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La musica televisiva non è forse "di plastica"?
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Gabriele1
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1
25 marzo, 2018 - 22:43
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Titolo un po' strano, cercherò di esprimermi, anche se mi rendo conto che sto trattando un argomento forse troppo ostico ( come se andassi in un forum di carnivori a sponsorizzare l'essere vegetariani.)

Veniamo a noi, sarà una mia impressione ma negli ultimi anni, si è assistito ad un processo di commercializzazione estrema della musica. Se negli anni 50 - 60 - 70, i cantautori parlavano di politica, tematiche sociali e del mondo reale, siam passati lentamente ad un processo di omologazione. Questa trasformazione secondo me ha raggiunto il suo apice negli ultimi anni, dove le major fanno davvero da padrone. 

La musica che ascoltiamo è davvero un espressione artistica limpida e trasparente? Oppure è il risultato di un imbuto, filtrazione e manipolazione delle etichette? Vi pongo degli esempi, prendiamo Laura Pausini, un paio di anni fa ha dichiarato che ha dovuto minacciare di uscire dalla sua etichetta perché non le lasciavano inserire un pezzo nell'album (e non parliamo di farlo singolo perché fu categoricamente vietato, il pezzo è "inedito"). Cioè una come laura, non ha la possibilità di scegliere che musica vuole che la rappresenti. Figuriamoci tutti gli altri. Canzoni con 6-7 autori, e altrettanti compositori, dove vogliamo andare? Questa è arte? Prendiamo Alessandra (ho tutti gli album e sono andato all'ultimo live all'arena), un cd come "il mondo in un secondo", quanto si sente che non ha un anima ed è fatto di riempitivi? Quanto si sente che è un prodotto commerciale? Cioè sappiamo tutti che ha un anima black-soul, quante canzoni di questo genere ha nel suo repertorio? 3 (forse) su 80? Secondo voi è il suo volere?

 

Ora porto invece un altro mondo, quello degli artisti indie. Ecco un artista indie ha la sua etichetta indiependente e pubblica ciò che vuole, quello che sente, la propria espressione più pura. Prendiamo Calcutta, una frase come "ti spaccherò la faccia se non mi dai il cuore" o "ti ho chiesto un orgasmo profondo, forse il più profondo del mondo" potrebbero mai essere pubblicate in un album di marco mengoni? No, e non parliamo di mondi diversi, ma proprio dell'etichetta che non lo permetterebbe. Marco potrebbe mai pubblicare una canzone che parla di depressione, nichilismo o globalizzazione? No, fanno tutti canzoni generiche sull'amore, con temi generazionali. 

Ora mi chiedo, non siamo forse assuefatti da questa musica-immagine di gente completamente controllata e filtrata? Cioè anche i progetti più recenti, d'impatto e forse "genuini", non sono frutto di un piano marketing ben studiato e analizzato (guardate ad esempio francesca e annalisa, hanno dei grossi team che curano l'intera immagine e concept generale). 

 

Io inizio a sentire l'esigenza di musica più cruda, più vera, viscerale. Calcutta, brunori sas, i cani, gazzelle, motta (e moltissimi altri) non sono forse un po' di ossigeno? Vorrei aprire una piccola discussione, con nessun tono accusatorio o descriminatorio. Vorrei capire un attimo la vostra opinione in materia.

Capo Horn
Dovunque
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2
26 marzo, 2018 - 0:28
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Trovo interessante quello che scrivi Gabriele, più che altro sono sorpreso dato che recentemente riflettevo sul mondo indie e sui nuovi cantanti che si stanno affacciando su quel fillone li recentemente (Addirittura oggi su Twitter avevo letto un tweet che cadeva a Fagiolo su quello che pensavo  lol

Sono d'accordo sul pensare che il boom degli ultimi anni della musica indie/auto didattica lasci pensare un rifiuto della pubblico a quello che i media ci fanno passare come popolare e una ricerca del pubblico verso qualcosa di più vero e autentico, ma sinceramente trovo che anche quella boccata d'aria fresca sia diventata assefutante:L'indie significa per  me anche una ricerca sonora inusuale  da quello che passa in radio o una ricercatezza testuale anche più criptica afforando anche argomenti taboo. Invece mi sembra sempre più che il concetto "musica pe scopa" stia fagocitando la scena e anche le pagine facebook con le Hipster o Indie danno quella impressione.

Per il discorso della musica Pop la vedo diversamente:Penso (ma questo vale anche in generale per la scena Indie) che ci sono i cantanti che cercano ispirazioni in belle canzoni o produzioni e hanno qualcosa da dire o cantati che non ha un tubo da dire e fanno album per inerzia. Capire chi rientra in queste due categorie é puramente un gusto soggettivo.

In disaccordo totale invece per quanto riguarda le cose obbligate che le case discografiche brutte e cattive fanno fare ai propri artisti: chi urla ai "prodottini" dovrebbe anche pensare che gente come la Pausini ( @dede_91 può confermarlo) é quella che ha stracciato un contratto milionario in America perché la stavano spacciando per la cantate che non era, Mengoni quando voleva esternare la sua depressione ha lanciato "Solo 2.0" che non mi pare esplorasse canzoni amorose trite e ritrite.

I nostri cantati e ex talent preferiti sono più liberi di quello che pensiamo, se si fanno curare immagini e concept sono loro che consapevolmente lo accettano   e sempre se vogliono possono comunque rifiutare se non ci stanno. Ma questo é il mio pensiero almeno 

François
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3
26 marzo, 2018 - 0:51
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io penso che molti ex talent abbiano possibilità di scelta, prendendosi poi le dovute responsabilità (emma, chiara, giusy ferreri); con ale, annalisa, marco hanno sempre un po’ sperimentato, per poi capire quale fosse la loro vera direzione. io penso che anche ale si sia resa conto che realizzare un album black soul adesso in italia sarebbe un suicidio

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Gabriele1
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4
26 marzo, 2018 - 21:19
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Capo Horn ha detto
Trovo interessante quello che scrivi Gabriele, più che altro sono sorpreso dato che recentemente riflettevo sul mondo indie e sui nuovi cantanti che si stanno affacciando su quel fillone li recentemente (Addirittura oggi su Twitter avevo letto un tweet che cadeva a Fagiolo su quello che pensavo  lol

Sono d'accordo sul pensare che il boom degli ultimi anni della musica indie/auto didattica lasci pensare un rifiuto della pubblico a quello che i media ci fanno passare come popolare e una ricerca del pubblico verso qualcosa di più vero e autentico, ma sinceramente trovo che anche quella boccata d'aria fresca sia diventata assefutante:L'indie significa per  me anche una ricerca sonora inusuale  da quello che passa in radio o una ricercatezza testuale anche più criptica afforando anche argomenti taboo. Invece mi sembra sempre più che il concetto "musica pe scopa" stia fagocitando la scena e anche le pagine facebook con le Hipster o Indie danno quella impressione.

Per il discorso della musica Pop la vedo diversamente:Penso (ma questo vale anche in generale per la scena Indie) che ci sono i cantanti che cercano ispirazioni in belle canzoni o produzioni e hanno qualcosa da dire o cantati che non ha un tubo da dire e fanno album per inerzia. Capire chi rientra in queste due categorie é puramente un gusto soggettivo.

In disaccordo totale invece per quanto riguarda le cose obbligate che le case discografiche brutte e cattive fanno fare ai propri artisti: chi urla ai "prodottini" dovrebbe anche pensare che gente come la Pausini ( @dede_91 può confermarlo) é quella che ha stracciato un contratto milionario in America perché la stavano spacciando per la cantate che non era, Mengoni quando voleva esternare la sua depressione ha lanciato "Solo 2.0" che non mi pare esplorasse canzoni amorose trite e ritrite.

I nostri cantati e ex talent preferiti sono più liberi di quello che pensiamo, se si fanno curare immagini e concept sono loro che consapevolmente lo accettano   e sempre se vogliono possono comunque rifiutare se non ci stanno. Ma questo é il mio pensiero almeno   

Il mondo "indie" è così vasto che ti assicuro che questa fantomatica ricerca di inusualità nei testi e nei suoni e un semplice "mito". In realtà l'unica differenza tra la musica indie è non, è appunto nell'indipendenza dell'etichetta discografica. E identificare la musica indie come "musica pe scopà", è come identificare il pop in "tormentoni estivi", è solo una piccola branca.

 

Per quanto riguarda Laura, ho fatto un semplice esempio. So benissimo di quella storia (seguo pure io laura da anni), ma ovviamente in quel caso non la potevano davvero obbligare. Forse non sai che quell'occasione Laura rifiutò per non vendersi alla "dance", ma era in pubblicazione l'album "Resta in ascolto", che laura definisce come uno dei periodi più cupi della sua vita, con grosse difficoltà di ripresa. Ora, se ci pensi bene, risulta plausibile un rifiuto, visto che lei stessa si definiva "instabile" (cosa potevano fare? Obbligarla con le forze?)

Il mio discorso ovviamente era un'altro, sta proprio nell'identità del cantante nei testi e nella musica. Ricordo che all'uscita di "Vivere a colori" Alessandra (in lacrime) ringraziò pubblicamente Elisa dicendo: "grazie perché per la prima volta sei riuscita a mettere me stessa in musica". Ed è plausibile visto la grinta che alessandra ha messo in questo ultimo progetto (secondo me è visibile limpidamente da tutti).

Hai fatto bene a citare solo 2.0, il più grande flop di Marco. Se non avesse trovato il team giusto, e non avesse fatto le scelte giuste, oggi di sicuro non lo avremmo primo nella classifica ex talent perché dopo solo 2.0 era dichiarato finito. Ha cambiato strada, comunque non lo critico, tra tutti è forse quello che si è permesso di osare più di tutti (anche se un una zona di comfort zone, perché canzoni come Guerriero, Vi ho voluto bene veramente, esseri umani, parole in circolo solo tutte canzoni radiofonicamente potenti e con testi davvero universali e passatemi il termine "gigioni", ma questo non è di certo un difetto). 

 

La vera domanda qui è questa, siamo davvero certi che le scelte dei nostri cantanti preferiti siano davvero "loro", oppure passano attraverso imbuti e una marea di filtri per poter passare in radio e per poter essere un buon prodotto discografico? 

François
Utente 3xP

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26 marzo, 2018 - 21:42
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@Gabriele1 anche io ho notato laura un po’ cupa nel disco resta in ascolto. molte canzoni proprio perché mi trasmettono malinconia e angoscia non riesco ad ascoltarle, tipo dove l’aria è polvere 

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Gabriele1
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26 marzo, 2018 - 21:48
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francesco ha detto
@Gabriele1 anche io ho notato laura un po’ cupa nel disco resta in ascolto. molte canzoni proprio perché mi trasmettono malinconia e angoscia non riesco ad ascoltarle, tipo dove l’aria è polvere   

Non vorrei che il topic si incentrasse su Laura perché lei non è il punto della questione. Ad ogni modo lo dichiarò lei stessa che nel 2003-2004 passò un bruttissimo periodo (non ricordo se usò proprio la parola depressione, ma è chiaro che volesse intendere quello). Io penso che in quel caso, non si volesse comunque forzare. Ma sono comunque ipotesi inutili e per nulla fondate.

Dico solo che in generale, se a mala pena si può scegliere le canzoni in un cd, qualche problema ci deve essere.  

Edre
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26 marzo, 2018 - 22:05
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Sono d'accordo con te, la musica che ascoltiamo è davvero in minima parte espressione dell'artista in quanto tale, ma francamente penso sia una cosa coerente per la carriera stessa di un artista pop. Insomma, non stiamo qua a girarci attorno: la musica pop, popolare, è appunto creata per soddisfare il pubblico. È un genere musicale che per sua definizione deve scalare le classifiche.

Ma anche estendendo ad altri generi, il discorso non cambia. Se un artista vuole vendere, deve piegarsi ad alcune logiche di mercato, anche a costo di sacrificare una parte della sua personalità artistica (quando questa è presente, perché ad oggi nella musica italiana la vedo in qualcosa come quattro o cinque cantanti). Quando si parla di un argomento simile bisogna anche capire quale sia la direzione che l'artista vuole prendere parlando proprio di carriera in ambito musicale. Non puoi desiderare di fare i numeroni e, allo stesso tempo, riempire i dischi di brani che piacciono solo a te.

Quindi, perdonatemi ancora una volta la franchezza, quando sento parlare di artisti noti che non vogliono piegarsi alle logiche di mercato ma al contempo vendere, mi viene un po' da ridere. Poi sì, ci sono delle eccezioni, in alcuni casi la musica proposta dalle case discografiche è diametralmente opposta rispetto alla personalità dell'artista, e lì il problema è quello opposto: non si vende perché non si ha il carisma necessario nel portare avanti un progetto in cui non si crede. 

E un'ultima considerazione: è raro, se non impossibile, che un artista noto (che quindi deve vendere per non perdere la faccia) ammetta che un suo album che ha venduto parecchio sia lontano dal suo mondo. Gli album di successo saranno sempre, agli occhi del pubblico, quelli "in cui Tizio si ritrovava maggiormente". Che sia così o meno è tutto da vedere. 

Sulla musica indie non posso dire nulla, è un mondo davvero troppo vasto. Quella italiana "del momento" può avere determinate tematiche "pe scopà", ma c'è un mondo vastissimo dietro fatto da centinaia e centinaia di artisti che conoscono in quattro. Con Indie si può dire tutto o niente. Certo, il fatto che moltissimi ascoltatori di musica italiani stiano passando a questo genere indica sicuramente una falla nella musica commerciale italiana, ma è anche giusto. Stiamo portando avanti le stesse sonorità e gli stessi temi dagli anni '90, ad una certa è anche normale stancarsi. E passeremo ad altro ancora quando l'"itpop", come molti iniziano a chiamare la musica indie più nota, fagociterà il resto, e magari troveremo di nuovo una Pausini che rifiuterà di fare un brano scritto da Cosmo, chi lo sa. D'altra parte nella musica anglosassone la distanza tra musica pop e musica indie pop, così come rock e indie rock e così via, è sempre più ravvicinata. Sarà così anche in Italia. Tutte le sonorità del momento, prima di essere popolari e ascoltate da tutti, sono state per un periodo sonorità alternative.

Long story short: sì, la musica "televisiva", e quella commerciale in generale, è musica di plastica. È una cosa riluttante, sbagliatissima e contro i puri ideali di chi fa musica dal cuore? No. È musica commerciale, deve vendere, quello è il suo scopo ed è giusto che sia così. 

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Gabriele1
Utente PLATINO

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26 marzo, 2018 - 23:04
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@edre 

Davvero complimenti, fantastica analisi. Mi sento davvero di quotarti in tutto clap2

 

Mi spiace solo che non sia un argomento di ampia discussione per il forum. Sapevo fosse un argomento forse fin troppo pungente.

François
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26 marzo, 2018 - 23:11
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Edre ha detto
Sono d'accordo con te, la musica che ascoltiamo è davvero in minima parte espressione dell'artista in quanto tale, ma francamente penso sia una cosa coerente per la carriera stessa di un artista pop. Insomma, non stiamo qua a girarci attorno: la musica pop, popolare, è appunto creata per soddisfare il pubblico. È un genere musicale che per sua definizione deve scalare le classifiche.

Ma anche estendendo ad altri generi, il discorso non cambia. Se un artista vuole vendere, deve piegarsi ad alcune logiche di mercato, anche a costo di sacrificare una parte della sua personalità artistica (quando questa è presente, perché ad oggi nella musica italiana la vedo in qualcosa come quattro o cinque cantanti). Quando si parla di un argomento simile bisogna anche capire quale sia la direzione che l'artista vuole prendere parlando proprio di carriera in ambito musicale. Non puoi desiderare di fare i numeroni e, allo stesso tempo, riempire i dischi di brani che piacciono solo a te.

Quindi, perdonatemi ancora una volta la franchezza, quando sento parlare di artisti noti che non vogliono piegarsi alle logiche di mercato ma al contempo vendere, mi viene un po' da ridere. Poi sì, ci sono delle eccezioni, in alcuni casi la musica proposta dalle case discografiche è diametralmente opposta rispetto alla personalità dell'artista, e lì il problema è quello opposto: non si vende perché non si ha il carisma necessario nel portare avanti un progetto in cui non si crede. 

E un'ultima considerazione: è raro, se non impossibile, che un artista noto (che quindi deve vendere per non perdere la faccia) ammetta che un suo album che ha venduto parecchio sia lontano dal suo mondo. Gli album di successo saranno sempre, agli occhi del pubblico, quelli "in cui Tizio si ritrovava maggiormente". Che sia così o meno è tutto da vedere. 

Sulla musica indie non posso dire nulla, è un mondo davvero troppo vasto. Quella italiana "del momento" può avere determinate tematiche "pe scopà", ma c'è un mondo vastissimo dietro fatto da centinaia e centinaia di artisti che conoscono in quattro. Con Indie si può dire tutto o niente. Certo, il fatto che moltissimi ascoltatori di musica italiani stiano passando a questo genere indica sicuramente una falla nella musica commerciale italiana, ma è anche giusto. Stiamo portando avanti le stesse sonorità e gli stessi temi dagli anni '90, ad una certa è anche normale stancarsi. E passeremo ad altro ancora quando l'"itpop", come molti iniziano a chiamare la musica indie più nota, fagociterà il resto, e magari troveremo di nuovo una Pausini che rifiuterà di fare un brano scritto da Cosmo, chi lo sa. D'altra parte nella musica anglosassone la distanza tra musica pop e musica indie pop, così come rock e indie rock e così via, è sempre più ravvicinata. Sarà così anche in Italia. Tutte le sonorità del momento, prima di essere popolari e ascoltate da tutti, sono state per un periodo sonorità alternative.

Long story short: sì, la musica "televisiva", e quella commerciale in generale, è musica di plastica. È una cosa riluttante, sbagliatissima e contro i puri ideali di chi fa musica dal cuore? No. È musica commerciale, deve vendere, quello è il suo scopo ed è giusto che sia così.   

molti artisti infatti secondo me sono egoisti, tipo emma per esempio (la tiro sempre in ballo lo so) che vuole vendere cantando canzoni che al grande pubblico si è capito che non piacciono e non capisco perché continua a fare la “produttrice” e a farsi affiancare da uno che nelle sue produzioni non ha mai brillato. tutti i cantanti che hanno collaborato con lui lo hanno poi abbandonato; stessa cosa chiara che ha scelto un percorso poco immediato quando le cose potevano andare meglio visto le alte aspettative che il pubblico aveva su di lei; la stessa cosa è successa a giusy dopo il periodo del disco di cover, così a noemi nel periodo cuore d’artista, a nina zilli nel periodo frasi e fumo. io penso che sia proprio il pubblico a far capire ad un artista quale strada prendere e loro molto spesso non lo capiscono. magari ci sta sperimentare un po’ ma non esageratamente cambiando il proprio stile e poi dicendo che a loro non interessano le vendite.

Signorina Silvani
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26 marzo, 2018 - 23:33
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Ciao Gabriele, complimenti per il post.

Io ti posso rispondere per quanto riguarda Mengoni, di cui sono fan da anni e di cui conosco processi creativi che il grande pubblico (leggi i non fan) ignorano.

Partiamo da Guerriero a ritroso fino ad arrivare a Solo 2.0

Guerriero non avrebbe dovuto essere il singolo di lancio, secondo la Sony.

Guerriero è stato il singolo di lancio, secondo Marco.

Il disco doveva chiamarsi Esseri Umani e il singolo di lancio la canzone omonima. Guerriero è arrivata quando il disco era stato quasi chiuso e Marco ha ribaltato tutto, entrando in attrito con la Sony. Gli hanno rinfacciato la scelta precedente, quel Solo-Vuelta al ruedo per cui Marco ha sputato sangue, andando contro alla Sony pure in quell'occasione. Marco ha puntato i piedi e Guerriero è stato il lead single (per fortuna direi). Guerriero ha fatto scuola, in un certo senso, perchè dopo sono arrivate canzoni di altri artisti che ne richiamavano il mood. Però il rischio iniziale se l'è preso Marco.  

Solo (il singolo) non ha avuto la stessa fortuna ma era una canzone bellissima. Il guaio è stato che il disco è uscito quando Marco ormai aveva rotto il contratto con il precedente management, che gli ha boicottato ogni promozione e ogni iniziativa.

Anche con Canova non è stato facile all'inizio, si sono scontrati due caratteri forti e Marco ha sbattuto la porta del Kaneepa ancora prima di iniziare. Poi Canova lo ha richiamato e sono riusciti a capirsi.

All'interno degli album di Marco ci sono canzoni autobiografiche. Pronto a correre parla della fine del rapporto precedente con la sua manager, pure Non me ne accorgo ha lo stesso argomento. Non sono affatto canzoni d'amore, ma bisogna conoscere la storia che c'è dietro per capirlo.

Come ti senti parla di tutte le porte in faccia che Marco ha preso prima di andare ad XFactor, quando si è fatto il giro di tutte le case discografiche, che lo rifiutavano con scuse assurde (canti troppo bene, non hai una faccia da copertina, non hai lo stile emo).   

A volte le canzoni che sembrano semplici hanno una complessità profonda, che il pubblico generico non conosce.  

Aggiungo che oltre ad essere co-autore di molte canzoni, Marco è regista di tutti i suoi tour, disegna personalmente il palco, il gioco di luci, il posizionamento degli strumenti. E' ideatore di ogni suo video, da Credimi ancora a Come neve. Sono tutte idee sue, anche se nessuno mai lo dice. 

Marco ha pure una casa di edizioni di sua proprietà, la No Comment, proprietaria delle edizioni di quasi tutte le canzoni, che gestisce la sua immagine e che ha sotto contratto alcuni autori.

Il punto è che in pochi lo sanno, Marco non pubblicizza mai se stesso, al contrario ad esempio di una Emma Marrone.  

" Ah ... anche poeta ! "

Edre
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26 marzo, 2018 - 23:47
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francesco ha detto

molti artisti infatti secondo me sono egoisti, tipo emma per esempio (la tiro sempre in ballo lo so) che vuole vendere cantando canzoni che al grande pubblico si è capito che non piacciono e non capisco perché continua a fare la “produttrice” e a farsi affiancare da uno che nelle sue produzioni non ha mai brillato. tutti i cantanti che hanno collaborato con lui lo hanno poi abbandonato; stessa cosa chiara che ha scelto un percorso poco immediato quando le cose potevano andare meglio visto le alte aspettative che il pubblico aveva su di lei; la stessa cosa è successa a giusy dopo il periodo del disco di cover, così a noemi nel periodo cuore d’artista, a nina zilli nel periodo frasi e fumo. io penso che sia proprio il pubblico a far capire ad un artista quale strada prendere e loro molto spesso non lo capiscono. magari ci sta sperimentare un po’ ma non esageratamente cambiando il proprio stile e poi dicendo che a loro non interessano le vendite.  

Guarda, più che egoismo direi incoerenza. Il senso è che se vuoi avere una carriera basata solo sulle vendite, devi necessariamente piegarti alle logiche di mercato. È così, fine. Non parlerei di egoismo perché è lecito per un artista cercare di fare ciò che gli piace, ma se i suoi gusti non coincidono con ciò che le major vogliono (perché alla fine è difficile trovare situazioni simili nelle etichette indipendenti) e le radio passano, non ci si può aspettare di stare in vetta ad iTunes per settimane e sistemarti a vita con un singolo. Con questo non sto criticando nessun artista in particolare perché non so quali aspettative ci siano dietro ogni singolo progetto discografico.

Non sono d'accordo invece sul fatto che le cantanti da te indicate abbiano sbagliato a cercare di fare qualcosa di più vicino alla loro identità musicale. Non è assolutamente sbagliato, anzi, è la cosa più coerente da fare, ma bisogna essere consci del possibile risultato negativo. E questo è un problema più dei fan che degli artisti stessi.

A me sta benissimo che una Chiara (parlo di lei perché è una delle mie più grandi delusioni musicali degli ultimi anni) voglia fare la musica che preferisce, ma allora deve accettare in toto l'idea di poter avere una carriera di nicchia, mentre nei suoi album vedo sempre un incrocio disomogeneo di pezzi che potrebbero avere successo cantati con poca convinzione e brani che potrebbero davvero risaltare in un contesto più intimo, diverso dai palchi sanremesi e dai programmi televisivi. Se vuoi presentare un disco da outsider, di classe, non vai a Sanremo con un brano banale per vendere e ti giri i salotti televisivi, fai musica e basta. E questo è anche il motivo, per me, per cui abbiamo avuto dei #Chiara&NinaZilliIsOverParty e non un #NathalieIsOverParty. Chi decide di seguire la propria strada con coerenza non sbaglia mai. Probabilmente faticherà a vivere di musica, ma sarà una scelta sicuramente più seria e interessante del cercare di fare tutto e niente. Anche perché così facendo non guadagni proprio nulla, nessuno ti seguirà con convinzione perché ad ogni lavoro scontenterai la fetta di pubblico che ti apprezza in una determinata veste.

Magari questa mia visione è un po' estremista, me ne rendo conto, ma sono stufo di questi ibridi di nazionalpopolare e ricercatezza che stanno diventando tantissimi cantanti italiani. Preferisco, a questo punto, ascoltare qualcosa di puramente nazionalpopolare che sia un buon guilty pleasure o qualcosa di puramente ricercato che ti conquisti se apprezzi il genere. 

François
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26 marzo, 2018 - 23:57
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Edre ha detto

Guarda, più che di egoismo direi incoerenza. Il senso è che se vuoi avere una carriera basata solo sulle vendite, devi necessariamente piegarti alle logiche di mercato. È così, fine. Non parlerei di egoismo perché è lecito per un artista cercare di fare ciò che gli piace, ma se i suoi gusti non coincidono con ciò che le major vogliono (perché alla fine è difficile trovare situazioni simili nelle etichette indipendenti) e le radio passano, non ci si può aspettare di stare in vetta ad iTunes per settimane e sistemarti a vita con un singolo. Con questo non sto criticando nessun artista in particolare perché non so quali aspettative ci siano dietro ogni singolo progetto discografico.

Non sono d'accordo invece sul fatto che le cantanti da te indicate abbiano sbagliato a cercare di fare qualcosa di più vicino alla loro identità musicale. Non è assolutamente sbagliato, anzi, è la cosa più coerente da fare, ma bisogna essere consci del possibile risultato negativo. E questo è un problema più dei fan che degli artisti stessi.

A me sta benissimo che una Chiara (parlo di lei perché è una delle mie più grandi delusioni musicali degli ultimi anni) voglia fare la musica che preferisce, ma allora deve accettare in toto l'idea di poter avere una carriera di nicchia, mentre nei suoi album vedo sempre un incrocio disomogeneo di pezzi che potrebbero avere successo cantati con poca convinzione e brani che potrebbero davvero risaltare in un contesto più intimo, diverso dai palchi sanremesi e dai programmi televisivi. Se vuoi presentare un disco da outsider, di classe, non vai a Sanremo con un brano banale per vendere e ti giri i salotti televisivi, fai musica e basta. E questo è anche il motivo, per me, per cui abbiamo avuto dei #Chiara&NinaZilliIsOverParty e non un #NathalieIsOverParty. Chi decide di seguire la propria strada con coerenza non sbaglia mai. Probabilmente faticherà a vivere di musica, ma sarà una scelta sicuramente più seria e interessante del cercare di fare tutto e niente. Anche perché così facendo non guadagni proprio nulla, nessuno ti seguirà con convinzione perché ad ogni lavoro scontenterai la fetta di pubblico che ti apprezza in una determinata veste.

Magari questa mia visione è un po' estremista, me ne rendo conto, ma sono stufo di questi ibridi di nazionalpopolare e ricercatezza che stanno diventando tantissimi cantanti italiani. Preferisco, a questo punto, ascoltare qualcosa di puramente nazionalpopolare che sia un buon guilty pleasure o qualcosa di puramente ricercato che ti conquisti se apprezzi il genere.   

non dico che devono fare un album solo con canzoncine fatte per vendere, ma una via di mezzo si. tipo chiara poteva fare un album in stile amami con anche dei pezzi più movimentati per le radio. emma la stessa cosa, perché alla fine nonostante il suo ultimo disco non sia brutto, non penso ci siano pezzi che resteranno nel tempo come amami. e diciamo che come hai detto anche tu si tratta di incoerenza. ricordo che chiara nel 2015 disse di aver trovato finalmente la sua direzione musicale eccetera eccetera, e poi nel 2017 utilizzó più o meno le stesse parole per descrivere nessun posto è casa mia. emma poi non ne parliamo proprio, prima penso che fosse molto felice dei suoi platini e ori (chi non lo è) mentre adesso nelle interviste che fa dice che non le interessano molto??

ouro
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27 marzo, 2018 - 0:05
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Sto leggendo un po' di cose da mess

Sono in vacanza quindi mi limito a dire: ma cosa significa plastica? E come mai questa fantomatica plastica è negativa?

Io seguo il kpop che è probabilmente la musica più "catena di montaggio" del mondo, eppure sono convinto che il lavoro così certosino e sopraffino e minuzioso e imponente che c'è dietro per farla essere di plastica con la P maiuscola sia quasi un artigianato di cui apprezzare il lavoro, il concetto di lavoro proprio e la mole di lavoro.

amers

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27 marzo, 2018 - 10:26
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Gabriele1 ha detto

Il mondo "indie" è così vasto che ti assicuro che questa fantomatica ricerca di inusualità nei testi e nei suoni e un semplice "mito". In realtà l'unica differenza tra la musica indie è non, è appunto nell'indipendenza dell'etichetta discografica. E identificare la musica indie come "musica pe scopà", è come identificare il pop in "tormentoni estivi", è solo una piccola branca.

 

 

La vera domanda qui è questa, siamo davvero certi che le scelte dei nostri cantanti preferiti siano davvero "loro", oppure passano attraverso imbuti e una marea di filtri per poter passare in radio e per poter essere un buon prodotto discografico?   

Concordo sulla parte indie, infatti spesso ci son malintesi sull'uso della parola, però il panorama indie italiano ha parecchi problemi (che non affronterò ovviamente qua).

 

Sulla seconda domanda ho subito pensato a Gianluca Grignani, cantante che in passato seguivo assiduamente. Dopo il successo di Destinazione Paradiso pubblicò La fabbrica di plastica, album che io considero un capolavoro, che fu un flop in termine di vendite (e riscoperto solo dopo, amato dai "non fan" di Grignani) e il suo ex produttore disse  "È un artista finito? Non proprio, è decollato seguendo i miei consigli, poi ha voluto fare di testa sua". 

Poi i successivi lavori, escluso forse Campi di popcorn, tornano a essere filtrati. 

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