Utente
7 agosto, 2013
I) IN UN GIOCO COME QUELLO DI SURVIVORH, IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI?
Sparso vs Cassandrino
Sì, tutto è lecito pur di vincere un gioco come questo.
SCRITTO A
Partiamo dal presupposto che Survivorh è chiaramente un gioco di strategia, come il vero e proprio Survivor, vive di essa e si alimenta di colpi di scena. Credo sia giusto a prescindere, quando si partecipa ad un gioco, avere come obiettivo finale la vittoria. Non è ammissibile il discorso "non si vince nulla di concreto quindi non ne vale la pena". Quando giochiamo a carte con amici o giochiamo a soldi oppure li lasciamo vincere? Il punto è che tutti quando partecipano a un gioco provano a vincere. Non è neanche una questione di uscire "puliti" senza fare strategie e tradimenti, perché solo chi accusa chi fa strategie vede gli altri "sporchi". Qui non si parla di ammazzare nessuno, ma di giocare ad un gioco pensato per colpi di scena, tradimenti e alleanze. Se tutti lo prendessero come tale e lasciassero il personale da parte, si il fine giustificherebbe i mezzi.
SCRITTO B
Ebbene si come diceva Machiavelli, penso che il fine possa giustificare tutte le azioni messe in atto per raggiungere la vittoria. Certo, se vi sono mezzi innocui e corretti per raggiungerla, userei senza dubbio quelli. Ma mai dire mai!! Perché se a un certo punto si dovesse creare una situazione in cui bisogna “ricorrere” a metodi meno etici, e se da questa scelta posso trarne benefici io o persone a me vicino , non esiterei ad usarli. Il fine per ciascuno di noi è sempre la cosa più importante. E’ quello che cerchiamo maggiormente. Perché ci permette di conoscere i nostri limiti e ci porta a superarli e a non mollare. Molti pensano che un gioco sia solo un gioco…Sbagliano non hanno compreso allora che molte volte i giochi e SurvivorH lo sta dimostrando,sono metafore di situazioni che riguardano la realtà di tutti i giorni…, Le eliminazioni boom, i tradimenti, le alleanze, i complotti fanno parte della vita reale. In tutti gli ambienti: sport, politica, società etc. . Non vince il più meritevole ma il più furbo!!! Ma vi guardate in giro: doping, accordi tra squadre, scorrettezze in pista!!! Tutto è lecito!! L’importante è vincere non partecipare caro Barone de Coubertin
Admin
7 agosto, 2013
Ho preferito abbastanza nettamente il primo, scritto meglio (anche come punteggiatura), elenca tutti i punti di forza del "sì" inquadrando bene il discorso. "Qui non si parla di ammazzare nessuno, ma di giocare ad un gioco pensato per colpi di scena, tradimenti e alleanze." Mi piace anche molto la frase finale. Il secondo è sicuramente di impatto, ma credo renderebbe di più a voce, i riferimenti (De Coubertin e Machiavelli) sono un po' messi tanto per far vedere.
Chi era?
Utente
7 agosto, 2013
I) IN UN GIOCO COME QUELLO DI SURVIVORH, IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI?
Smiley vs Robyfederer
No, ci sono dei limiti che non vanno superati.
SCRITTO A
"Per raggiungere il fine di conservare e mantere lo stato, qualsiasi mezzi usati saranno giudicati sempre onorevoli". Questa è la parte dello scritto di Macchiavelli da cui è tratta, abbastanza arbitrariamente, la famosissima locuzione il fine giustifica i mezzi. Dunque è abbastanza evidente che le azioni degli uomini sono mosse da un fine, ma cosa giustifica quel fine? Usare qualsiasi mezzo a propria disposizione per vincere un gioco, senza guardare in faccia a nessuno, calpestando chiunque, i propri ideali e la propria morale, come può essere giudicato eticamente corretto? È pur vero che siamo comunque nell'ambito di un gioco, e ammesso che la frase "l'importante è partecipare" è quanto di più falso esista, bisogna dire che alcuni comportamenti sono pur sempre deprecabili e non mi riferisco ovviamente a semplici strategie ma a quello che può essere un vero e proprio gioco sporco. Ma qual è il gioco sporco? Porto l'esempio di 2 partecipanti di survivor Jonny FairPlay (conosciuto inizialmente come Jon dalton) e Russel Hantz. Il primo prima di partire per survivor aveva chiesto ad un amico di dire, quando fosse stato invitato in trasmissione, che sua nonna era morta (da qui il soprannome Jonny FairPlay). Russel invece finse di essere un pompiere sopravvissuto all'uragano katrina. Ciò è totalmente fuori da ogni logica, perchè giocare di strategia ci sta ma speculare su tragedie proprie o addirittura nazionali è assurdo. Quindi si andare oltre i limiti solo per vincere e accrescere magari il proprio ego, sicuramente non è un fine che giustifichi l'utilizzo di qualsiasi mezzo.
SCRITTO B
Il fine non giustifica mai i mezzi. Se per raggiungere un certo obiettivo utilizziamo dei mezzi che vanno contro i nostri valori etici, allora anche un fine giusto diventa sbagliato. Sarebbe un tradimento ai danni di noi stessi, perché quei valori fanno di noi la persona che siamo e non c’è cosa più brutta del tradire te stesso. Survivor è un bellissimo gioco e tutti vorremmo vincere, ma la vittoria non deve diventare qualcosa da perseguire ad ogni costo. Considerando il tipo di gioco, non mi sento di condannare in toto le strategie e le alleanze. Ci sono però dei limiti da rispettare. Una cosa da condannare assolutamente sono: i doppi giochi, il tradimento dei propri compagni/alleati e la mancanza di correttezza durante la gara. Una strategia è legittima finché non si manifesta uno di queste situazioni che può danneggiare per sempre i rapporti tra di noi, anche al di fuori di questo gioco. Siamo una bella community online, il mantenimento di quest’armonia e una coscienza pulita devono essere considerati superiori alla vittoria di un gioco.
Admin
7 agosto, 2013
Anche in questo caso scelgo il primo.
Entrambi scritti molto bene, ma nel primo c'è un lavoro di ricerca (Machiavelli, la frase esatta) che funge da introduzione per poi citare due esempi azzeccatissimi (due strategie totalmente inutili, soprattutto la seconda), mentre il secondo è un po' troppo estremista. Perché il doppio gioco no in un gioco che lo prevede? Perché si dà per scontato che il "troppo" vada oltre i propri valori etici? Magari, tornando sopra, la cosa non ha intaccato l'etica di Russell e Jonny, eppure sono comunque universalmente deprecabili. Avrei premuto più su quello.
Utente
7 agosto, 2013
Alex87 ha detto
Anche in questo caso scelgo il primo.Entrambi scritti molto bene, ma nel primo c'è un lavoro di ricerca (Machiavelli, la frase esatta) che funge da introduzione per poi citare due esempi azzeccatissimi (due strategie totalmente inutili, soprattutto la seconda), mentre il secondo è un po' troppo estremista. Perché il doppio gioco no in un gioco che lo prevede? Perché si dà per scontato che il "troppo" vada oltre i propri valori etici? Magari, tornando sopra, la cosa non ha intaccato l'etica di Russell e Jonny, eppure sono comunque universalmente deprecabili. Avrei premuto più su quello.
Vince allora robyfederer per i TUMON
Utente
7 agosto, 2013
II) OBIEZIONE DI COSCIENZA DEI MEDICI:
Alex vs Aldrig
Favorevole, è giusto che i medici e i farmacisti ricorrano all'obiezione di coscienza per negare determinati farmaci o interventi.
SCRITTO A
L'obiezione di coscienza è un diritto che va riconosciuto nell'ambito medico, laddove un obbligo preposto dalla legge vada a scontrarsi con le più profonde convinzioni della persona. É la stessa Costituzione italiana, affermando il diritto alla libertà religiosa e di manifestazione del pensiero, a tutelare il diritto del professionista medico a non somministrare farmaci o pratiche che vadano contro la sua morale.
Il rapporto fra paziente e medico è improntato su una fiducia reciproca che dovrebbe portare quest'ultimo ad operare solo ed esclusivamente per il bene del paziente, senza mai diventare un cieco "esecutore" delle richieste che gli vengano avanzate, soprattutto e tanto più quanto si allontanino dalla difesa della vita, della salute e della morale umana che la carriera gli impone di professare.
Essere costretti a commettere un'azione contro la propria volontà lede quello che effettivamente è un diritto basilare dell'uomo, e che in quanto tale dovrebbe essere protetto dalla stessa legge civile. Per questo motivo dovrebbe essere garantita ai medici di ogni ordine e grado la possibilità di rifiutarsi di partecipare all'esecuzione di atti contro la vita, dal momento che difendere la vita di ogni individuo è il fine ultimo e il compito primario di questa professione.
SCRITTO B
Con obiezione di coscienza si indica la facoltà di un individuo di rifiutare di adempiere a un dovere se gli effetti che deriverebbero dall’ottemperanza siano contrari alle proprie credenze, convinzioni (etiche, morali, religiose ecc …). Da ciò si comprende che alla base dell’obiezione di coscienza ci sia la difesa e il riconoscimento della libertà individuale e dell’autodeterminazione di ogni persona: è sbagliato costringere un soggetto ad agire contro la propria volontà. Non solo, riconoscere la libertà della coscienza significa anche rispettare il pluralismo ideologico; è anche attraverso l’obiezione di coscienza che l’individuo afferma la propria personalità. Ovvio e scontato dire che comunque questa facoltà debba essere regolamentata ed è per questo motivo che nell’ambito della medicina è nato il cosiddetto Codice deontologico. Per tutte queste ragioni, se un medico ritiene che l’intervento richiesto sia inutile o è contrario alla somministrazione di determinati farmaci, è giusto che sia libero di opporsi e inviare il paziente da un altro collega.
Admin
7 agosto, 2013
Se dovessi giudicare solo le prime righe direi il primo BY MILES, ma il secondo recupera molto verso la fine. Furbo suggerire di "andare da un altro dottore" (una cosa che il primo non dispone), ma è altrettanto furbo il "difendere la vita" (che fa slogan, ma ci sta) del primo.
Vince ai punti il primo, il secondo paga un'introduzione troppo debole, scolastica, con la definizione di cui si poteva sicuramente fare a meno. Se fossimo dal vivo, insomma, non accattiverebbe l'attenzione come fa il primo fin dall'inizio.
Utente
7 agosto, 2013
Alex87 ha detto
Se dovessi giudicare solo le prime righe direi il primo BY MILES, ma il secondo recupera molto verso la fine. Furbo suggerire di "andare da un altro dottore" (una cosa che il primo non dispone), ma è altrettanto furbo il "difendere la vita" (che fa slogan, ma ci sta) del primo.Vince ai punti il primo, il secondo paga un'introduzione troppo debole, scolastica, con la definizione di cui si poteva sicuramente fare a meno. Se fossimo dal vivo, insomma, non accattiverebbe l'attenzione come fa il primo fin dall'inizio.
Fa guadagnare un punto alla sua squadra Aldrig per i TUMON
Utente
7 agosto, 2013
II) OBIEZIONE DI COSCIENZA DEI MEDICI:
Evil vs Pupi
Contrario, bisognerebbe vietare a medici e farmacisti la possibilità di ricorrere all'obiezione di coscienza.
SCRITTO A
Nel caso della libertà di coscienza il cittadino, con il suo rifiuto, può sollecitare il Legislatore a ripristinare principi costituzionali violati; nel caso della obiezione di coscienza il cittadino con il suo rifiuto non può pretendere che il Legislatore si adegui alle sue convinzioni personali.
Se si concedesse l’obiezione di coscienza a medici e farmacisti bisognerebbe concederla anche ai cassieri dei supermercati che qualora fossero vegetariani potrebbero rifiutarsi di vendere carne o alle commesse che potrebbero rifiutarsi di vedere leggings alle persone grasse. La coscienza andrebbe messa da parte nel momento in cui si ricopre un ruolo pubblico, soprattutto nel caso si tratti di ruoli delicati come quelli del medico e del farmacista che devono interfacciarsi con persone che ovviamente hanno dei problemi. Esercitare l'obiezione di coscienza significherebbe esprimere un giudizio negativo sulla persona con cui si stanno interfacciando.
SCRITTO B
Perché bisognerebbe vietare a medici e farmacisti la possibilità di ricorrere all'obiezione di coscienza? La risposta, di primo acchito, mi sembra semplice: per evitare di negare un diritto. L’obiezione di coscienza non deve rendere, di fatto, inapplicabile la 194. Anche il Comitato nazionale di Bioetica riconosce che l’interruzione di gravidanza debba essere sempre e comunque garantita come un diritto fondamentale alla salute psichica e fisica della donna. La soluzione proposta e condivisa da tutte le istituzioni è ragionevole: bisogna organizzarsi meglio, in modo che la libertà degli uni finisca dove inizia quella degli altri. La legge 194 non prevede misure concrete per trovare un equilibrio fra tutti i diritti in gioco e ha bisogno di essere integrata. Ma quali sono questi diritti da tutelare, oltre alla possibilità di abortire? La garanzia dei servizi sanitari, ad esempio. La Cassazione ha tracciato un confine netto: l’obiezione può essere invocata solo con riguardo alla fase propriamente causativa dell'aborto ma non nelle fasi che precedono e seguono l’intervento di interruzione della gravidanza; diversamente, il medico incorre nel delitto di rifiuto d’atti d’ufficio.
I dati statistici, poi, parlano chiaro: circa il 70% dei medici si dichiara obiettore di coscienza. Nelle farmacie, con particolare riferimento a quelle comunali, è aumentato il numero dei professionisti obiettori, che si rifiutano di dare la cosiddetta “pillola del giorno dopo”. Altri numeri ci dicono poi che in Italia gli aborti diminuiscono, il che è un bene. Viceversa, una forte sperequazione tra medici obiettori e non-obiettori, a favore dei primi, introduce delle forti criticità a cui seguono seri disagi come lunghe liste d'attesa per le pratiche chirurgiche abortive, per le quali la tempistica rappresenta spesso il confine tra legalità e bisogno psico-fisico-clinico.
ll Ministero della Salute non dovrebbe dare semplicemente dei numeri, ma interpretarli ed agire. Che gli aborti siano diminuiti è un bene, lo ripeto, ma che ci sia questa sproporzione tra medici obiettori e non, non lo è e la cosa va corretta. Si coinvolgano le università, per proporre seminari sulla materia, che incentivino giovani studenti laici a seguire la via dell’imparzialità. Si organizzino corsi e convegni negli ospedali, che aggiornino sulle nuove pratiche chirurgiche relative all’aborto e si spingano le aziende ospedaliere ad assumere medici che nel curriculum abbiano scritto: “non obiettore”. Solo in questo modo eviteremo che alle donne italiane sia negato un diritto acquisito da tempo e sancito dal legislatore.
Admin
7 agosto, 2013
Posso dire di essere un po' deluso? Il primo è un po' buttato lì, la similitudine con vegetariani e leggins ci sta e non ci sta (poi ruolo pubblico? Il cassiere di un supermercato privato?) Ci sono anche dei problemi di punteggiatura.
Il secondo è pomposo, ricco di riferimenti legali e statistiche. Come articolo andrebbe meglio, come "breve testo di circa 10 righe" no. Purtroppo, scrittore B, sei andato fuori dalla consegna (24 righe non sono circa 10).
Vince il testo A
Utente
7 agosto, 2013
Alex87 ha detto
Posso dire di essere un po' deluso? Il primo è un po' buttato lì, la similitudine con vegetariani e leggins ci sta e non ci sta (poi ruolo pubblico? Il cassiere di un supermercato privato?) Ci sono anche dei problemi di punteggiatura.Il secondo è pomposo, ricco di riferimenti legali e statistiche. Come articolo andrebbe meglio, come "breve testo di circa 10 righe" no. Purtroppo, scrittore B, sei andato fuori dalla consegna (24 righe non sono circa 10).
Vince il testo A
...e vince quindi Evil per i FAIFAI
Utente
7 agosto, 2013
Alex87 ha detto
Posso dire di essere un po' deluso? Il primo è un po' buttato lì, la similitudine con vegetariani e leggins ci sta e non ci sta (poi ruolo pubblico? Il cassiere di un supermercato privato?) Ci sono anche dei problemi di punteggiatura.Il secondo è pomposo, ricco di riferimenti legali e statistiche. Come articolo andrebbe meglio, come "breve testo di circa 10 righe" no. Purtroppo, scrittore B, sei andato fuori dalla consegna (24 righe non sono circa 10).
Vince il testo A
Sono d'accordo in tutto.
farei vincere A solo per l'ultima riga
SCRITTO A
Esercitare l'obiezione di coscienza significherebbe esprimere un giudizio negativo sulla persona con cui si stanno interfacciando.
Admin
7 agosto, 2013
Fafo ha detto
Alex87 ha detto
Posso dire di essere un po' deluso? Il primo è un po' buttato lì, la similitudine con vegetariani e leggins ci sta e non ci sta (poi ruolo pubblico? Il cassiere di un supermercato privato?) Ci sono anche dei problemi di punteggiatura.Il secondo è pomposo, ricco di riferimenti legali e statistiche. Come articolo andrebbe meglio, come "breve testo di circa 10 righe" no. Purtroppo, scrittore B, sei andato fuori dalla consegna (24 righe non sono circa 10).
Vince il testo A
...e vince quindi Evil per i FAIFAI
Quindi
TUMON 3
FAIFAI 1
Passiamo a "Lasciare l'Italia? Sì O no". Difendono le ragioni del sì Teolino e Erenj.
Utente
7 agosto, 2013
III) LASCIARE L'ITALIA PER ANDARE ALL'ESTERO A VIVERE (PER STUDIARE O LAVORARE).
Teolino vs Erenj
Favorevole, chi lascia l'Italia fa bene a farlo senza guardarsi indietro.
SCRITTO A
Mi chiamo Paolo ho 37 anni e sono un ricercatore. Fin da piccolo sognavo di entrare in un laboratorio e di mettermi al servizio della mia comunità. Ho realizzato il mio sogno... in America. Sono partito perché nessuno ha scommesso su di me. Nessuno mi ha dato la possibilità di realizzare quello per cui ho tanto studiato. L’Italia ormai è un Paese vecchio che non scommette più sui giovani, i quali non possono più permettersi di sognare un lavoro, una casa, una famiglia... in una parola il loro futuro. Che più che un sogno dovrebbe essere un diritto. Un diritto che in Italia ormai è per pochi fortunati, spesso nemmeno meritevoli, perché ormai la meritocrazia è diventata una parola vuota. Va avanti chi ha le "giuste" conoscenze e non chi ha studiato ed è preparato che, beffa delle beffe, spesso si sente pure dire che è “troppo qualificato”. Per non parlare poi dei continui tagli a quelli che sono i pilastri su cui si dovrebbe fondare una società civile. La Sanità e la Scuola che è il motore di tutto, perché è lì che si forma il futuro di un Paese. In un Paese così, dove regnano la precarietà e l'insicurezza, si può solo sopravvivere. Io ho scelto di vivere. Ho scelto di non accontentarmi e di provare a realizzare il mio sogno... e ci sono riuscito. Ho una casa, una famiglia e il lavoro che ho sempre sognato. In una parola mi sono realizzato. Ecco perché bisogna andare via dall'Italia, soffrendo sì, ma senza guardarsi indietro.
SCRITTO B
La repubblica italiana si fonda sul lavoro dice la costituzione. Ma lo garantisce? No!
La scuola e le università dovrebbero essere le porte di accesso per il lavoro, ma più che porte sono muri. Innanzitutto per entrare bisogna superare un test la cui attinenza al corso scelto è minima. A cosa serve per un medico sapere chi vince il Grande Fratello o ad un letterando sapere il funzionamento del cuore in ogni sua sfaccettatura? Insomma chi ha davvero la passione per un lavoro gli viene sbarrata la strada per conseguirlo. Con questo tipo di test passano solo i fortunati insieme a qualche raccomandato.
Non ci devono scandalizzare quindi le statistiche che ci fanno notare come molti studenti abbandonino lo studio. I pochi che riescono alla fine ad abbattere questi muri poi lavoreranno no? No!
Milioni di laureati sono a casa perché della laurea non se ne fanno proprio nulla. L'università non l'inserisce nel lavoro ma in una lista lunghissima grazie alla quale forse l'anno prima di prendere la pensione riceveranno una proposta di lavoro. Insomma il mondo italiano non è paragonabile alle altre nazioni europee, luoghi in cui tutti hanno accesso alle facoltà e i migliori vengono premiati. Vengono valutati l'impegno e nessuno viene scartato con domande fuori dal contesto.
Insomma chi cerca lavoro non cerchi l'Italia!
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