[img align=right]http://img576.imageshack.us/img576/9418/fotoalessiamarcuzziefra.jpg[/img] Avvertenza: non è l’ennesimo post sul calo d’ascolti di Grande Fratello. Quello è assodato, accertato e (quasi) universalmente riconosciuto. Quando il livello di consapevolezza arriva così in alto da essere negato solo dai residuati minorenni cresciuti a pane e Mediaset e disposti a perdere la mattinata nei commenti all’articolo sugli ascolti di Tvblog, il più è fatto. Il calo non è in discussione: il programma ha perso rispetto allo stesso periodo della scorsa edizione più di due milioni e più di 5 punti percentuali di share in media. L’incommentabile 13% di qualche settimana fa ha lasciato spazio a un 17% di "normalità" che, se non si può definire disastroso, può sicuramente essere considerato assai deludente. Il punto di questo articolo non è però (una volta che inizi a parlarne però è molto invitanti, lo confesso) raccontare della caduta di un mito. Mi interessa domandarmi (e domandarvi, perché non ho ancora trovato risposta) a cosa sia dovuto il voltafaccia dei ‘fu’ fan del programma. Dalle prime notizie su una possibile chiusura del programma c’è stato infatti un fiorire di notizie, commenti entusiasti, link su Facebook (e quando si diventa così mainstream da essere oggetto di un link di una pagina con migliaia di fan su Facebook significa che si sono raggiunti grandi numeri) e generale eccitazione per quella che, ad oggi, è un’ipotesi irreale. Perché Grande Fratello non chiuderà prima. O comunque non lo farà in modo evidente. I novelli Roberspierre, che fino a due anni fa (all’anno scorso!) stavano collegati per tifare questo o quell’avanzo di agenzia, vorrebbero una cosa teatrale, à la Uman per intenderci. Un blitz delle forze dell’ordine, un’ammissione di fallimento e un’umiliazione pubblica per quel programma che, improvvisamente, è diventato così brutto e insopportabile. Peccato che il Grande Fratello sia così da anni.

Certo, c’è stato un evidente peggioramento. Certo, si è insistito su una deriva del genere, si sono costruite edizioni sempre più uguali l’una all’altra, col minimo sforzo e (sulla carta) il massimo risultato. Eppure solo oggi, con un risveglio tardivo come quello degli anfibi in letargo, la gente parla di "brutto cast, brutto programma, pessima conduttrice, copione già scritto". I concorrenti sono anni che provengono da agenzie e vengono messi nella casa da agenti potenti e, spesso, in credito di favori rispetto al potente di turno. Nell’era delle intercettazioni, di vallettopoli e di Lele Mora non ci stupiamo più di nulla e siamo in grado di accorgerci dopo 12 anni che c’è qualcosa di strano nel fatto che il 90% dei concorrenti si conoscesse già da anni, frequentasse gli stessi locali e gli stessi giri? Copione già scritto, programma finto? Lo è da anni. Non è la prima edizione in cui il regolamento cambia per salvaguardare concorrenti che potrebbero creare dinamiche. Certo, da qualche anno sono più spudorati, ma precedentemente si inventavano immunità "comode" per salvaguardare il posto in casa ai preferiti della produzione. Il fatto che le nomination vengano comunicate la domenica in confessionale e solo confermate al lunedì (con punizioni pesantucce per chi osa discostarsene in diretta) da sempre permette agli autori di regolarsi sui nomi da far fare e sulle persone da mandare al televoto. In altre parole, sul meccanismo da applicare del pongo-regolamento che, firmato da tutti i concorrenti, più o meno recita "possiamo fare tutto ciò che vogliamo". E allora perché ce ne si accorge solo ora? Perché di colpo tutto questo non va più bene? È il solito vizietto italico di saltare sul carro del vincitore (o più probabilmente giù dal carro del perdente) per dissociarsi da qualcosa che, se prima era moralmente indifendibile, ora viene condannato anche dai numeri? Sarà per il clima di "ricrescita culturale" a cui il ricambio politico pare (sempre sulla carta) aver contribuito? Sintetizzando tutto in un’unica domanda: l’era di Grande Fratello (e dei reality vecchia generazione) è davvero finita o criticarli è solo la moda del momento, prima che una nuova febbre da social network ci porti a innalzare i forconi verso un altro obiettivo?

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