Utente
7 agosto, 2013
Complimenti a Krishoes per aver raggiunto la finale è innegabile che tu sia stato il più forte in questa competizione, sarebbe stato ingiusto se non fossi riuscito ad arrivare in finale. Altrettanto meritato, però, sarebbe stato il passaggio di Casadelvino, sia per la sua grande bravura nelle prove ma soprattutto per il modo in cui si è raccontato in questo gioco. Casa è uno di quegli utenti che mi è stato simpatico a pelle fin dal primo momento in cui ha iniziato a scrivere qui su RH... Best UseRH è stata l'occasione perfetta per conoscerlo meglio, scoprire che dietro l'utente divertente, sincero e un po' pazzo si nasconde un ragazzo molto sensibile e con tanto da raccontare, cosa che è uscita fuori anche durante la competizione. Non nego che vedere il suo nome fra gli iscritti sia stato un input per me per partecipare a questo gioco, trovavo interessante confrontarmi con lui in un contesto in cui eravamo entrambi concorrenti.
Non voglio giudicare la scelta di Sasi, ma probabilmente al suo posto avrei fatto avanzare entrambi in finale, vista la caratura di entrambi i posting e dei due utenti che li hanno prodotti.
Sono contento di potermi sfidare con Kris in finale, perché lo stimo come utente ma soprattutto come persona e il fatto che sia molto forte è uno stimolo a fare del mio meglio (per riuscire a vincere ). Lo stesso sarebbe stato se ci fosse stato Casa in finale.
A prescindere da come andrà peró, #DomenicaInWins!
Utente
4 febbraio, 2018
Voglio ringraziare chiunque abbia espresso un parere positivo nei miei confronti e chi l'ha anche solo pensato
Io ho rischiato molto in questo gioco, portando qualcosa che piacesse a me e divertisse me in primis, senza però dimenticare le consegne.
Non mi sono mai sentito un favorito, poichè a parte SurvivoRH io NON HO MAI VINTO NULLA cit. e questa è l'ennesima conferma
In ogni caso sono molto contento del passaggio di Krishoes, che nell'ottica della gara ha presentato il percorso più forte; ho dato il meglio e per la mia concezione ho espresso un post vincente, che non è bastato, ma ci sta benissimo. Ho sognato anche io il double shantay, ma non poteva esserci. Quindi comunque non mi sento derubato, e sono fiero di me etc. Ringrazio ancora sasi dell'opportunità.
Alessandrino mi hai davvero onorato con il tuo post
E infine ringrazio e mi complimento con Krishoes, per il suo bellissimo post nei miei confronti. Alessio è Alessio, e Casadelvino è anch'esso Alessio; solo che ci sono degli aspetti di Alessio che Casadelvino non dovrebbe rappresentare, in quanto propri della persona reale che ci sta dietro. Questo gioco li ha fatti uscire, per condividerli con chi lo meritava, ma ora taluni sono tornati a far parte della loro meritata intimità.
Questo è stato un gioco molto avvincente, che sarei ipocrita a dire che non avrei voluto vincere, anche per battere certi muri che mi sono stati posti difronte. Però ripeterò ancora che sono contento così, e spero di aver divertito qualcuno, emozionato qualcun'altro e fatto riflettere un po' tutti. Per me bastava questo!
In bocca al lupo ad ale e kris, and May the best woman win
Banned
20 novembre, 2016
Live non è la D'Urso oggi:
Su internet, infatti, molti personaggi raccontano e fotografano la propria vita privata con successivi e relativi commenti («mi piace» e «non mi piace») da parte del pubblico. Allo stesso modo a «Live- Non è la D'Urso» arriveranno degli ospiti a raccontare la propria storia e a giudicarli (nel bene e nel male) ci saranno sia il pubblico a casa (attraverso la app e il sito del programma), sia cinque persone in studio (conoscenti, amici, parenti del personaggio in questione) nascoste dentro altrettante sfere bianche e rosse. Tra gli altri meccanismi che troveranno spazio di puntata in puntata anche un mini «talk show» con giornalisti e opinionisti (a discutere di qualche tema), «l'ascensore» (due persone che hanno un conto in sospeso passano una mezz'ora chiuse insieme in un ascensore) e «il drive in» (un cinema dove viene proiettato un video ad hoc su un personaggio presente).
Sophia il 31 gennaio:
#teamdomenicalive
SEGMENTO 3
TITOLO: "Col Cuore!"
DURATA: 18,10 - 18,30 (dai 15 ai 20 minuti)Cosa c'è di più divertente e trash della rubrica Col Cuore? Beh, la risposta è molto semplice, nulla! In questa parte di programma due vip, protagonisti di recenti liti o scandali, si scontreranno in un vero e proprio duello verbale.
Diciamocela tutta, un programma di Barbara D'Urso per essere credibile deve avere la propria dose di trash e Col Cuore è la ricetta perfetta. Per questa rubrica mi sono ispirata al programma americano Drop the mic, dove due o più personaggi noti si scontrano a colpi di dissing su una base rap. Ho eliminato la parte musicale ma ho tenuto assolutamente gli shade: l'intento che si vuole ottenere da questi scontri non sono risse ma degli scambi di battute e frecciatine (da qui il titolo ironico, Col Cuore!)...non è detto però che alcuni scontri non diventino particolarmente accesi e iconici.
Tra i vari duelli fino ad oggi confermati abbiamo:
- Storiche rivali, di recente il duello ha preso una nuova piega... politica: Heather Parisi vs Lorella Cuccarini
- El clàsico della televisione di oggi: Tina Cipollari vs Gemma Galgani
- L'Isola sta per iniziare, ma anche in luoghi tropicali la scuola (di Amici) è sempre presente. Si sono odiati e hanno dato vita a uno degli scontri più iconici degli ultimi tempi: Luca Vismara vs Rudi Zerbi
- Domenica Live è anche cultura e bisogna sensibilizzare i ragazzi sulle droghe...o meglio, sulla trrroca: Eva Henger vs Francesco Monte
- Sei falsa Marchesa, c*zzo! Vero Patrizia? Ecco lo scontro più nobile che la TV abbia mai visto, o quasi: Daniela Del Secco vs Patrizia De Blanck
- Dov'era la lite?! Che il trash notava in un'alba di Perla: Alessandro Cecchi Paone vs Maria Monsè
- Preparatevi ad uno scontro per nulla sereno, sereno, sereno: Serena Grandi vs Corinne Cléry
- Narra la leggenda che prima di loro due al GF il mondo vivesse in pace e in armonia: Marina LaRosa vs Cristina Plevani
- La sedia vi basta o volete pure un trono?: Barbara De Santi vs Valentina Autiero
- Dalle Alpi alle Piramidi, da Uomini e Donne a Temptation: Lara Zorzetto vs Martina SebastianiPreparatevi per ascolti stellari e migliaia di gif, arriva una nuovissima rubrica fatta solo ed esclusivamente...col cuore!
MECCANISMO: Barbara annuncia l'inizio della rubrica, parte così una clip che racchiude i momenti salienti e i motivi della rivalità tra i due vip. I due vengono introdotti da una voce fuori campo simile a quella che introduce gli scontri di wrestling e in sottofonto c'è un beat simile a quello delle rap battle. La parte di studio in cui si tiene il segmento è lievemente rialzata rispetto al resto, simulando un ring. I due partecipanti sono seduti su dei divanetti uno di fronte all'altro, agli estremi del "palco". Sostanzialmente la discussione autonoma ma Barbara può fornire spunti e intervenire.
"L'idea di Sophia è irrealizzabile, non doveva vincere"
Utente
5 aprile, 2018
Arrivati a questo punto, dato che la final 2 sarà tra due miei amici, ho bisogno di ringraziare in primis @sasi per l'opportunità e per la comprensione che mi ha dimostrato, @Alby per la pazienza e per aver cercato di farmi affrontare il gioco con la giusta dose di leggerezza, ma in particolar modo ci tenevo a ringraziare tre compagni di viaggio, che non sono solo Best UseRH, ma sono tre persone splendide che hanno avuto il coraggio di accettarmi così come sono!!!
@Casadelvino oramai ci conosciamo da quasi un anno e ci sentiamo praticamente tutti i giorni. Sei stato il primo utente con il quale ho legato all’interno del forum perché seppure ti eri iscritto da un paio di mesi, eri riuscito ad ambientarti perfettamente in pochissimo tempo. Abbiamo subito avuto un feeling musicale e siamo partners in crime di risky choices nei vari contest su RH. Ti reputo un fratello minore. Non vedo l’ora di venire a trovarti!!!
@alessandrino se i dizionari avessero le foto sotto la parola bontà ci sarebbe la tua.
SEI UN PEZZO DI PANE!!! Hai la capacità di lasciarti scivolare tutto e sei capace di caricarti di tensioni e sfoghi altrui senza pretendere nulla in cambio come hai scritto anche nel tuo PFYC.
Dovrei tornare, dopo tredici anni, dai miei parenti calabresi per beccare te ed @Edre
@Krishoes, essendo coetanei, sei la persona che comprende meglio molte delle mie paranoie e paturnie attuali. Nell’arco di qualche settimana, ti ho raccontato gran parte della mia vita e alcune cose non le avevo MAI raccontate a nessuno. Mi hai fatto tornare l’Edo diciassettenne che si sfogava con Fabio per qualunque cosa. Mi dispiace di essermi iscritto a RH solo l’anno scorso se no ci saremmo già visti dal vivo.
Spero di avervi accanto per il resto della mia vita e di poter contraccambiare in minima parte quello che voi state facendo per me.
VI VOGLIO BENE
Utente
7 agosto, 2013
Benvenuti alla finalissima di Best UseRH Race. Utenti questa sera, per l'ultima volta, dovrete postare per la Corona
@alessandrino @Krishoes il tema della finalissima è:
SLIDING DOORS
C'è chi lo chiama destino, c'è chi le vede come coincidenze ma, di fatto, la vita di tutti noi è fatta spesso di trame sottili e di piccoli momenti che potrebbero (o avrebbero potuto) cambiare le nostre vite.
Nel film un semplice evento, aver preso o perso la metro, fa cambiare radicalmente la vita della protagonista. C'è qualcosa nella vita che, se poteste tornare indietro, fareste diversamente? Come sarebbe cambiata la vostra vita?
Due utenti stanno di fronte a me. Utenti questa è la vostra ultima possibilità di impressionarmi e vincere il titolo di Best User di Reality House.
Buona fortuna... e non mandate tutto a putta*e!
Utente
7 agosto, 2013
Give me time to reason,
give me time to think it through
(...)
Give me strength,
to face this test tonight
(...)
Claim your right to see the truth,
though my pangs of conscience
(...)
If only I could turn back time,
if only I could said what I still hide
Quale attimo della mia vita meriterebbe un rewind? Ci ho pensato molto su, dopo aver ricevuto il tema della sfida, ma ammetto di non saper trovare una risposta.
Sarà che per ogni decisione sbagliata, ho sempre trovato una colpa da attribuire, a me stesso o ad altre persone implicate. Di conseguenza, ho valutato se valesse la pena cercare di risolvere quanto creatosi oppure lasciare stare e andare avanti.
Credo nel destino? Sì. Ma credo fermamente nell'esistenza del libero arbitrio. E l'uno non può prescindere dall'altro.
Mi è sempre piaciuto fantasticare sul destino, e immaginarlo come un lunghissimo percorso pieno di bivi. Ogni episodio della vita, ci mette idealmente davanti a due soluzioni, sta a noi decidere, consapevolmente o meno, quale strada intraprendere.
Non nego però che ho spesso pensato a come sarebbe stata la mia vita se alcuni tratti del mio essere sarebbero stati diversi, o alcuni avvenimenti sarebbero andati diversamente.
Il testo di "Turn back time" citato all'inizio, il nostalgico brano degli Aqua facente parte della colonna sonora di "Sliding doors", da cui tutto parte per questa sfida, mi ha dato l'ispirazione per pormi le domande, nascoste in qualche parte della mente, e metterle per la prima volta nero su bianco.
Utente
7 agosto, 2013
SE FOSSI NATO DONNA?
Mia madre mi disse che in caso fossi stato una bambina, mi avrebbe chiamato Chiara. Buffo a pensarci, perché la mia migliore amica, il mio alter ego femminile, chi nel mondo mi capisce e conosce forse più di chi mi ha messo al mondo, si chiama proprio così. Il destino - eccolo spuntare - ha voluto che una delle persone più importanti della mia vita, si chiamasse come quella me che non è mai nata.
A volte, durante la visione di documentari sulla transessualità e il transgenderismo, mi sono chiesto se mi sentissi donna e se volessi cambiare sesso. Già il porsi la domanda, dovrebbe implicare la mancanza di quel bisogno, che viene descritto come innato, istintivo.
Ricordo che da bambino usavo, per gioco, dei rossetti, delle scarpe femminili o delle lenzuola con cui mi bardavo il corpo, immaginando di essere una sposa o una principessa. Guardavo con grande passione i cartoni animati destinati al pubblico femminile. Avevo anche uno dei "mini mondi" di Polly Pocket.
C'era un lontano parente acquisito, un bambino mio coetaneo o di poco più piccolo, con cui si faceva finta di essere una coppia. Io, idealmente, ero la sua controparte femminile.
Crescendo, pensavo che sarebbe stato figo far parte di una girlband. Mi immedesimavo nelle componenti delle Spice Girls, delle Lollipop o delle No Angels, cantando e ballicchiando le loro canzoni con un telecomando in mano.
Allo stesso tempo non mi dispiaceva giocare a calcio, nel ruolo di portiere, con le Micro Machines, ai videogame di lotta stile Street Fighter e Tekken, e di automobilismo, come Gran Turismo e Colin McRae Rally. Per molti anni ho guardato partite di calcio, collezionato figurine, e seguito addirittura il calciomercato.
Perché alla fine, cos'è maschile e cos'è femminile? Con gli occhi del trentenne, realizzo che forse a mio modo già sfidavo queste categorie oppressive.
Oggi, dovessi definirmi con etichette, direi di essere un uomo gay. Non sento il bisogno di cambiare sesso e non sento di essere in un corpo sbagliato. Ma mi piace sapere di avere dentro di me una parte femminile, che convive alla perfezione con quella maschile, e si esprime attraverso i miei gusti.
Da qui prende vita uno dei miei desideri recenti, che arde forte dentro me: diventare una drag queen. Anche per un solo giorno. Voglio indossare abiti femminili, truccarmi e mettere una parrucca. Esibirmi con orgoglio, in estrema libertà. Lasciare fuoriuscire quella Chiara che sento di tenere dentro.
Voglio vestirmi di viola, il mio colore preferito. Che non è altro che l'unione del blu e del rosso. Tutto torna, no?
Utente
7 agosto, 2013
SE FOSSI NATO ETERO?
Più di una volta, soprattutto da adolescente, mi è capitato di pensare: "Perché non sono nato etero?".
Vengo da un retaggio culturale diffuso nel nostro paese e non solo, una famiglia in cui parlare di sesso è tabù - figuriamoci di omosessualità o altre varianti - con un padre padrone per il quale il lavoro viene prima di tutto, la donna che gli sta accanto è colei che cucina, bada alla casa e all'educazione dei figli, e di formare una corretta autostima degli stessi, proprio non si cura.
Mia madre sa che sono gay, idem mio fratello. Tutti i miei amici lo sanno. Mio padre no. O meglio, non gliel'ho mai detto. E non so se voglio farlo, perché sebbene sia giusto accettare le conseguenze, e mostrare la propria verità, vorrei evitare la violenza, che non è mancata in passato, e che si riverserebbe, come già successo, anche su chi non c'entra nulla, ma diventa capro espiatorio.
Quando un padre dice che vorrebbe ammazzare i gay e sparargli nelle parti intime, non viene facile esporsi, ma mi sento anche in colpa per non avere il coraggio di far vedere quello che sono, mi sento un codardo.
Ho chiesto a mia madre se, per caso, nel loro intimo, mio padre le abbia mai posto qualche dubbio al riguardo. Risposta negativa.
Ma la vera domanda è: a mio padre interessa della mia sessualità? O qualsiasi altro aspetto della mia vita? D'altronde a 30 anni continua a chiamarmi Michele, che è il nome di mio fratello, e non ricorda quando sono nato.
Mi sento stupido a pensare che nascere etero avrebbe cambiato le cose, migliorato il rapporto con mio padre. Mi sento stupido per aver colpevolizzato la mia natura.
Non sono sbagliato, essere gay non è una colpa e mai lo sarà. Sono fiero di esserlo e non devo essere "accettato". Un presupposto terribile e discriminatorio per la creazione di qualsiasi tipo di rapporto.
La mancanza di una figura paterna degna di essere presa come riferimento non ha nulla a che vedere con la mia sessualità. I genitori biologici non si scelgono, però a 30 anni posso decidere se mantenere o meno un rapporto, e se continuare o meno a farmi influenzare la vita in maniera negativa.
C'è stato un periodo, quando avevo quindici anni, durante il quale ci fu una crisi abbastanza profonda fra mia madre e mio padre. Si parlava di divorzio. L'idea di diventare figlio di una coppia divorziata mi metteva angoscia, ma la vivevo anche come una concreta possibilità di respirare e di staccarmi da un cumulo di tensioni che detestavo. Sono passati anni, i miei sono ancora una coppia.
Qui però entra in gioco il libero arbitrio e la volontà di cambiare un destino che ai tempi mi sembrava già scritto. Il padre è quello che aiuta a metterli al mondo, ma deve anche sapere conquistare il rispetto e l'affetto dei propri figli. Che siano gay o etero, non c'è nessuna differenza.
Utente
7 agosto, 2013
SE FOSSI RIMASTO IN ITALIA?
Come raccontavo a grandi linee nel "posting for your immunity", la mia famiglia è emigrata in Germania da molti anni.
Per me venire in questo paese è diventato abitudinario da quando avevo 14 anni. Non c'era estate o periodo natalizio, prima dei 20 anni, in cui non prendessi l'aereo per raggiungere Berlino, per poi fermarmi lì vicino a Potsdam, nel Brandeburgo, dove mia madre ha abitato per qualche anno, o scendere a Jena, in Turingia, dove abita tutt'ora.
Avevo uno strano rapporto con la Germania. Mi hanno sempre stuzzicato lingue e culture diverse, tant'è che frequentavo il liceo linguistico. La Germania però, in quegli anni, rappresentava qualcosa di negativo, che digerivo poco.
Scelsi il tedesco come terza lingua al liceo, e non lo spagnolo, perché non avrei potuto fare diversamente. La vivevo come un'imposizione. Il tedesco non mi piaceva, ma dovevo impararlo. Era così, non avevo altra scelta. Questo un po' è rimasto, anche oggi non posso dire di amarlo visceralmente nonostante l'abbia appreso - non quanto vorrei - e sia in grado di lavorare e comunicare con gli altri.
Nel tempo, viaggio dopo viaggio, mi sono molto ammorbidito e ho iniziato a vedere la Germania come un'opportunità. Oggi è a tutti gli effetti la terra che mi ha dato una nuova ragione di vita.
Preso da mille tormenti, decisi di chiudere gli studi in Italia e, seppur a malincuore, allontanarmi dal mio ex ragazzo e da Brescia, città che rimarrà nel mio cuore vita natural durante, per trasferirmi a Jena. La noiosissima Jena.
In Italia avrei potuto fare ben poco per realizzarmi, nella situazione in cui mi trovavo, in Germania avevo porte aperte e la possibilità di inserirmi nel mondo del lavoro entrandoci dalla finestra. Non fu semplice perché entrare nei ritmi della gastronomia - il settore in cui la mia famiglia lavora da generazioni - all'inizio è critico, ma poi, come per ogni cosa, ci si fa l'abitudine.
Il problema è che a Jena non sono mai riuscito a sentirmi a casa. Le persone con cui uscivo erano i miei colleghi di lavoro, che essendo alle dipendenze di mia madre, non mi trattavano con onestà, come un amico, ma come "il figlio del capo".
Gli incontri che organizzavo ogni tanto, con ragazzi tedeschi più che altro, non si sono mai trasformati in rapporti duraturi. Di locali, ben pochi. Mi stavo spegnendo.
Il vero cambiamento parte a metà del 2017, quando da Jena, in seguito a un brusco litigio con mio padre, decido di trasferirmi a Friburgo, nel Sud del paese, dove mio fratello si trovava già dal 2006, per gestire una gelateria-caffetteria (o come li chiamano qui, Eiscafé).
È stato come entrare in un'altra dimensione. C'è da dire che Friburgo è calda, colorata e piena di vita, un mondo a parte rispetto a moltissimi centri tedeschi, piuttosto ordinari e con pochi svaghi. Piena di turisti, di studenti in Erasmus e Overseas, e di italiani.
Credo basti leggere la prima descrizione trovata su Google per farsi un'idea a grandi linee: "Friburgo in Brisgovia, una vivace città universitaria nella Foresta Nera della Germania del sud-ovest, è conosciuta per il suo clima temperato e per la Città Vecchia medievale ricostruita, attraversata da pittoreschi ruscelli (bächle)".
A Friburgo ho rialzato la testa, ho tessuto nuove relazioni, ho riacquistato la fiducia in me stesso e nel prossimo. Qui ho trovato Sandra, Annamaria, Teresa, Tobia, Serena, Federica, Davide, Felice, Susy e tanti altri. I miei amici, a cui voglio un mondo di bene.
Mi hanno preso per mano e mi hanno aiutato ad adattarmi in una situazione nuova, inaspettata. Mi stanno accompagnando nel periodo che mi porta dai venti ai trent'anni. Mi fanno ridere, sanno ascoltarmi se ho bisogno di sfogarmi, sanno consigliarmi e criticarmi se c'è bisogno. Sanno cosa significa divertirsi e farmi divertire. Sanno come farmi tenere la mente libera dai cattivi pensieri.
Wir sind Italiener die in Deutschland leben. Siamo gli emigrati in Germania, che si sostengono a vicenda e creano una seconda famiglia per non sentire l'Heimweh - un termine tedesco per esprimere "la nostalgia del proprio paese natio".
Credo di essere stato in discoteca più negli ultimi due anni, che in tutto il resto della mia vita. Con loro per la prima volta (e per tante altre volte!) sono andato al cinema a vedere film in tedesco, utilissimo per migliorare la lingua. Siamo stati insieme a Natale a Friburgo, e a Capodanno a Londra. E a fine anno andremo a New York. Se avessi la fede, li considererei i miei angeli custodi.
Solo ieri sera mi trovavo con alcuni di loro in un ristorante di sushi. Ci ripenso e sto bene. Le risate spontanee, gli sguardi di intesa, i racconti di aneddoti divertenti, la felicità di stare insieme e condividere un momento che scalda il cuore.
Lo posso dire: se fossi rimasto in Italia, oggi non sarei soddisfatto della mia vita.
Utente
7 agosto, 2013
Le occasioni che mi passano davanti....
Io che le lascio passare...
Io che me ne pento...
Come penso sarà accaduto a molti di voi, anche io nella mia vita ho avuto i classici momenti: "Se solo potessi tornare indietro, mi comporterei diversamente", oppure: "Se solo avessi un'altra possibilità, probabilmente farei una scelta differente". Non sono uno che vive di rimpianti, mi rendo conto che le scelte che ho fatto fino a questo momento mi hanno reso la persona che sono oggi; persona che apprezzo e di cui vado fiero, nonostante vi siano alcuni lati del mio carattere che cambierei volentieri. Ma in generale..
A parte gli scherzi Essere una persona che pensa troppo prima di fare qualcosa ha fatto si che molte occasioni mi passassero davanti senza che riuscissi a coglierle, lasciandomi con lo scrupolo di aver perso alcune possibilità che probabilmente avrebbero accresciuto il mio bagaglio di esperienze. Ciò di cui vi parlerò stasera non riguarda, però, un'occasione persa, quanto più una scelta che ho compiuto e che in un certo senso ha condizionato la mia vita fino a questo momento. E' qualcosa a cui ripenso spesso, nonostante siano passati un bel po' di anni, ma mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se avessi compiuto una scelta differente. Proverò a fare con voi un gioco, uno sforzo di immaginazione, provando a ipotizzare come una decisione diversa avrebbe potuto cambiare la mia vita.
Utente
7 agosto, 2013
- Emanuel decide di iscriversi al Liceo Scientifico (Com'è andata).
A 13 anni non sono tantissime le decisioni importanti da prendere: ti dichiarerai a quella tua compagna di classe carina che ti piace tanto? Pokemon Zaffiro o Pokemon Rubino? Ma sopratutto: Dove andrai alle superiori? Quest'ultimo interrogativo, in realtà, non ha mai generato in me particolari dubbi. Tra scuola primaria e scuola media ho avuto una passione particolare per la matematica, tanto da farmi affermare come uno dei più bravi della classe in questa materia, in entrambi gli ordini di scuola. Alle medie, addirittura, ero talmente bravo da finire sempre fra i primi i compiti e i problemi assegnati in classe; così chiedevo alla prof. di assegnarmi altri esercizi per impegnare il tempo della lezione rimanente. Una secchia direte voi beh, in realtà era una vera e propria passione! Stare lì a risolvere problemi, espressioni, equazioni era soddisfacente, incrementava la mia autostima, ma mi divertiva anche! Mi chiesi dunque: perchè non fare in modo che questo divertimento continui anche alle scuole superiori? La scelta dunque fu quasi obbligata: il Liceo Scientifico rappresentava la scuola perfetta per "continuare a divertirmi" e allo stesso tempo per migliorare, fortificare le mie competenze matematica. Inoltre sapere che tre dei miei migliori amici del tempo avrebbero intrapreso il mio stesso percorso e che avremmo frequentato la stessa classe al Liceo fu la ciliegina sulla torta che mi convinse ancora di più che stavo compiendo la scelta giusta. Ma come spesso accade, alla vita piace giocare delle palle curve e la mia esperienza liceale fu completamente diversa da come me l'ero immaginata.
L'esperienza scolastica al Liceo non fu poi così disastrosa: nonostante il carico di studi, riuscì a mantenere nel tempo dei buoni risultati; il rapporto con i compagni di classe fu abbastanza tranquillo: c'erano le simpatie, c'erano le antipatie, nulla di tragico anche se non eravamo una classe molto unita e ognuno si faceva un po' i cavoli propri. Tralasciando i momenti di odio verso tutto e tutti che caratterizzano l'adolescenza in sé, non posso dire che gli anni del liceo siano totalmente da dimenticare. Dove sta il problema allora? Il problema fu proprio lei: la MATEMATICA. La materia che mi spinse con convinzione ad iscrivermi al liceo scientifico, quella che fra elementari e medie mi aveva divertito così tanto, divenne un vero e proprio incubo che mi trascinai fino alla fine del quinto anno. Mi resi conto, fin da subito, che la matematica del liceo era totalmente diversa da quella affrontata fino a quel momento e già dalle prime lezioni, iniziai ad incontrare delle difficoltà che non c'erano mai state. Non capivo le spiegazioni, non riuscivo a svolgere gli esercizi, andavo male ai compiti. Fu una cosa abbastanza frustrante.... Non me ne capacitavo, per quanto mi impegnassi non riuscivo ad ottenere dei risultati che andassero oltre il 5 (che puntualmente ogni fine anno si trasformava in un 6 solo perchè avevo voti buoni nelle altre materie). Ciò che mi aveva portato ad iscrivermi in quella scuola si era totalmente rivoltato contro di me.... fortunatamente iniziai ad apprezzare le materie classiche e ad avere le soddisfazioni che quelle scientifiche non mi garantivano. Tuttavia mi rimase, per tutti e cinque gli anni, lo scrupolo di aver sbagliato scuola. Ma col senno di poi se ne dicono cose....
Utente
7 agosto, 2013
L'iscrizione al liceo mi diede come unica prospettiva quella di iscrivermi all'università. Certo, era qualcosa che avevo preventivato e che comunque desideravo, ma non avevo la minima idea di quale percorso intraprendere. Quelli scientifici erano da escludere a priori! Non avevo retto la matematica del liceo, figuriamoci quella universitaria (anche se provai a fare il test per professioni sanitarie, che ovviamente non passai). Rimanevano quelli ad indirizzo classico ma anche qui, non è che avessi un obiettivo specifico da raggiungere attraverso un corso di laurea. Così mi iscrissi al corso di Lingue e Culture Moderne, senza neanche troppa convinzione, tant'è che in 4 anni (3 più 1 fuori corso) riuscì a dare neanche la metà degli esami.
Arrivò così il periodo di crisi più profonda che io abbia vissuto nella mia vita. Mi sentivo un incapace, bloccato in una facoltà che non mi piaceva, senza riuscire a studiare o a preparare un esame, ma allo stesso tempo senza avere una concreta alternativa che potesse tirarmi fuori da quella situazione. Mi sentivo costretto a continuare perchè "altrimenti che faccio? Sto a casa sul divano?" ma allo stesso tempo in colpa, perchè mi sembrava di prendere in giro la mia famiglia. Come se l'università rappresentasse una sorta di porto sicuro che mi proteggeva dal "mondo degli adulti" che ancora non mi sentivo pronto ad affrontare. Finalmente trovai la forza di tirarmene fuori, ma allo stesso tempo, grazie al lavoro in parrocchia con i ragazzi e l'impegno nell'aiutare le maestre con le recite a scuola di mia madre, capì cosa mi piaceva fare realmente. Capì finalmente quale strada volessi intraprendere e questa riconduceva nuovamente all'università, con maggior convinzione 'sta volta, cosciente di quello che andavo a fare, con la consapevolezza che non avrei fallito, perchè non volevo fallire. Ed eccomi qui, cinque anni dopo quella decisione, con soli due esami alla laurea in Scienze della Formazione Primaria (laurea che spero arriverà a luglio), sicuramente più maturo rispetto a prima, conscio che le scelte sbagliate fatte ai tempi del liceo e del primo percorso universitario siano in qualche modo servite per arrivare dove sono ora.
Utente
7 agosto, 2013
Direte voi, dove sta la Sliding Door in tutto questo discorso? Devo confessare che, nel momento in cui entrai in crisi con l'università, ronzava nella mia testa l'idea di poter fare qualcosa legato alla mia più grande passione: LA CUCINA. Il problema più grande, però, erano i costi, veramente esorbitanti, della maggior parte dei corsi professionali ed essendo uno studente a tempo pieno (senza lavoro dunque) non mi andava assolutamente di gravare così tanto sulle spalle dei miei genitori. Quindi iniziai a pensare: e se la scelta sbagliata la feci a monte? Se avessi seguito maggiormente la mia passione reale mettendo da parte quella scolastica? Dove sarei ora?
Utente
7 agosto, 2013
Emanuel decide di iscriversi alla Scuola Alberghiera (Come Poteva Andare).
In questa realtà immaginaria, in cui decido di andare alla scuola alberghiera anziché al liceo scientifico, innanzitutto vengo a sapere preventivamente dell'esistenza di questa scuola già perché non trovandosi proprio nella mia città, ma in un paesino vicino, non ero a conoscenza che esistesse una scuola che formasse per lavorare in cucina. Scoperta l'esistenza di questa scuola e avendo la passione per la cucina praticamente da sempre (ho iniziato a giocare con la cucina giocattolo di mia sorella per poi passare alla cucina vera già intorno ai dieci anni) decido di iscrivermi, conscio che sarò da solo, perchè nessuno dei miei amici e compagni mi avrebbe seguito. Il primo scoglio da superare fu sicuramente quello di spostarmi con i mezzi. Non ero mai stato abituato a prendere il bus, dato che erano stati sempre i miei ad accompagnarmi a scuola fino a quel momento. Non fu facile quindi abituarmi agli orari del bus, svegliarmi ad una certa ora per evitare di perderlo ed affrontare un vero e proprio "viaggio" per arrivare a scuola, con persone a me sconosciute.
La seconda difficoltà da affrontare fu quella di non avere punti di riferimento fra i compagni. Il fatto di essere eccessivamente timido e di non riuscire a fare subito amicizia fu un problema all'inizio; mi sentivo solo, avevo difficoltà a far sentire la mia voce, era come se quello non fosse il mio posto. Tuttavia col passare del tempo, mi resi conto come la scelta di quella scuola fosse stata importante non solo per inseguire quelle che erano le mie passioni, ma soprattutto per formare il mio carattere. Non avevo più voglia di passare inosservato, volevo fare amicizia con i nuovi compagni, volevo condividere con loro l'amore per la cucina, che in qualche modo ci accomunava.. non volevo più essere solo. La voglia di farmi conoscere vinse sulla vergogna, così piano piano riuscì a formare dei legami che ancora mi porto dietro e che fanno parte ormai della mia storia. Alzarsi presto per prendere il bus ormai non mi pesava più, anzi! Non vedevo l'ora arrivasse quel momento per incontrare i miei amici e condividere il tragitto insieme.
Nel frattempo, grazie soprattutto alle lezioni pratica, le mie abilità in cucina miglioravano, cresceva il mio amore verso questo mestiere, tant'è che già alla fine del quarto liceo iniziai a fare le mie prime esperienze lavorative in cucina. E più andavo avanti, più mi rendevo conto che era quella la mia strada, era ciò che volevo fare per tutta la mia vita. Finita la scuola, grazie soprattutto all'aiuto del mio professore, ebbi l'opportunità di lavorare per un periodo nella cucina di un ristorante della mia zona. Questo mi ha permesso di mettere dei soldi da parte che, uniti a quelli che i miei genitori avevano conservato per una mia eventuale iscrizione all'università, mi permisero di frequentare un importante corso di formazione che mi diede modo di migliorare le mie abilità culinarie. Questo mi ha portato a dover lasciare la mia città prima di quanto avessi mai pensato; ma l'uscire dalla mia confort zone, l'essere lontano da casa, non mi spaventava più come prima. Forse proprio grazie all'esperienza avuta alle scuole superiori. Avevo acquisito un indipendenza che non credevo di avere.
Adesso sto lavorando in una cucina di un rinomato ristorante di Roma, il "Visconti 2.0" e nonostante sia un lavoro abbastanza pesante, lo faccio con piacere, perchè è ciò che amo di più! Tra l'altro, fortunatamente la finale è capitata nella mia serata libera
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