amers ha detto
Visto che il GC è finito (le domande di Alex mi hanno ricordato il mio primo gioco su RH) ne approfitto per far una domanda che mi è venuta in mente stamattina 😀 

Per chi sta ancora studiando: avete già le idee chiare per il vostro futuro? Sapete già cosa vorreste fare "da grandi"? 

Invece per chi lavora: siete soddisfatti di ciò che fate?  

Ho spiegato poche pagine fa il mio ramo "particolare" di studi, quindi sapete già di cosa mi sto occupando. Ci ho messo un po' a trovare qualcosa che mi piacesse e soprattutto stimolasse. Ho fatto la triennale in università molto buona, una delle più rinomate in Italia, ma mi ha parecchio demoralizzato, perché sentivo che certi argomenti erano parecchio distanti dai miei interessi. Inoltre i professori, l'istituzione e l'ambiente incentivavano la già presentissima (tra gli alunni) competizione. Insomma un incubo.

Finalmente ho trovato invece uno studio che mi stimola, in un ambiente molto ristretto, dove anche i rapporti umani hanno un ruolo fondamentale, dove non sei un numero e dove i tuoi compagni cercano comunque di collaborare e non di mettere i bastoni tra le ruote. 

Il ramo assicurativo mi appassiona tantissimo, lo trovo intrigante e criptico. L'idea di poter fare un lavoro anche ingegnoso, dove la mia idea possa contare e non debba svolgere per una vita una mansione meccanicamente è un punto in più. Infine, può sembrare la frase di un malato mentale, ma pensare di stare a braccetto con la matematica e la statistica per tutta la vita mi rende felicissimo

amers ha detto

Essere solo un numero è stata la parte peggiore del periodo universitario :/

Lati hai mai visto π - il teorema del delirio?  

No, non ne sapevo nemmeno l'esistenza, perché in realtà non ho mai cercato questo genere di film. Ho però appena letto la trama e sembra super interessante.

Per quanto riguarda l' "essere un numero" per me è stato davvero svilente. Io, nonostante abbia una mentalità da metropoli, venivo da una città piccola, dove nel bene e nel male tutti si conoscono. Ho vissuto serenamente le superiori e, avendo un carattere fin troppo estroverso, ho sempre avuto un rapporto super naturale con gli insegnanti, tanto che ho il numero di alcuni di loro e mi capita che mi scrivano. Essere catapultati in un'università dove l'insegnante non sa nemmeno riconoscere il viso del ragazzo a cui ha parlato due secondi prima, mi ha spiazzato.
Ancor più delle essere considerato un numero trovo inadeguata la freddezza del rapporto insegnante-alunno. Io sono fermamente convinto che il rapporto umano, il saper trattenere un dialogo, l'essere in grado di collaborare, al giorno d'oggi serva più di ogni altra cosa. Purtroppo invece, facendo anche ripetizione a ragazzini, mi accorgo di quanto questo venga a mancare già dalle basi (famiglia, scuola,...) e decidere di abbandonarlo del tutto nel periodo finale degli studi, quello antecedente al lavoro, non so quanto possa realmente essere proficuo.