,

l’album del ’90 più celebrato ma non altrettanto ascoltato. Cinque anni dopo, Io sono qui venderà 700 mila copie.  

Da tempo Baglioni è diventato un campione nella valorizzazione del proprio repertorio. La Maglietta Fina è stata spremuta ma ancora piace. «È durato tanto, ed è stato sublime», sbotterà il Divo Claudio arrivando ai nostri giorni comuni. Preciso come un metronomo, in controllo di tutto. Magro come un Mick Jagger romano, capello argenteo e tonsille prorompenti. Dai Claudio, sorrida un po’, non sia troppo serioso. Pensi a Sanremo. 

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