Utente
28 maggio, 2018
Sta per scoppiare un nuovo caso analogo che io personalmente ritengo ancora più grave.
Ieri una nave della Marina Militare statunitense si è fortuitamente imbattuta nell'ennesimo naufragio a largo delle coste libiche. Gli americani sono riusciti a trarre in salvo 41 superstiti e hanno identificato 12 cadaveri, che però hanno dovuto lasciare in mare a causa della mancanza di celle frigorifere.
Successivamente è stata contattata la nave di salvataggio più vicina, la Sea Watch (Ong tedesca battente bandiera olandese che Salvini aveva già minacciato in un suo post) chiedendo il trasbordo dei migranti superstiti. La nave della Ong si è dunque avvicinata al luogo del salvataggio dichiarandosi disposta al trasbordo a patto che prima le venisse assegnato un porto sicuro vicino (non essendo una nave in grado di effettuare viaggi lunghi come l'Aquarius). Il centro di coordinamento di Roma ha ribadito che non avendo coordinato il salvataggio e trattandosi di una Ong, lo sbarco in un porto italiano è precluso. In questo caso tuttavia le operazioni di salvataggio non sono state coordinate da nessuno.
Stessa risposta ha ricevuto la nave della Marina statunitense che ora si trova a vagare nel Mediterraneo senza una meta. 12 cadaveri sono invece in fondo al mare.
Utente
26 gennaio, 2018
Davide ha detto
Sta per scoppiare un nuovo caso analogo che io personalmente ritengo ancora più grave.Ieri una nave della Marina Militare statunitense si è fortuitamente imbattuta nell'ennesimo naufragio a largo delle coste libiche. Gli americani sono riusciti a trarre in salvo 41 superstiti e hanno identificato 12 cadaveri, che però hanno dovuto lasciare in mare a causa della mancanza di celle frigorifere.
Successivamente è stata contattata la nave di salvataggio più vicina, la Sea Watch (Ong tedesca battente bandiera olandese che Salvini aveva già minacciato in un suo post) chiedendo il trasbordo dei migranti superstiti. La nave della Ong si è dunque avvicinata al luogo del salvataggio dichiarandosi disposta al trasbordo a patto che prima le venisse assegnato un porto sicuro vicino (non essendo una nave in grado di effettuare viaggi lunghi come l'Aquarius). Il centro di coordinamento di Roma ha ribadito che non avendo coordinato il salvataggio e trattandosi di una Ong, lo sbarco in un porto italiano è precluso. In questo caso tuttavia le operazioni di salvataggio non sono state coordinate da nessuno.
Stessa risposta ha ricevuto la nave della Marina statunitense che ora si trova a vagare nel Mediterraneo senza una meta. 12 cadaveri sono invece in fondo al mare.
Grazie Davide, non l’avevo letta questa. È una situazione senza senso.Visto che mi sembri competente e informato, pensi si rischino sanzioni dal momento che del diritto internazionale e della tutela/salvataggio dell’altro ce ne stiamo barbaramente disinteressando anche quando sarebbe di nostra competenza?
Utente
7 agosto, 2013
Comunque il partito populista della Baviera, una sorta di lega nord tedesca, che è al governo con la Merkel e la spd e che ha il ministro dell interno come esponente di spicco nell'esecutivo, fa una politica pari pari se non peggio a quella di Salvini.
In Europa non si salva nessuno.
Che mestizia
Utente
26 gennaio, 2018
Gennj931 ha detto
Comunque il partito populista della Baviera, una sorta di lega nord tedesca, che è al governo con la Merkel e la spd e che ha il ministro dell interno come esponente di spicco nell'esecutivo, fa una politica pari pari se non peggio a quella di Salvini.In Europa non si salva nessuno.
Che mestizia
Purtroppo è così, ieri ho letto questo articolo sull’Avvenire https://www.google.it/amp/s/www.avvenire.it/amp/attualita/pagine/parigimadrid-laccoglienza-che-fa-acqua. Con le barriere antimigranti della Spagna sono morti più di 4 mila persone. È una situazione drammatica di cui non si può più far finta di niente e le responsabilità son diffuse.
Utente
28 maggio, 2018
Fedesc ha detto
Grazie Davide, non l’avevo letta questa. È una situazione senza senso.Visto che mi sembri competente e informato, pensi si rischino sanzioni dal momento che del diritto internazionale e della tutela/salvataggio dell’altro ce ne stiamo barbaramente disinteressando anche quando sarebbe di nostra competenza?
Grazie per la domanda, ho la fortuna di poterti rispondere dato che proprio questa mattina ho letto un'intervista di Repubblica a Fulvio Vassallo Paleologo (giurista e professore di Diritto dell'asilo all'Università di Palermo) su questo argomento.
Il Professore sostiene che per il momento non si profila una violazione del codice penale ma sicuramente è stato commesso un illecito amministrativo e internazionale.
L'azione del Governo equivale al respingimento di migranti irregolari dal territorio italiano al territorio spagnolo. Si tratta di una macroscopica violazione dell'articolo 19 del Testo unico sull'immigrazione in vigore in Italia: donne incinte e minorenni non possono mai essere respinti.
Secondo il Professore questo principio vale anche se non c'è stato alcun ingresso fisico dentro i nostri confini perché le motovedette che li hanno recuperati in mare, per poi trasbordarli sulla Aquarius, appartengono alla nostra Capitaneria. Battono bandiera italiana, quindi formalmente sono territorio italiano. L'Italia diventa così paese di primo ingresso e ne assume la giurisdizione. A maggior ragione ora che hanno spostato 400 migranti dell'Aquarius sulla Orione della Marina e sulla Dattilo della Guardia Costiera. In teoria, se chi si trova a bordo di queste due navi chiedesse l'asilo il comandante dovrebbe riportarli in Italia.
Infine l'Italia rischia di finire anche davanti al Tribunale internazionale all'Aja, se il trattamento inflitto ai migranti dell'Aquarius, minorenni e maggiorenni, violi diritti fondamentali della persona riconosciuti dai Trattati. In questo caso si andrebbe su violazioni penali ma per il momento non sembrano esserci gli estremi.
Ho riassunto il contenuto dell'intervista, che era più lunga, cercando di conservare le parole del Prof. Vassallo.
Utente
28 maggio, 2018
Fedesc ha detto
Con le barriere antimigranti della Spagna sono morti più di 4 mila persone. È una situazione drammatica di cui non si può più far finta di niente e le responsabilità son diffuse.
Spagna, Italia e Grecia sono le 3 nazioni di frontiera dell'Europa verso cui è realisticamente possibile lo sviluppo di flussi migratori dall'Africa. Le altre nazioni Europee sono troppo distanti per essere raggiunte via mare dai migranti. Quindi tutte le possibili misure dell'UE devono tener conto del ruolo di primissimo piano di questi 3 Stati, i quali tuttavia oggi vivono situazioni diverse tra loro.
La Spagna, come ricordato da @Fedesc, ha sostanzialmente risolto l'immigrazione illegale e il contrabbando dal Marocco costruendo questa barriera alta 3 metri con sensori acustici e visivi, oltretutto costantemente vigilata. Il costo è stato di 30 milioni di euro forniti interamente dalla Comunità Europea. Si trova in Marocco e la sua realizzazione è ovviamente frutto di accordi economici tra la Spagna e il Marocco, che essendo una monarchia ha una stabilità politica ben diversa dalla Libia.
La Grecia solo pochi anni fa è stata al centro della cronaca per i numerosissimi sbarchi che avvenivano sulle sue isole. I migranti che giungono in Grecia seguono, tuttavia, una rotta differente da quella libica, la rotta balcanica che porta sostanzialmente profughi siriani dalla Turchia all'Europa. A partire dal 2016 la rotta balcanica è stata chiusa grazie all'accordo stipulato dall'UE con il governo Turco di Erdogan, che sicuramente non è uno stinco di santo. L'accordo si basa su 5 punti:
- I migranti sulla rotta balcanica, di qualsiasi nazionalità (ricordo che sono principalmente siriani), saranno rimandati in Turchia se non presenteranno domanda d’asilo presso le autorità greche.
- Per ogni profugo siriano che viene rimandato in Turchia dalle isole greche un altro siriano verrà trasferito dalla Turchia all’Unione europea attraverso dei canali umanitari. In particolare la Germania sta accogliendo il maggior numero di siriani tra i paesi dell'UE.
- Liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, che potranno quindi entrare liberamente nell'Unione Europea anche se la Turchia non ne fa parte.
- Aiuti economici dell'UE alla Turchia pari a 3 miliardi all'anno. Quelli del 2018 saranno versati solo dopo che i precedenti siano stati spesi tutti
- L'impegno degli Stati europei a favorire l'entrata della Turchia nell'Unione Europea.
L'Italia è quindi l'ultimo dei 3 paesi a non aver ancora risolto in maniera stabile l'emergenza immigrazione. L'azione dell'ex ministro Minniti era proiettata ad una risoluzione del problema in modo analogo a quanto fatto dalla Grecia, con tutte le dovute differenze data l'enorme instabilità politica della Libia. I risultati fino ad oggi danno ragione ad un approccio di questo tipo, tuttavia garantire l'incolumità di queste persone che tentano di partire dalla Libia, dal Marocco o dalla Turchia è ben altra cosa. Ancora oggi in nessuno di questi Paesi si può esser certi di una gestione dei flussi che non violi i diritti umani.
Utente
28 maggio, 2018
Gennj931 ha detto
Non è che non si può essere certi, in Libia i campi di concentramento e di tortura sono CERTISSIMI
Con l'espressione "non si può essere certi" intendevo dire che non si hanno gli strumenti necessari per evitare che avvenga.
Anche i morti sulla barriera in Marocco e la riduzione in schiavitù dei siriani in Turchia sono fatti "certissimi".
Utente
2 marzo, 2014
Meteo in peggioramento: onde alte 4 metri e vento a 35 nodi fino a giovedì. Molte persone sulla #Aquarius hanno mal di mare e vengono assistite.
È un nuovo calvario per i 630 naufraghi dopo la #Libia, l’angoscia a bordo di barconi e 4 giorni trascorsi sul ponte di una nave. pic.twitter.com/Rf5bNAr0vr
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 13, 2018
🔴UPDATE “Mi gira la testa, continuo a vomitare, è difficile“ dice un sopravvissuto. Ieri sera gli uomini ancora su ponte esterno di #Aquarius sono stati trasferiti all'interno al sicuro e hanno ricevuto cure per mal di mare. La strada per #Valencia è ancora lunga e difficoltosa pic.twitter.com/kt9tvmAHc8
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 14, 2018
🔴 Update #Dattilo, la nave di Guardia costiera italiana che guida il nostro convoglio, ha deciso di cambiare rotta. #Aquarius proseguirà lungo costa orientale #Sardegna per ripararsi da maltempo altrimenti insopportabile per persone a bordo, esauste, scioccate e con mal di mare pic.twitter.com/8ek3l8QpXh
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 14, 2018
Il meteo è peggiorato, ci sono onde altissime e le tre navi si sono separate...
Utente
2 marzo, 2014
Gennj931 ha detto
Non si sono separate, hanno cambiato rotta su decisione della nave alla guida.Praticamente ci hanno messo di meno la Nina la pinta e la Santamaria ad arrivare a San salvadòr
Non fanno più la stessa rotta, quindi si sono separate
Ci mettono il tempo che ci vuole, sono previsti 4 giorni di navigazione e quattro giorni ci metteranno. E di certo il mal tempo e le onde alte non li aiutano ad arrivare prima...
Utente
2 marzo, 2014
La nave Aquarius è arrivata a Valencia, l’odissea (almeno quella in mare) di queste persone finalmente è finita!
🔴 UPDATE In attesa che lo sbarco della nave #Dattilo nel porto di #Valencia sia completato, i team di @SOSMedItalia e @MSF_Sea spiegano ai naufraghi cosa accadrà nelle prossime ore.#TogetherForRescue #HumanityAtSea pic.twitter.com/gGk3IR9VOo
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
"La nave #Aquarius sta per arrivare a #Valencia dopo un viaggio durato 9 giorni e per almeno altre due settimane sarà fuori dalla zona di soccorso, con il rischio di nuovi evitabili naufragi nel #Mediterraneo. Inaccettabile." @claudialode, presidente MSF dal porto di #Valencia pic.twitter.com/3QGEVNhuQ6
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
#Aquarius sta per entare nel porto di #Valencia. Le persone a bordo cantano, dopo aver sopportato questo lungo viaggio con dignità e pazienza. I loro canti si sentono fino al molo!#gioia #umani pic.twitter.com/lMZzDMQNwv
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
Utente
2 marzo, 2014
Tutte le balle che ci hanno raccontato sul caso Aquarius
Salvini, Toninelli, Di Maio, Conte, l'ambasciatrice di Malta: il caso Aquarius è stato un incredibile festival della propaganda politica. Bufale, falsità e balle che hanno contribuito a restituire una percezione distorta dei fatti e hanno reso indistinguibile la realtà dalla propaganda politica, per una delle pagine più nere della storia recente del nostro Paese.
Alla fine, i 629 migranti a bordo della Aquarius saranno accolti in Spagna, dove potranno fare richiesta di asilo o di altro tipo di protezione internazionale. Ci piacerebbe dire che, in fondo, la sicurezza delle persone è l’unica cosa che conta e che dunque è importante che tutto si sia risolto per il meglio, ma non è così. Perché ciò che è avvenuto in questi giorni rischia di essere un precedente gravissimo, oltre che l’ennesimo tassello al muro di odio, insofferenza e paura che abbiamo eretto nei confronti di coloro che si mettono in viaggio e attraversano il Mediterraneo alla ricerca di una vita migliore. Un muro eretto, peraltro, grazie a balle, falsità, ricostruzioni forzate, correlazioni inesistenti e proposte farsesche, che sono penetrate nel dibattito pubblico finendo per condizionarlo inesorabilmente.
Cominciare dall’inizio non è semplice, perché il caso Aquarius si inserisce in una dinamica complessa, con la ripresa di consistenti partenze dalla Libia che ha impegnato (e sta impegnando ancora) la nostra Guardia Costiera dopo un periodo di relativa tranquillità. Gli accordi presi dal governo Gentiloni e dall'allora ministro degli Interni Minniti, infatti, avevano determinato un nuovo "attivismo" della Guardia Costiera libica, che si era occupata della propria "area SAR" (peraltro la questione dell'autoproclamazione dell'area SAR da parte dei libici è spinosa) e sostanzialmente aveva rallentato in modo consistente il flusso dei gommoni verso l'Italia. Le partenze, però, non si erano interrotte e i trafficanti avevano utilizzato la rotta tunisina, meno affollata, certo, ma non meno problematica per gli operatori della Guardia Costiera e della Marina militare italiana.
I viaggi in mare verso il nostro paese non si sono mai fermati, dunque, ma il calo è stato drastico: al 12 giugno i migranti sbarcati sono stati 14:330, con un calo del 76,8% rispetto al 2017 (61.799) e del 72,37% rispetto al 2016 (51.863). Dati che evidentemente sconfessano la logica dell’emergenza, bufala che è ancora più clamorosa se si considera il dato “globale”, relativo cioè agli ingressi nel continente europeo dal Mediterraneo. I dati ufficiali sono chiarissimi:
La lettura della situazione italiana come “emergenziale” non è solo sbagliata, ma è anche fuorviante se riferita alla pressione migratoria sulle altre nazioni. Non è vero che il problema sbarchi riguardi solo l’Italia, non è vero che siamo i soli a farci carico dell’assistenza ai profughi, non è vero che Spagna e Grecia non siano nella stessa situazione.
Cosa è successo con la nave Aquarius
La ricostruzione della vicenda l’ha fatta Matteo Salvini al Senato. E conviene attenersi a quella, per cominciare. Il ministro dell’Interno, riferendosi al 9 giugno, parla di “sei eventi distinti per i quali il centro di coordinamento delle capitanerie di porto con sede a Roma ha ricevuto le prime richieste di soccorso”; gli eventi si sarebbero verificati “all'interno dell'area di responsabilità dichiarata della Libia” e dunque il MRCC di Roma (il Maritime Rescue Coordination Centre, ovvero l'organo che gestisce e sovrintende a tutte le operazioni) prova a “interessare l'autorità libica”. Ufficialmente c’è un primo punto essenziale da considerare: i salvataggi sono stati effettuati nell’area SAR della Libia, non in quella di competenza maltese o italiana. Cade uno dei primi pilastri della ricostruzione “filo-governativa”, che parlava di salvataggi nell’area SAR di Malta, che dunque non potessero avere come altra destinazione che i porti dell’isoletta.
[Qui occorre fare una piccola parentesi: la polemica nei confronti del governo di La Valletta è giustificatissima in linea di principio, considerato che Malta spesso e volentieri nega l'accesso nei propri porti alle navi che trasportano migranti, che nella propria gigantesca area SAR non opera praticamente mai e che il proprio apporto in termini di salvaguardia delle vite in mare è praticamente nullo.]
Torniamo ai fatti. Dopo le richieste di soccorso, il MRCC di Roma contatta la Libia (che ha ratificato la Convenzione di Amburgo e come detto ha dichiarato la propria area SAR, sia pure ancora non riconosciuta), che fa sapere di non voler intervenire. Questo capitava sempre in passato e con meno frequenza negli ultimi mesi, dopo gli sforzi del Governo Gentiloni per aiutare la Guardia Costiera libica (con fondi e mezzi) e dopo gli accordi presi da Minniti. A quel punto, il MRCC parla con Malta, in quanto, lo dice sempre Salvini, “centro di coordinamento e di soccorso responsabile per l'area immediatamente limitrofa a quella degli eventi”. I maltesi se ne fregano, per mancanza di mezzi o, più semplicemente, perché la richiesta di soccorso non è arrivata a loro ma a Roma e l’area non è di loro competenza.
Come funziona "normalmente" e dunque cosa accade quando è Roma a effettuare tutte le operazioni lo spiegavano fonti ufficiali della Guardia Costiera Italiana nell'era pre-Minniti: "La scelta del porto di sbarco compete al MRCC, ma è fatta d’intesa col ministero dell’Interno, anche in relazione alle necessità del luogo e delle forze di polizia, della magistratura eccetera […] Se coordiniamo noi le operazioni in mare, l'MRCC stabilisce il punto di sbarco nel nostro Paese. Se invece è una ONG a prestare soccorso, decide il comandante dell'unità, che risponde però del proprio Stato di bandiera o all'MRCC da cui è coordinato […] Nei confronti della Libia vige il principio del non respingimento (no refoulement), perché la Libia non è posto sicuro e non ha recepito la Convenzione di Ginevra, dunque non si possono riportare le persone soccorse in Libia”.
Escludendo la possibilità di lasciar morire centinaia di persone in mare, il MRCC di Roma fa la sola cosa possibile: prende in mano la situazione. E agisce secondo una prassi consolidata, perfettamente rispondente alle regole di ingaggio della missione Themis. Vengono mobilitate 3 motovedette d’altura di stanza a Lampedusa e si chiede aiuto anche a un mercantile che si trovava nelle vicinanze. Le condizioni del mare sono buone, come si può verificare qui, tanto che le operazioni di soccorso vengono compiute con una certa rapidità. Tutto viene coordinato dal MRCC di Roma, che decide anche “i movimenti” delle imbarcazioni coinvolte e dispone che circa 400 persone debbano essere trasbordate dalle motovedette italiane alla Aquarius. Lo fa perché Aquarius è un rimorchiatore in grado di sostenere una pressione di questo tipo, una nave attrezzata e in grado di fornire assistenza sanitaria, grazie alla presenza di un presidio di Medici Senza Frontiere. È questo un punto che Salvini omette completamente nella sua ricostruzione al Senato, ma è invece essenziale: circa 400 dei 629 migranti totali sono caricati sulla nave della ONG per decisione del MRCC di Roma.
Perché questa omissione? Beh, pare chiarissimo: perché una cosa è dire che la ONG losca e cattiva ha caricato 629 persone nel suo servizio di taxi del mare e vuole portarle in Italia chissà per quale scopo; altra cosa è dire che la ONG è stata di enorme aiuto alle autorità italiane, con cui ha lavorato per mettere in sicurezza 629 persone.
Ma andiamo avanti, perché siamo solo all’inizio di questa incredibile storia. A questo punto, Aquarius comincia a navigare verso Nord, tra l’altro a favore di vento, e arriva nell’area di Search and Rescue maltese. In base alla Convenzione di Amburgo, il MRCC di Roma chiede a Malta di fornire una destinazione di porto sicuro, La Valletta risponde picche. Perché? Qui entra in gioco una prassi che non sembra essere cambiata quando da Triton si è passati a Themis, che ha regole d’ingaggio secondo cui, semplificando, Malta avrebbe dovuto aprire i porti. Il governo maltese spiega che il salvataggio è stato effettuato da autorità italiane, coordinato da autorità italiane e dunque la destinazione non possa essere che un porto italiano.
Poi entra in gioco Matteo Salvini. Come vi abbiamo raccontato, la sera del 10 giugno il ministro dell'Interno, di concerto col ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, invia una lettera urgente al governo maltese con la quale intima di concedere l'ingresso nei propri porti alla nave Aquarius della ONG SOS Mediterranee, spiegando che se Malta non accetterà di prestare accoglienza ai migranti, non saranno fornite soluzioni alternative, ovvero non sarà consentito l'ingresso nei porti italiani alla nave della ONG. La lettera di Salvini non ha nessun valore legale, Malta sostanzialmente fa spallucce e anzi rivendica di aver sempre rispettato le norme, il solo effetto che ottiene è quello di mettere il MRCC di Roma in una situazione di enorme difficoltà. Cosa fare adesso? Prendere tempo, certo, ma fino a quando?
Anche perché Salvini e Toninelli stanno giocando una partita tutta politica, ma al MRCC sanno benissimo che "chiudere i porti" non è una opzione e costituisce una violazione non solo della prassi, ma anche di trattati e convenzioni. Se in linea di principio uno Stato può chiudere i porti a navi stranieri per motivi di "sicurezza nazionale", non potrebbe più farlo per navi in "distress", ovvero in grave pericolo. Il diniego all’apertura dei porti per navi in difficoltà, in particolare, potrebbe costituire una violazione degli obblighi derivanti dalla Convenzione europea dei diritti umani, di proteggere la vita (art. 2 CEDU) e l’integrità fisica e morale (art. 3 CEDU) delle persone a bordo della nave. Inoltre, come ricorda il Corsera, il rifiuto, aprioristico e indistinto, di far approdare la nave in porto comporta l’impossibilità di valutare le singole situazioni delle persone a bordo, e viola il divieto di espulsioni collettive previsto dall’art. 4 del Protocollo n. 4 alla CEDU (lo studio dei professori De Sena e De Vittor chiarisce perfettamente il quadro normativo). Al MRCC lo sanno e nessuno vuole prendersi responsabilità che poi porterebbero direttamente a procedimenti penali. Prendono tempo, ma fino a quando?
Il braccio di ferro con Malta e la decisione di Sanchez
In quelle ore, l'Italia e Malta si stanno esponendo a contestazioni circa la violazione di diversi articoli CEDU, essenzialmente dei diritti umani. Salvini, nelle sue dichiarazioni del momento, parla genericamente di "verifica sulla giurisprudenza" e non c'è alcuna certezza che l'Italia stia agendo nel rispetto di leggi e trattati internazionali. La sua, del resto, è una battaglia politica. Fatta sulla pelle di 629 persone, possiamo aggiungere. Salvini si trascina dietro anche Toninelli, che sarebbe il vero ministro competente su gestione porti e lavoro della Guardia Costiera, ma sostanzialmente si adegua senza fiatare alla linea imposta dal segretario leghista. Toninelli, oltre a qualche supercazzola ("Non è detto che il posto in cui debbano sbarcare sia un porto, può essere una nave"), darà poi una incredibile spiegazione rispetto alla "minaccia di chiudere i porti". Dice Toninelli in una intervista al Corriere della Sera:
Abbiamo fermato Aquarius in acque maltesi in attesa della risposta di La Valletta alla nostra richiesta di accogliere la nave nei loro porti e per capire se il comandante della Ong avesse o meno fatto rotta verso Malta anche dopo la dichiarazione di disponibilità dell’ambasciatrice maltese
A cosa fa riferimento Toninelli? Davvero c'è stata una "dichiarazione di disponibilità" da parte dell'ambasciatrice maltese? Probabilmente il ministro per le Infrastrutture è uno dei tanti caduti in una topica clamorosa, circolata tantissimo sui social network in questi giorni. In una intervista a TgCom24, l'ambasciatrice Frazier dice che Malta ha autorizzato via mail e via telefono il capitano della nave a sbarcare nei propri porti, ma afferma che quest'ultimo abbia rifiutato la proposta adducendo come scusa le avverse condizioni meteo. Sarebbe clamoroso, in effetti. Il punto è che Frazier non si riferisce alla nave Aquarius, ma a un'altra nave la Seefuchs e a un'altra vicenda, su cui la procura di Reggio Calabria sta indagando. Sapete come facciamo a saperlo? Semplice: lo dice la stessa ambasciatrice, nella stessa intervista spacciata come "prova inconfutabile" del comportamento truffaldino delle ONG. Basta ascoltare:
Ora, che il ministro dei Trasporti non riesca a distinguere fra due vicende diverse, di due distinte imbarcazioni, è abbastanza preoccupante. Ma andiamo avanti, perché la vicenda è comunque molto interessante. Salvini al Senato fa il punto sulle concitate ore che seguono il diktat italiano.
Spiega il ministro dell’Interno:
Nelle prime ore della notte dell'11 giugno, il comandante della nave comunicava al centro di coordinamento di Roma il peggioramento della situazione sanitaria, nonché lo scarseggiare di risorse alimentari. Ancora sollecitati nella mattinata dell'11 giugno, con una comunicazione ufficiale al centro di coordinamento di Roma, Malta negava la propria competenza sull'evento in questione: se ne fregava. In attesa di determinazioni in merito all'individuazione di un porto sicuro di sbarco (POS), la nave Aquarius, che stazionava nella zona di ricerca e soccorso maltese, è stata costantemente affiancata da motovedette della Guardia costiera italiana, con personale medico imbarcato per fornire eventuale assistenza sanitaria. È stata altresì rifornita delle derrate alimentari e di quant'altro necessario per tutte le persone a bordo.
Dunque, l'Aquarius fa ancora due tentativi per sbarcare il prima possibile, a Malta. Lo fa il MRCC seguendo un'altra prassi, che ci spiegano direttamente fonti della Guardia Costiera: lo "stato di necessità" è una condizione che dovrebbe determinare l'immediato soccorso da parte delle autorità (maltesi in questo caso) ed è una discriminante di fronte alla quale cade ogni resistenza (non stiamo parlando della situazione di "distress"). I reiterati tentativi di sbarcare a Malta basterebbero a sgonfiare anche un'altra delle mongolfiere della propaganda cattivista: le ONG che hanno il "compito" di portare i migranti sempre e per forza in Italia, in ottemperanza a piani nascosti, complotti segreti e strategie pluto-mondialiste. Una narrazione fatta propria anche da Salvini, che al Senato cita i finanziamenti di Soros alle ONG, tra un tripudio di applausi. Nel frattempo si era manifestata anche la meteora Conte: il Presidente del Consiglio aveva provato ad attribuirsi l'invio di "medici e personale sanitario" e pochi minuti dopo qualcuno su SkyTg24, guardando il solito MarineTraffic, aveva anche avvistato "la nave di Conte" dirigersi a tutta velocità verso l'Aquarius. Come confermato da Salvini, anche in questo caso la realtà dei fatti è diversa: a bordo della nave della ONG c'è sempre stato il presidio di MSF e, in ogni caso, la nostra Guardia Costiera ha sempre seguito molto da vicino ciò che stava succedendo sulla Aquarius.
Ma arriviamo al momento centrale dell'intera vicenda: la disponibilità manifestata dal neo-premier spagnolo Sanchez di far sbarcare a Valencia i 629 migranti, destinati poi ai centri di accoglienza della Spagna.
L’apertura di Sanchez consente di individuare una via di uscita dalla crisi e viene interpretata da analisti, commentatori e sostenitori del governo come un “successo senza se e senza ma” di Matteo Salvini. Il quale rincara la dose, augurandosi che da quel momento in poi anche altri stati europei facciano altrettanto e aiutino l’Italia; il ministro aggiunge che la Spagna (nel 2018 interessata da arrivi paragonabili a quelli italiani) ospita solo 16mila migranti, nulla in confronto ai 170mila nelle strutture di accoglienza del nostro Paese. È un profluvio di “l’Italia è stata lasciata sola”, tesi peraltro giustificata (parzialmente, considerato il supporto economico diretto e la flessibilità in materia di bilancio concessa negli ultimi anni), che diventa però un grimaldello con il quale forzare ogni resistenza ulteriore. Una partita politica, giocata peraltro a colpi di propaganda e sulla pelle di centinaia di persone, viene venduta come una “vittoria”, ma le questioni sono ancora tutte sul tappeto. E sono complesse, non liquidabili con uno slogan, con la scemenza del “farsi rispettare in Europa”.
Dublino, la relocation e la congiura contro l’Italia
Prima di andare avanti col nostro racconto dei fatti, bisogna fare un breve inciso sui negoziati europei e sulla vera partita politica che il Governo dovrà giocare, si spera senza mettere sul piatto della propria bilancia la vita di centinaia di persone. Come noto, da tempo si discute della riforma del trattato di Dublino e tutte, ma proprio tutte, le forze politiche italiane sono d’accordo nell’individuare nelle norme in vigore il primo problema del nostro Paese. Il punto è che riformare il trattato non è semplice, perché, come ben spiegato su OpenMigration) in Europa ci sono due blocchi contrapposti: “Chi per il principio di solidarietà chiede la ripartizione di richiedenti asilo e rifugiati fra tutti i paesi secondo un sistema di quote; e i fautori della linea dura, che invece puntano sull’esternalizzazione delle frontiere e un coinvolgimento dei paesi soltanto finanziario”. L’ultimo recente tentativo di riforma è praticamente naufragato, nonostante un primo via libera dal Parlamento europeo. Contro si è espressa anche l’Italia, perché, ha spiegato Salvini, “vogliono appesantire i Paesi del Mediterraneo, come Italia, Cipro Malta, Spagna, ulteriormente dandoci migliaia di migranti per dieci anni”. Una posizione sostenuta anche dal M5s, secondo cui con la riforma “in Italia resterebbero comunque tutti i migranti economici” (in realtà la distinzione tra aventi diritto alla protezione internazionale e migranti economici avviene al termine della procedura, quando cioè il richiedente asilo è già stato trasferito in un altro stato, ma questo l’eurodeputata Ferrara lo omette scientemente).
La proposta, che certamente è perfettibile, avrebbe però permesso di superare agevolmente il principale “problema” italiano: ovvero la norma che impone che la richiesta di asilo debba essere fatta nel Paese di primo approdo. E avrebbe anche messo a regime il sistema delle quote:
“Per ogni paese Ue si calcola una quota di rifugiati da accogliere in base a Pil e popolazione. La lista comprende quindi i quattro paesi con il numero più basso di richiedenti rispetto alla propria quota. Se il richiedente non effettua una scelta, è assegnato allo stato con il più basso tasso di candidati. Lo stato così individuato esamina la domanda d’asilo. Infine, se il richiedente asilo dimostra di avere altri legami (culturali, familiari in senso ampio o linguistici) con uno stato, può chiedere di esservi trasferito. In sintesi: a esaminare la domanda di asilo non è più lo Stato di primo ingresso, ma quello cui il richiedente asilo è assegnato in forza di un legame rilevante o del meccanismo della lista. I costi di trasferimento del migrante sono a carico del bilancio Ue”.
Sia come sia, neanche questa soluzione va bene a Salvini, che ha detto di voler lavorare con Austria e paesi dell’Est (sì, quelli che finora hanno sempre detto di no a tutto) a una nuova proposta. Si spera che non accada come per Dublino, quando la Lega è stata assente a tutte le 22 sedute di lavoro sulla questione.
Nel frattempo, però, sarebbe in vigore il meccanismo della relocation. In sostanza, nel 2015, la Ue si rende conto delle storture prodotte da Dublino e prova a correre ai ripari, mettendo in campo un sistema di ricollocamento dei richiedenti asilo fra gli altri paesi europei. La ratio è semplice:
Il sistema prevede lo spostamento per persone in evidente necessità di protezione internazionale, appartenenti a nazionalità il cui tasso di riconoscimento di protezione sia pari o superiore al 75% sulla base dei dati Eurostat (tra gli altri, Siria, Eritrea, Repubblica Centrafricana, Bahrain). Queste persone, dopo aver richiesto asilo nello stato di arrivo, possono essere trasferite nel Paese di ricollocazione per l’esame della domanda di protezione internazionale.
Questo sistema non funziona, salvo per pochissime migliaia di migranti. Gli Stati europei se ne fregano, lasciano tutto in mano a Italia e Grecia e non rispettano il meccanismo delle quote. [Indovinate chi è che non ci pensa proprio? Esatto, quei Paesi con cui ora Salvini vuole risolvere la questione.] L’Italia si incazza e anche Minniti prova a sbattere i pugni sul tavolo, supportato da Tajani. La risposta è in un breve documento in cui, oltre a dare il via libera al governo Gentiloni sul codice di condotta delle ONG, si sottolinea la necessità che gli stati della Ue facciano il loro dovere, accettando le richieste di ricollocazione dell’Italia in maniera rapida. Ma al contempo si alza la voce proprio nei nostri confronti, invitandoci a “centralizzare le procedure della relocation e individuare dei veri e propri centri in cui ospitare i migranti destinati al ricollocamento verso i Paesi della Ue”, in modo da restringere le possibilità che i migranti cui è stata respinta la richiesta di asilo facciano perdere le loro tracce. Detto in altre parole: la relocation non funziona anche per colpa dell’Italia, che non è in grado di garantire tempistiche e logistica precisi e soprattutto no controlla ciò che accade a coloro cui viene respinta la richiesta di protezione.
È esattamente la linea francese, quella che “autorizza” Macron a respingere i migranti al confine e a effettuare i pattugliamenti sui treni e sui confini alpini. Criticabile, certo. Disumana, probabilmente. Cinica e iniqua, forse. Vergognosa quando coinvolge i minori, senza alcun dubbio. Ma la narrazione che dipinge il Presidente francese come un pazzo ipocrita è un altro aspetto della propaganda di queste ore.
Tra l'altro, come sottolinea AGI, non risponde al vero il fatto che Francia e Spagna abbiano chiuso i porti.
La crociata contro le ONG e il respiro corto della strategia di Salvini
Il direttore generale dell’Agenzia ONU per le migrazioni, l’OIM, centra il punto essenziale della questione: “Fermare una o più barche nel Mar Mediterraneo non è la risposta alle sfide poste all’Unione Europea dalla questione migrazione. È necessario affrontare il fenomeno migratorio con un approccio globale e complesso che riesca combinare la necessità di creare opportunità di movimento sicuro e regolare, la realizzazione di una più efficace gestione delle frontiere e il rafforzamento della lotta al traffico di esseri umani”. Nessuno può sostenere che Salvini e il Governo vogliano lasciar morire in mare i migranti, ma la sensazione è quella di essere di fronte semplicemente a una prova di forza nei confronti delle ONG. Ad esempio, mentre il MRCC di Roma prendeva tempo (molto probabilmente perché nessuno se la sentiva di assumersi la responsabilità di mandare in Spagna, con un viaggio lunghissimo e pericoloso, una nave con 629 persone a bordo che si trovava a 25 miglia dalle coste italiane), una nave della Marina militare conduceva in Italia oltre 900 migranti recuperati in zona SAR libica. Segno evidente di come i porti italiani, per fortuna, non sono chiusi e non lo saranno mai.
Cosa accadrà fra qualche ora, domani o dopodomani, quando un’altra nave ONG aiuterà le autorità italiane in un salvataggio? Davvero la strategia del governo italiano è quella di lasciare in mare aperto i migranti che avranno la sfortuna di salire a bordo della nave ONG e di accogliere quelli caricati sulle nostre motovedette? Davvero, fregandosene delle prevedibili contestazioni che arriveranno da un punto di vista della liceità “legale”, il governo lascerà in stand by ogni nave ONG sperando che Spagna o Francia diano disponibilità ad accogliere migranti?
Nessuno con un minimo di buonsenso può pensare che questa sia una strategia a lungo termine.
La verità è che la valvola di sfogo di tutto questo casino è sempre la stessa: la presenza delle ONG, i “taxi del mare”. Ve ne abbiamo parlato spesso (qui, qui e qui) sottolineando come una polemica poderosa, un movimento di opinione incredibilmente vasto e un messaggio rabbioso e accusatorio verso le ONG siano nati da un report letto male, da un video pieno di errori, da dichiarazioni senza alcuna attinenza con la realtà dei fatti. La criminalizzazione delle ONG è stata di fatto il capovolgimento della realtà, con chi salva vite che è diventato un potenziale criminale da guardare con sospetto, con le operazioni di salvataggio che sono state in qualche modo arginate, mentre si è scelto di affidarsi a chi negli anni aveva sempre dimostrato di fregarsene dei diritti umani, delle vite annegate nel Mediterraneo, del destino di migliaia di disperati.
Si è imposta una narrazione tossica, che si è basata su una serie di enormi falsità. La prima è quella che vede nella presenza delle ONG il fattore determinante per la decisione dei migranti di tentare la traversata. A smentirla basterebbero i numeri sui salvataggi delle ONG in rapporto al totale, ma vogliamo ricordare le parole di Enrico Credendino, non un pericoloso estremista mondialista, ma l'Ammiraglio di Divisione e Comandante della missione EUNAVFOR MED – Operazione SOPHIA, in pratica, la massima autorità sull'argomento, che in una audizione parlamentare smontava la balla del “pull factor” legato alla presenza di tante imbarcazioni in prossimità delle coste libiche:
I migranti non partono certamente perché ci sono le navi in mare, ma partono perché ci sono i push factor, i fattori che li spingono a partire (le guerre, il terrorismo, la mancanza di acqua e cibo). Anche senza SOPHIA i migranti partirebbero comunque, la prova è che quando c'è stata l'interruzione di Mare Nostrum, che era accusata di essere un fattore di attrazione, prima che si attivasse Mare Sicuro sono passati alcuni mesi, durante i quali il numero di migranti in mare è aumentato, non diminuito, mentre se Mare Nostrum se fosse stato un pull factor sarebbero diminuiti.
Possono cambiare le tattiche usate dagli scafisti, se ci sono navi che lavorano molto vicino alla costa, ma i migranti partirebbero comunque, fintanto che non si risolvono le cause che originano la migrazione, fintanto che non si va nei Paesi di origine, cosa che l'Unione europea ha iniziato a fare.
La seconda accusa fatta alle ONG è che in qualche modo sarebbero un vero e proprio gancio per l'attività dei trafficanti di uomini, uno dei punti di forza del disastroso teorema Zuccaro (a proposito, ancora zero prove, zero condanne, zero riscontri). Sul punto l'allora comandante della Guardia Costiera Vincenzo Melone, rispondendo alle interrogazioni della Commissione in Senato, spiegava come ci si dovrebbe comportare in presenza di un naufragio o di gommoni in difficoltà: "Di fronte a una situazione di pericolo, le navi, siano mercantili oppure delle ONG, sono tenute a intervenire subito, immediatamente. Non decide la politica, lo dicono le Convenzioni, che tutti noi siamo tenuti a rispettare. Non chiedeteci di guardare dall’altra parte, non possiamo farlo e non lo faremo. Noi salviamo vite. Noi rispondiamo alle Convenzioni, quindi operiamo a prescindere dalle indicazioni della politica o del Governo. Non possiamo salvare o non salvare a seconda dei casi…".
La terza è il canovaccio ONG – Soros – Mafia Capitale. Paolo Lambruschi, su Avvenire, spiega molto bene perché negli ultimi anni c’è stato un aumento della presenza delle ONG:
Le Ong vivono di donazioni private, al contribuente italiano non costano nulla. Anzi, lo fanno risparmiare perché agiscono in sostituzione delle navi delle Forze armate italiane. È stato il progressivo ritiro delle navi di pattuglia dei dispositivi europei a spingere nel 2014 diverse Ong – tra queste Medici senza frontiere, Save the children, Emergency, la Croce Rossa con Moas – a mettere in acqua navi per ragioni umanitarie. Chi le attacca sostiene anche che siano finanziate con ingenti somme dal finanziere George Soros in questo caso regolarmente etichettato da chi lo tira in ballo come «ebreo» per «sostituire la popolazione europea con i migranti». Un ‘complotto' lunare, e senza prove.
Dalla questione dei finanziamenti delle ONG al legame con “il business dell’accoglienza” il passo è incredibilmente breve. Salvini, Di Maio, Toninelli e tutte le forze di destra lo hanno ripetuto incessantemente in questi giorni: bisogna fermare il business dell’accoglienza, tagliare i guadagni delle Coop e impedire affari in stile Mafia Capitale. “Da oggi l'immigrazione non è più un business”, esulta Di Maio, aggiungendo: “Chi voleva solo fare profitti, dovrà cercarsi un'altra occupazione. La fine del business dell’immigrazione è nei nostri venti punti. E oggi abbiamo messo la prima pietra”.
Ora, come l’aver mandato 629 migranti in Spagna significhi aver fermato il business dell’accoglienza non è chiarissimo. Allo stato, per il momento, il sistema di accoglienza è ancora lo stesso di ieri, dell’altro ieri, di un mese fa, di un anno fa. I migranti continuano a sbarcare in Italia e ci sono oltre 170mila persone ospiti dei diversi centri di accoglienza. Il “sistema”, inoltre, è complesso e stratificato: ci sono le aziende private, i centri gestiti direttamente dai Comuni, l’accoglienza diffusa e le strutture speciali. Accomunare tutto sotto la dicitura “business dell’accoglienza” è una bugia, una balla colossale che serve solo ad alimentare insofferenza e odio nei confronti di chi non c’entra nulla. Ci sono le storture e la corruzione (e Fanpage.it ha lavorato per anni per mostrarle), ma usarle strumentalmente per alimentare la guerra agli ultimi è indegno di una classe politica che si sta assumendo l’onere di governare questi processi. Legare gli arrivi in mare agli abusi di pochi soggetti privati è una mistificazione della realtà.
Infine, sull'altra fake news di Salvini della "lobby degli avvocati d'ufficio" che si arricchiscono coi migranti, ha scritto tutto Altraeconomia.
PS: Ci sono anche altri aspetti poco chiari della vicenda, su cui però stiamo ancora lavorando. Salvini in Senato dice: "Sottolineo, come ho già detto, che è stata offerta al comandante della nave Aquarius per ben due volte, alle ore 12,11 e alle ore 14 dell'11 giugno, la disponibilità delle autorità italiane, su mia indicazione, a far sbarcare sul territorio nazionale le persone eventualmente bisognevoli di assistenza sanitaria, quali ad esempio le donne incinte e i bambini; disponibilità che non è stata accolta dal comandante dell'unità”. A una prima verifica, la cosa non risulta. Sarebbe un elemento gravissimo.
EDIT 15 giugno – Msf ha spiegato la propria posizione sul punto, rispondendo a Barbara D'Amico, giornalista che ne ha scritto su Wired: in sostanza "la nave non ha accordato lo sbarco, spiega la Ong, perché ha chiesto alle autorità italiane di non separare le famiglie. Richiesta negata".
PPS: Si sta dibattendo molto sul comportamento dell'Aquarius, che, dopo aver tergiversato a lungo, ora si fermerebbe spesso e non starebbe procedendo con sollecitudine verso Valencia. Come ha spiegato MSF, la direttiva del MRCC è arrivata solo nella tarda serata dell'11 giugno e si è dovuto valutare quale fosse il modo migliore per affrontare un viaggio lungo e pericoloso (a causa della prevista ondata di maltempo). Non tutti avrebbero potuto viaggiare in sicurezza sul rimorchiatore, dunque si è dovuto attendere la disponibilità delle due navi italiane, oltre che viveri e conforto da Malta. Poi è stato necessario tutelare la salute delle persone dalle avverse condizioni meteo, infine provvedere al loro sostentamento per 4 lunghissimi giorni di viaggio.
Insomma, spacciare come una vittoria l'aver costretto centinaia di persone a tali sofferenze, francamente è troppo.
Utente
2 marzo, 2014
🔴 UPDATE La #Aquarius sta attraccando nel porto di #Valencia. Sollievo per il team di @SOSMedItalia a bordo.#TogetherForRescue #HumanityAtSea pic.twitter.com/OtBdIlpu7g
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
🔴 UPDATE La #Aquarius è arrivata nel porto sicuro di #Valencia dopo una settimana di incertezza.
Il nostro team e le associazioni a terra accolgono la nave, i naufraghi e le squadre di @SOSMedItalia e @MSF_Sea a bordo.#TogetherForRescue #HumanityAtSea pic.twitter.com/PV0r4Abmxc
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
"#Aquarius non è una nave da crociera. È una nave di ricerca e soccorso in mare. Non è fatta per accogliere persone per più di 2, 3, 4 giorni. Ricordo l’immagine di una donna che cercava di allattare suo figlio mentre vomitava” Aloys Vimard, coordinatore #MSF a bordo pic.twitter.com/qrijAZYo7E
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
Utente
2 marzo, 2014
"Far arrivare #Aquarius fino a #Valencia è stato disumano. Finché ci sarà un bisogno nel #Mediterraneo noi ci saremo e continueremo a operare sotto il coordinamento della Guardia Costiera italiana, come abbiamo sempre fatto" @claudialode Presidente #MSF da #Valencia @SkyTG24 pic.twitter.com/dd0c3Vu06L
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
Ho partecipato al mio primo sbarco nel 2005 a #Lampedusa e fu una grande emozione, quegli sguardi li ricorderò sempre. 13 anni dopo a #Valencia la stessa emozione ma anche tanta rabbia per un viaggio inutile e disumano. pic.twitter.com/flB9FjunkT
— Claudia Lodesani (@claudialode) June 17, 2018
"Sollevati per la fine di questo inutile viaggio, ma oggi non c'è proprio niente da festeggiare. Ci auguriamo che in #Europa finisca il tempo di ipocrisie e #inumanità: i governi devono anteporre la vita delle persone alla politica" https://t.co/vQZao9p0jz#Aquarius #Valencia
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
Chiediamo ai Governi europei di:
- mettere al primo posto la vita delle persone
- facilitare lo sbarco rapido nei porti sicuri più vicini in Europa#Aquarius #Valencia #Umanihttps://t.co/vQZao9p0jz— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
Chiediamo ai Governi europei di:
- non ostacolare iniziative indipendenti non governative di ricerca e soccorso in mare
- istituire un meccanismo proattivo e dedicato di ricerca e soccorso nel #Mediterraneo#Aquarius #Valencia #Umanihttps://t.co/vQZao9p0jz— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
Mentre i Governi europei non riescono ad adempiere alle loro responsabilità, le équipe a bordo della nave #Aquarius continueranno a condurre operazioni di ricerca e soccorso nel #Mediterraneo centrale. https://t.co/vQZao9p0jz pic.twitter.com/eRO3813C9S
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
“Siamo stati in grado di fornire cure mediche a tutte le persone a bordo che ne avevano bisogno. Casi di sindrome da annegamento, ipotermia, gravi ustioni chimiche, donne incinte. È stato un onore prenderci cura di loro” Aloys Vimard, coordinatore a bordo di #Aquarius #Valencia pic.twitter.com/3f2sv4ZzLH
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
"I numeri non posso descrivere le storie che i nostri team hanno ascoltato. Durante questi 8 giorni in mare abbiamo conosciuto queste persone. Ciascuna delle loro storie: abusi, violenze sessuali, estorsioni e condizioni disumane".#Aquarius #Valencia https://t.co/yWfOTa6IjH
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
"Più di 600 persone salvate alla deriva nel limbo politico dell’Europa"
La testimonianza del Dottor David Beversluis, medico a bordo di #Aquarius https://t.co/zZt9Z1XJMo— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) June 17, 2018
Utente
2 marzo, 2014
"Il viaggio è durato 4-5 giorni, le persone erano esposte alle intemperie, le condizioni meteo pessime. Questo non dove più ripetersi. Le operazioni SAR dovrebbero concludersi nel porto sicuro più vicino" - Nicola Stalla, coordinatore dei soccorsi a bordo di #Aquarius #Valencia
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
"Centinaia di migliaia di persone sono intrappolate in #Libia. Continueranno a rischiare la propria vita su imbarcazioni fragili e pericolose. Domani sarà nostro dovere salvare altre vite in mare"- Aloys Vimard, capo progetto di @MSF_Sea a bordo della nave #Aquarius #Valencia
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
"L'inerzia dell'#Europa è criminale. @SOSMedItalia si appella agli Stati membri dell'#UnioneEuropea affinché elaborino un sistema di ricerca e soccorso nel #Mediterraneo" - Sophie Beau, cofondatrice di #SOSMEDITERRANEE #Valencia
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
"Nell'ultimo mese abbiamo assistito a una crescente confusione nel coordinamento delle operazioni di salvataggio. La Guardia costiera libica non rispetta i diritti dei naufraghi e impedisce alle navi di soccorso di fornire assistenza" - Sophie Beau, @SOSMedItalia #Valencia
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
"Il diritto internazionale marittimo impone di salvare le persone in mare. Questa situazione è inaccettabile per qualunque marinaio" - Frédéric Penard, direttore delle operazioni di @SOSMedItalia #Valencia
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
"C'è bisogno di un numero sufficiente di navi di soccorso adeguatamente equipaggiate. Meno navi significa più morti. Ci appelliamo alla società civile affinché trasmetta questo messaggio alle autorità di governo"- Sophie Beau, @SOSMedItalia, dalla conferenza stampa a #Valencia
— SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) June 17, 2018
Utente
2 marzo, 2014
Questo è il comunicato stampa di SOS Mediteranee
L’INTOLLERABILE ODISSEA FORZATA DELLA AQUARIUS DEVE ESSERE UN CAMPANELLO D’ALLARME PER L’EUROPA
LA NAVE APPRODA CON I 630 NAUFRAGHI DOPO OTTO GIORNI STRAZIANTI IN MARE PER RAGGIUNGERE UN PORTO SICURO
Questi 630 tra uomini, donne e bambini sono fuggiti da un calvario inimmaginabile in Libia più di otto giorni fa: spinti su gommoni da trafficanti spietati, hanno trascorso ore terrificanti alla deriva, ammassati su imbarcazioni precarie, prima di essere finalmente soccorsi dalla Aquarius, da navi mercantili e da unità della Guardia costiera italiana, seguendo tutte la stessa legge non negoziabile: la legge del mare che obbliga ad assistere ogni singola persona in situazione di pericolo in mare.
Otto giorni dopo essere fuggite dall’inferno libico, queste 630 persone sono finalmente salve e al sicuro a terra, in Spagna, grazie alla Aquarius e al suo team di marinai professionisti, soccorritori volontari e operatori umanitari.
Il coraggio e la resilienza di questi 630 naufraghi, la professionalità e la profonda umanità dell’equipaggio della Aquarius devono essere elogiate, come lo straordinario supporto che SOS MEDITERRANEE ha ricevuto dalla società civile in Spagna e in tutta Europa.
La nave Aquarius è diventata il simbolo concreto per coloro che in Europa mettono i valori universali di rispetto per la vita umana, dignità e solidarietà prima di ogni altra considerazione.
Detto questo, i diversi ritardi dovuti alla chiusura dei porti italiani e poi l’Odissea forzata, pericolosa e degradante della nave Aquarius nel Mediterraneo devono necessariamente suonare come un campanello d’allarme per i leader europei.
Non è tollerabile per l’Europa che possa ripetersi una situazione come questa.
L’inerzia degli Stati europei è criminale. Si è tradotta in oltre 13.000 morti nel Mediterraneo dal 2014, quando i leader europei hanno detto «mai più» dopo la tragedia di Lampedusa. L’Europa porta questi morti sulla propria coscienza.
Le operazioni di ricerca e soccorso devono essere basate sul rispetto delle vite umane prima di ogni altra considerazione.
SOS MEDITERRANEE esorta una volta ancora tutti gli Stati membri dell’Unione europea ad assumere le proprie responsabilità e a mettere il soccorso in mare al vertice delle loro agende politiche. Gli Stati membri dell’Unione europea devono immediatamente cooperare per elaborare un modello europeo di ricerca e soccorso per il Mediterraneo:
- Le operazioni di ricerca e soccorso devono essere basate innanzitutto sul rispetto delle vite umane, prima di ogni altra considerazione, in conformità con il diritto marittimo internazionale e il diritto umanitario.
- Le persone soccorse devono essere trattate con dignità e umanità a bordo delle navi di soccorso e ricevere tutte le cure che il loro stato di vulnerabilità richiede, fino a quando non è raggiunto un porto sicuro.
- Alle autorità marittime competenti dovrebbe essere consentito di rispettare i loro obblighi di coordinamento e di ottimizzazione delle operazioni di ricerca e soccorso.
- Un numero sufficiente di navi di soccorso, adeguatamente attrezzate ed equipaggiate, deve essere dispiegato nel Mediterraneo, permettendo una copertura vasta della zona di soccorso.
- Lo sbarco delle persone soccorse nel porto sicuro più vicino deve essere assicurato in tutti i casi, senza nessun ritardo, in accordo con i regolamenti marittimi.
Noi, cittadini europei, non possiamo accettare più vittime nel Mediterraneo.
SOS MEDITERRANEE invita a una larga mobilizzazione della società civile in Europa e nel Mediterraneo, per trasmettere questo messaggio alle autorità governative.
Salvare vite in pericolo è un obbligo morale e legale. Finché ci saranno persone che rischiano la propria vita in mare, SOS MEDITERRANEE continuerà la propria missione nelle acque internazionali, alle porte dell’Europa, per ricercare, soccorrere, proteggere e testimoniare.
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