Riconoscete i tre signori sulla sinistra senza leggere la didascalia? Scommetto che pur non ricordando nomi e cognomi (comprensibilmente, nel caso di George), la maggior parte di voi ha visto i volti noti che fino a questa settimana hanno inondato la programmazione di SkyUno con la versione australiana di MasterChef. Ed è difficile credere che fino a qualche anno fa potessero essere di pubblico dominio i corrispettivi dall’altra parte dell’oceano di Barbara d’Urso o Simona Ventura. Eppure l’abitudine di ricreare la versione italiana di format già di successo all’estero è sempre stata una costante della tv.
Sky e la tv del primi anni ’10 hanno in qualche modo rivoluzionato il concetto del format originale e hanno di fatto infranto il tabù della replica in altra lingua di quello che settimanalmente ci veniva svenduto come unico, italiano. Ora vedere l’X Factor americano, MasterChef USA, UK, Australia o addirittura India è quasi normale come vedere la versione con Morgan o Carlo Cracco e, anzi, la messa in onda del format originale sta fungendo sempre più da test apri-pista per capire se un determinato programma potrebbe attecchire anche in una versione tricolore (vedasi il caso di Project Runway).
Quello che è cambiato è l’approccio stesso al format. Prima “italianizzarlo” significava strapazzarlo senza rispetto e senza ritegno. Tremiamo alla sola idea di un MasterChef nel 2002 con televoto, orchestra e il corpo di ballo delle “cuochine”. Ora fare un programma significa sì rispettare le nostre esigenze di pubblico un po’ pigro e abitudinario, ma al tempo stesso replicare fedelmente una formula che se ha così successo un motivo ci sarà pure. È stato così per X Factor (dal 5 in poi), è stato così col talent di cucina e sarà sempre di più così, specialmente per satellitari e digitali, libere dal terrore del punto di share in più nella mezz’ora strategica.
E questo rispetto per il format ci permette di mandare in onda l’originale senza più vergognarci. Perché non sarebbe stato carino mandare in onda l’ininfluente Grande Fratello 5 e subito dopo la sua controparte inglese, ricca di spunti autorali e colpi di scena, o Survivor, relegato in seconda serata per esaurirne le puntate a fronte della perfetta versione americana, che a settembre taglierà il traguardo della ventisettesima edizione.
Per la presunzione di saper fare meglio dell’originale abbiamo perso tante occasioni. Italiani umili ma capaci ci hanno insegnato una lezione che farà del bene alla nostra televisione. Con un controllo sempre più critico e informato anche da parte dello spettatore.
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io fin da piccolo ho sempre seguito reality stranieri su sky e non mi sono mai dispiaciuti anzi….
Io non ho mai seguito fino ad ora edizioni estere perchè non ne ho avuto la possibilità ma credo che i reality stranieri è giusto farli vedere in italia