[img align=left]http://imageshack.us/a/img37/2855/flaviobriatorehpartb.jpg[/img] È un altro esperimento riuscito, quello di The Apprentice, partito ieri su Cielo con l’intento di diventare l’erede di quel tanto osannato MasterChef emigrato su Sky Uno. Non ci riuscirà, perché chi ha amato MasterChef l’ha fatto per l’assenza (o quasi) di liti, per quell’aura di perfetto talent sulla cucina in cui non si lasciava nulla al caso. Qui al caso è lasciato quasi tutto e proprio lì sta la sua forza. Ho letto che il cast è sbagliato, che le prove sono sbagliate. Ma se l’obiettivo è formare un potenziale lavoratore "dal nulla" questa è l’unica strada da percorrere. [b]Il futuro vincitore[/b] dovrà inevitabilmente passare attraverso un percorso di crescita, sbagliare, accorgersi dell’errore e colpire "il Boss" con una serie di puntate in crescendo. È anzi molto probabile che in fase di montaggio si siano lasciate da parte eventuali inventive troppo azzeccate: siamo alle prime due puntate e a risaltare devono essere gli errori. Dicasi lo stesso per le prove: si deve partire dalle basi (il mercato del pesce, una sorta di caccia al tesoro). Sarà con le puntate che anche le personalità e la qualità delle prove si evolverà, diminuendo i personaggi aumenterà la loro riconoscibilità, la facilità ad affezionarci ad alcuni di loro (con una guida da parte dell’editing, vedi il nostro Progetto Edgic) esattamente come successo a MasterChef. Poi c’è Briatore.

E qui arriva l’aspetto più incredibile della storia. [b]Briatore è credibile[/b]. È credibile quando sfotte Il Gruppo per la scelta del nome, nonostante suo figlio si chiami Nathan Falco (cit. Twitter). È credibile quando zittisce la concorrente effettivamente arrogante. È credibile perfino quando dà nozioni di economia e trading market. Un po’ meno magari quando dice che 100 euro è il 20% di 750 (ma è il 13,3%, con buona pace dei social-criticoni che sicuramente sarebbero stati in grado di dare la risposta corretta), ma qua non vogliamo fargli le pulci. Il tutto funziona e scorre bene, incorniciato da una Milano favolosa che non sarà l’India, ma si difende più che bene in certe inquadrature. Il montaggio è curato (ma ormai ci piace stupirci sempre di meno che la gente sappia fare il proprio lavoro) e il ritmo è abbastanza sostenuto. Certo, ci si perde un po’ in chiacchiere al momento dell’eliminazione, ma preferireste davvero la tredicesima sfida di ballo con commento della Celentano sui piedi della ballerina e difesa di Garrison perché "ha balato co cuore"? Pechino Express e The Apprentice sono un nuovo modo di fare reality in tv. Forse meno raccontabili e meno commentabili (anche sui forum e sui social network), ma sicuramente più godibili, come se si fosse davanti a una serie Tv. Finalmente italiana, ma d’ispirazione americana. Non come i Cesaroni, ecco.

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