Utenti +1
9 settembre, 2013
Complimenti a Kris e Casa, per quel che vale il mio giudizio anch'io avrei scelto voi due come migliori
Temevo tantissimo la bottom 2 a questo giro perché ormai mi sembra chiaro come le comedy challenges non siano esattamente il mio forte ho scelto Baglioni più che altro valutando gli altri personaggi scelti fino a quel momento e cercandone uno che potesse interagire un po' con tutti, ma è difficile "esagerare" i lati della personalità di un personaggio in qualche modo così composto e solenne
Utente
7 agosto, 2013
POSTING FOR YOUR LIFE IMMUNITY
@Krishoes @Casadelvino per questa sfida vi siete preparati sul topic:
RICORDI DI SCUOLA
Nella vita tutti prendiamo strade diverse ma c'è un unico comune denominatore: la scuola. Tutti l'abbiamo frequentata ma sicuramente in modo diverso. Quali sono i vostri ricordi legati alla scuola?
Due utenti stanno di fronte a me. Utenti, questa è la vostra possibilità per impressionarmi e per non rischiare l'eliminazione la prossima settimana.
E’ giunto il momento: dovete postare per l'immunità. Buona fortuna... e non mandate tutto a putta*e!
Utente
7 agosto, 2013
Ricordi di scuola. Solo leggendo la traccia sento la commozione crescere in me. Non ho problemi nel dire che senza la scuola, oggi, non sarei qui a scrivere. Ma l'istruzione ha poco a che fare con questa affermazione. La scuola, o meglio, i miei compagni di scuola, mi hanno salvato la vita.
Ho vissuto un'adolescenza particolare, atipica. A quattordici anni mia madre e mio fratello raggiunsero mio padre, trasferitosi in Germania qualche anno prima. Io, invece, decisi di rimanere in Puglia, dove abitavo, per completare il liceo linguistico e perché, a dirla tutta, proprio non mi sentivo pronto a lasciare l'Italia ed emigrare in una realtà tutta nuova.
Non fu facile. Non mi vergogno a dire che ho vissuto, anno dopo anno, una fase di smarrimento molto dolorosa e sempre crescente.
Una volta, non ricordo bene se in quarto o quinto liceo, venne a trovarci in classe uno psicologo, educatore in una comunità per tossicodipendenti. Avevamo due incontri all'anno di questo tipo, per parlare del pericolo delle droghe e argomenti affini.
Ricordo che quando ci veniva chiesto se qualcuno volesse fare una domanda, avevo sempre la mano alzata. Avevo bisogno di quello scambio, avevo bisogno di sfogarmi, di capire chi fossi, dove stessi andando. Quell'educatore quel preciso giorno tirò fuori una metafora che mi colpì dentro e ancora oggi utilizzo in alcuni discorsi.
Ci parlò dell'adolescenza e dell'età adulta come fossero due montagne. Per passare da una montagna all'altra, era necessario passare su un ponte di legno. Io gli dissi che in quel momento ero proprio al centro di quel ponte. E la mia vita era come una notte di pioggia.
Ero solo su quel ponte, scosso dalle intemperie, bloccato dall'impossibilità di tornare indietro, ma anche di proseguire il cammino. Ecco come mi sono sentito spesso tra i quattordici e i diciotto anni. Ero adolescente? Certamente, ma allo stesso tempo stavo crescendo prima del tempo.
Devi farlo per forza quando non hai i genitori con te, in una fase delicata dell'esistenza. Non avevo nessuno a casa con cui sfogarmi per un'interrogazione andata male, nessuno a cui chiedere un consiglio se le cose non andavano bene, o se, semplicemente, non sapevo come risolvere un esercizio. Nessuno con cui condividere traguardi ed esperienze positive. Le tappe cruciali della crescita. Tutti i problemi, dai piccoli ai grandi, dovevo risolverli da me.
Passavo gran parte della giornata da solo. Arrivai a sentirmi perso. A scuola cercavo di essere sorridente, solare ed estroverso, il tipo di persona volitiva che cerca di tenere alto l'umore degli altri, di fare gruppo. Fui persino eletto rappresentante di classe per l'intero quinquennio. Mi vedevano come un battagliero, sempre pronto a lottare per i propri diritti e quelli degli altri, una persona forte.
Certo, come potevano sapere? La parte buia di me rimaneva in uno scrigno chiuso a chiave. Nascondevo il più possibile i miei problemi e le mie incertezze. Non amavo l'idea di farmi vedere debole, vulnerabile, ma dentro di me andava in scena una guerra.
Utente
7 agosto, 2013
Crescere senza avere il proprio nucleo familiare accanto può essere traumatico. Mia madre mi chiamava ogni giorno, e alla classica domanda "Come va? ", rispondevo sempre "Tutto bene ". Anche quando mi sentivo sprofondare. Non volevo farle pesare un senso di colpa che senza dubbio stava già portandosi dietro.
Nei miei compagni di scuola ho dovuto e voluto cercare i familiari che non avevo vicino. Mi hanno accolto, compreso, protetto, amato e spronato se necessario. E, soprattutto, non mi hanno giudicato quando scelsi di fare coming out, un passaggio cruciale per ogni appartenente alla nostra comunità. Essere accettato anche dai miei amici etero della classe fu una sorpresa inaspettata.
Per me andare a scuola significava stare in famiglia, rimanere a galla in un mare di sconforto che spesso mi attanagliava. La scuola era una boccata d'aria, un abbraccio stretto al cuore, una carezza alla mia anima.
Eppure vi scappai. Durante il quinto liceo arrivai alla cifra record di novanta assenze. Una in più e sarei stato bocciato automaticamente, fu la vice preside a chiedermi di non farne più, di non buttare via tutto così.
A volte non mi alzavo dal letto, altre volte mi preparavo ma poi decidevo di rimanere a casa, altre volte arrivavo quasi al portone dell'istituto che frequentavo, e poi tornavo indietro. Quante occasioni perse stupidamente. Avevo perso la voglia di... vivere.
Un giorno, in classe, la mia amica Betta mi chiese cosa avessi. Vedeva qualcosa nei miei occhi. Decisi di aprirmi a lei, fui un fiume in piena. Le dissi della mia solitudine, della mia confusione, dei miei dubbi sul futuro... del mio tentativo di suicidio.
È la prima volta che lo dico in maniera così esplicita. Ho bene in mente quel pomeriggio, saranno state le 18, forse le 19. In sottofondo una canzone che mi ha fatto piangere molte lacrime in quegli anni, "Niente di più" dei Lunapop. "Quello che volevo, come sempre non c'è, solo un po' d'amore che diventa polvere... E non mi riesce facile parlare di questo...". Il balcone aperto, io davanti a esso che penso "Lo faccio, mi butto, non ne posso più di questa vita malata, senza punti fissi, senza speranze". Nella mia testa il delirio. Nessun pro, tantissimi contro.
No, non potevo farlo. Cosa ne sarebbe stato di mia madre? Cosa ne sarebbe stato di mio fratello? Cosa ne sarebbe stato di chi mi vuole bene? Dei miei compagni di scuola, dei miei amici, della mia famiglia acquisita? La vita è un bene troppo grande, non potevo permettermi di violentarla in questo modo, di distruggerla. Di compromettere tante altre vite con conseguenze devastanti. Mi sentivo un vigliacco.
Dopo il racconto Betta mi guardò con gli occhi pieni di lacrime e mi disse: "Scusami se non ho capito. Sorridi sempre, fai battute in continuazione, sembri felice. Come avrei potuto capire?". Sono sempre stato così, il giullare, quello che cerca di mettere un sorriso sul volto di tutti, di tirare fuori il meglio dalle situazioni più difficili. Se posso darvi un consiglio, non lesinate mai i "Come stai?", possono cambiare la vita, dare nuove direzioni.
Utente
7 agosto, 2013
A quella rivelazione ne seguirono altre. O meglio, sempre la stessa, ma a persone diverse. Era giusto lanciare un grido d'aiuto, avevo bisogno di uscire fuori da una situazione di stallo, di appoggiarmi a qualcuno per concludere il ciclo di studi. Non abbiate mai paura di chiedere aiuto.
Chiara, Cristina e Valentina decisero spontaneamente di aiutarmi a superare l'esame di stato. Fu il periodo più bello della mia vita. Ci ribattezzammo ironicamente "Bloomsbury Group", come il gruppo di artisti e intellettuali di cui faceva parte anche la scrittrice inglese Virginia Woolf.
Ci ritrovavamo tutti i giorni a casa mia, che per forza di cose era libera. Loro ripetevano argomenti di tutti i tipi, io assorbivo come una spugna le loro parole. Facevamo pause bevendo tè freddo e mangiando Pan Goccioli, il tutto mentre guardavamo puntate di Spongebob su Cartoon Network.
Chiara decise di darmi delle ripetizioni extra, ci teneva a me più di ogni altro, e ancora oggi è lì accanto a me, come undici anni fa, consapevole di essere il mio alter ego femminile.
Avevo da recuperare una caterva di materiale. Dalla filosofia di Hegel, ai totalitarismi in Europa, passando per Decadentismo e Romanticismo, a chissà cos'altro. Ma non mi spaventava. Avevo fame di nozioni, avevo ritrovato la voglia di esistere. Mentre lo racconto sento un nodo alla gola.
Affrontai le prove scritte e gli orali con il forte desiderio di mettermi alla prova, di far vedere che anche io valevo, che non ero più una figura sbiadita buttata in un angolo. La più grande soddisfazione negli scritti arrivò dai 14 punti per la prima prova, un articolo di giornale sulle morti sul lavoro.
L'orale fu il compimento di un lavoro di gruppo, che valse per me come terapia. Chiara, Cristina e Valentina erano dietro di me, a supportarmi. Presentai con fierezza la mia tesina sull'amore travagliato e contrastato, declinato in varie materie (Romeo e Giulietta di Shakespeare in inglese, la poetica di Sandro Penna in italiano, le figure di Dio e Regina Olsen nella vita di Kierkegaard in filosofia e il Satyricon di Petronio in latino), e risposi a tutte le loro domande, senza esitazioni.
I commissari esterni mi sentivano parlare con scioltezza, poi guardavano i voti presi durante l'anno, abbastanza pietosi, e scuotevano la testa increduli. La mia insegnante di tedesco, la professoressa Verrengia, che per me fu come una seconda madre, disse che avrebbe spiegato loro la mia situazione singolare in un secondo momento.
Conclusi l'orale con i complimenti della commissione e del presidente. Mi sciolsi in un pianto che conteneva emozioni di vario tipo. Affrontare con successo l'esame di stato acquisì per me un doppio significato profondo: avevo superato positivamente non solo il primo grande esame della vita, ma un complicato esame con la mia stessa vita.
Utente
7 agosto, 2013
Intanto vi ringrazio per aver scelto di condividere queste storie con noi. Lo scopo di questa gara è di trasmettere un messaggio attraverso la scrittura, farvi conoscere meglio e capire come sviluppate un topic di un forum.
Il vostro messaggio è arrivato forte e chiaro. Vi confesso che prendo questo gioco e in generale anche questo forum con molta leggerezza, e ogni tanto non capisco alcune "esagerazioni" che leggo qua e la. In questo caso però devo dire che mi avete emozionato molto, a tratti è stato quasi un pugno sullo stomaco completare la lettura.
Ho bisogno di un attimo per capire chi ha vinto, sappiate però che in qualsiasi caso non sarà un giudizio sulla storia ma solo sulla prova.
Game Ranking Winner 2017/2018
Game Ranking Winner 2020/2021
Utenti +1
7 agosto, 2013
Utente
5 febbraio, 2018
Scusatemi ho dovuto un attimo metabolizzare.
Grazie mille sasi, grazie per le belle parole e per la comprensione.
Ma soprattutto grazie kris, per la tua condivisione e per la forza che mi hai dato all'ultimo.
Non riesco a gioire completamente di questa vittoria, però grazie lo stesso
Per me è stato tutto molto forte
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