Sono stato vittima di bullismo. Io come molti. Aggressione fisica e verbale, esclusione da un gruppo, maldicenze sono le conseguenze per chi entra involontariamente a fare parte di questa relazione fatta di prepotenze ripetute, in una situazione di squilibrio di forze.
È stato un periodo difficile, che sarebbe andato meglio se avessi preso subito le giuste precauzioni. Venivo insultato e preso in giro per quello che ero, per quello che dicevo, per quello che facevo, per le mie passioni e addirittura per quelle che non le erano. Sicuramente essere il più sensibile tra i miei coetanei faceva di me il target perfetto per chi si voleva dimostrare la propria superiorità. Negli anni dell’adolescenza un bambino non ha piena consapevolezza di ciò che accade e del perché accada, pensa che ci sia sbagliato in lui e sente essere tagliato fuori dal mondo. È ingenuo e non ha la forza di confidarsi con nessuno per paura e/o per vergogna. E così taglia i ponti con tutti perché rimanere soli fa meno male che sentirsi il bersaglio quotidiano di qualcuno. Quando sei tu stesso ad allontanarti dagli altri anche gli altri sentono la necessità di allontanarsi da te, abbandonandoti. 
Ho vissuto per anni nell’indifferenza, nella diffidenza e nello sconforto, armi che apparentemente mi portavano sollievo ma che sicuramente non mettevano fine alla situazione in cui ero dentro. La mia autostima calava di giorno in giorno. Avevo timore di uscire e di trovarmi chi non volevo per strada, in piazza, al bar, al campo sportivo o addirittura vicino casa. Salivo ogni giorno sull’autobus per scuola sperando di trovare un posto lontano dalla mia fonte di tormento. È proprio su quell’autobus che un giorno avvenne la svolta.
“Smettetela, che ci sono io a difenderlo!” urlò una mia compagna seduta accanto a me quel giorno. E loro smisero. Allora iniziai a capire che il comportamento degli spettatori non è neutrale ma contribuisce al rinforzamento del bullismo, che gli spettatori e la vittima sono in superiorità numerica e possono fermare le prepotenze.
Quindi stavo sbagliando e dovevo fare qualcosa: dovevo farmi avanti, dovevo confidarmi e non dovevo lasciare passare i comportamenti prepotenti dei bulli senza intervenire. Ne parlai con i miei genitori, i quali andarono a casa dei diretti interessati per parlare con le famiglie. Da quel giorno l’agonia finì per sempre. 
Se ci fa male un dente, corriamo subito dal dentista per farci controllare e curare. Perché non funziona così quando ci troviamo davanti quel mostro chiamato Bullismo? 
Bisogna denunciare per dire basta, sconfiggere il nemico, per sopprimere il dolore, per conquistare la libertà, per avere una rivincita morale. Il bullismo è come la carie: prima la curi, prima eviti che marcisca dentro. Si deve agire subito prima che sia troppo tardi, che si compiano azioni irreversibili e irreparabili.
Bisogna educare e sensibilizzare per far conoscere, per prevenire e per instaurare la cultura del rispetto. Solo così si può garantire ai prossimi un futuro più sereno. Sappiamo che il bullismo è sempre esistito ma questa non è una buona ragione perché debba esistere per sempre.
Quindi sì, gli episodi di bullismo mi hanno segnato e qualche volte, a distanza di anni, ne intravedo le conseguenze nel mio carattere.
Quando penso alla mia adolescenza mi viene solo da dire: se solo avessi parlato.

Voglio lasciarvi con questo video che poco tempo fa diventò virale sui social. Vale la pena vederlo.