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Centralità dell’ Album Discografico: non solo obsoleta ma forse pure controproducente?
Tanakka
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1
7 giugno, 2019 - 19:04
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Già ai vecchi tempi, gente over40 te lo racconterà spesso, molti lamentavano il dover comprare un album solo per poi avere, di fatto, i  2 pezzi agognati e spesso una marea di filler inutili, o quasi, che venivano ascoltati pochissimo. Il 'cd-singolo' era costoso e scomodo.
Con l’arrivo del download direi gli album sian dovuti un pochetto migliorare nel senso che in media le altre tracce sian salite un po’ di livello.

Però adesso viviamo in un mondo in cui, finalmente, i singoli dominano.
Ha senso ancora la centralità dell’album (US: 7% del mercato il cd fisico, 5% il download, 4% LP)?

https://www.riaa.com/u-s-sales-database/

A parte forse i primi 1-2 album per un emergente, così che abbia materiale da suonare ai concerti, oppure il discorso dei firmacopie*, a che serve?
Si potrebbe addirittura obiettare che l’album infici quello che sarebbe stato il riscontro di certi pezzi se lanciati come singoli inediti (qualcuno se lo chiedeva ad esempio in questi giorni relativamente al riscontro del terzo singolo dei Maneskin).

Essendo le cifre assolute degli album ormai imbarazzanti - quanti pure tra nomi di un relativo richiamo, non arrivano nemmeno a 10mila copie? – per quanti ha senso spendere soldi per quelle 6 tracce in più che servano a riempire il cd?
Non sarebbe forse meglio per l’80% degli artisti lanciare solo 3-4 singoli l’anno e stop? Magari interpreti in primis.

Boh... sarà anche che il cd fisico a me sia sempre stato sui maroni (nella versione 'mobile' poi è sempre stato risibile: provarci a fare jogging era un disastro).
A ‘sto punto, se proprio... meglio il vecchio vinile, almeno fa molto “collezione di farfalle” ecc.; che è già qualcosa.

 

 

*che poi, specie a vedere certi firmacopie come quelli di Marcuzzo, vien l’idea che il cd sia sovente proprio l’ultimo dei pretesti e tanto verrebbe ingegnarsi di vendere un prodotto su cui si abbia un margine maggiore del compact disc; tanto sarebbe più o meno uguale.

Signorina Silvani
Utente 5xP

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2
7 giugno, 2019 - 19:59
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Io sono una collezionista di "miei" cimeli. 

Ho ancora la mia prima musicassetta (Alé-oò di Baglioni), il mio primo 45 giri (Tu di Tozzi), il mio primo vinile (una raccolta di Tenco) e poi i miei primi secondi, i miei primi terzi, i miei primi quarti 😀 Ho tutta, materialmente, la mia vita musicale da toccare, da guardare, da sfogliare, da riascoltare e da ricordare.

Non creiamo una generazione senza le emozioni suscitate dal ritrovare un vecchio disco. toofunny3

" Ah ... anche poeta ! "

Danieletw
Utente 6xP

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3
7 giugno, 2019 - 20:06
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Beh, alla fine i CD hanno costi irrisori per la casa discografica. Facendo un discorso prettamente materiale ogni CD ha un costo di fabbrica ridicolo, è plastica.

Vendere anche solo 10 mila dischi a 15 euro significa smuovere un capitale di 150mila euro tra produttore e distributore. 

Ipotizzando un guadagno al 50% tra i due soggetti, con 75mila euro ti sei ampiamente ripagato la stampa e la produzione del disco (autori, musicisti, tecnici, fotografi ecc).

Vendere 10k copie, seppur non degne di certificazione, riesce ad ammortizzare un sacco di altre spese in capo alle major per gestire le varie attività del proprio artista. Il problema è quando si scende ben al di sotto di questa soglia e il gioco non vale la candela.

In breve: costi bassi, margine di guadagno ampio. 

Ludovica
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4
8 giugno, 2019 - 15:00
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Danieletw ha detto
Beh, alla fine i CD hanno costi irrisori per la casa discografica. Facendo un discorso prettamente materiale ogni CD ha un costo di fabbrica ridicolo, è plastica.

Vendere anche solo 10 mila dischi a 15 euro significa smuovere un capitale di 150mila euro tra produttore e distributore. 

Ipotizzando un guadagno al 50% tra i due soggetti, con 75mila euro ti sei ampiamente ripagato la stampa e la produzione del disco (autori, musicisti, tecnici, fotografi ecc).

Vendere 10k copie, seppur non degne di certificazione, riesce ad ammortizzare un sacco di altre spese in capo alle major per gestire le varie attività del proprio artista. Il problema è quando si scende ben al di sotto di questa soglia e il gioco non vale la candela.

In breve: costi bassi, margine di guadagno ampio.   

Interessante la tua analisi, anche se io in realtà credevo che produrre dei dischi fisici costasse molto di più sopratutto per i costi di distribuzione.

Tanto è vero che le indipendenti, avendo un budget risicato, spesso non arrivano a produrre le copie fisiche lanciando gli album solo nel mercato digitale sadida

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matteo.m
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5
8 giugno, 2019 - 15:14
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Ha senso perché è ancora il business con la marginalità di profitto più elevate per le case discografiche.

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matteo.m
Utente DIAMANTE

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6
8 giugno, 2019 - 15:16
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Ludovica ha detto

Interessante la tua analisi, anche se io in realtà credevo che produrre dei dischi fisici costasse molto di più sopratutto per i costi di distribuzione.

Tanto è vero che le indipendenti, avendo un budget risicato, spesso non arrivano a produrre le copie fisiche lanciando gli album solo nel mercato digitale sadida  

Certo che per le piccole casa discografiche è difficile. Ma la major che hanno la struttura e le risorse per farlo, ci guadagnano eccome. Chiaramente bisogna venderli i dischi.

Se produci un disco e ne stampi 50.000 copie per venderne 1.000, ci perdi tantissimo.

GuSpe
Utente 5xP

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7
8 giugno, 2019 - 15:21
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Forse i guadagni sono minori di quel che si pensa. Io tengo d'occhio i prezzi dei vari cd, sono pochi quelli che escono con un Album a 15 euro e mantengono quel prezzo sempre.

Spesso e volentieri dopo poco (a volte pochissimo, a volte praticamente da subito) lo si trova a prezzi stracciati che oscillano dai 6 ai 9 euro.

 

Comunque per come la vedo io rimane centrale. Certo mi rendo conto che la fruizione della musica sta cambiando e non mi oppongo all'uscita di singoli slegati.

Potrebbe in realtà convivere tutto quanto.

A volte fai uscire singoli, a volte se hai un progetto specifico pensato, con un senso dall'inizio alla fine, fai uscire un album vecchio stampo che rispecchia un'idea e ha dietro un lavoro e un pensiero. Si potrebbe fare benissimo, e ci sta che accadrà.

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matteo.m
Utente DIAMANTE

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8
8 giugno, 2019 - 15:26
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GuSpe ha detto
Forse i guadagni sono minori di quel che si pensa. Io tengo d'occhio i prezzi dei vari cd, sono pochi quelli che escono con un Album a 15 euro e mantengono quel prezzo sempre.

Spesso e volentieri dopo poco (a volte pochissimo, a volte praticamente da subito) lo si trova a prezzi stracciati che oscillano dai 6 ai 9 euro.

 

Comunque per come la vedo io rimane centrale. Certo mi rendo conto che la fruizione della musica sta cambiando e non mi oppongo all'uscita di singoli slegati.

Potrebbe in realtà convivere tutto quanto.

A volte fai uscire singoli, a volte se hai un progetto specifico pensato, con un senso dall'inizio alla fine, fai uscire un album vecchio stampo che rispecchia un'idea e ha dietro un lavoro e un pensiero. Si potrebbe fare benissimo, e ci sta che accadrà.  

La versione più remunerativa per la case discografiche è il download digitale dell'album, a seguire l'album fisico.

Le case discografiche e i cantanti hanno profitti bassissimi dai singoli, anche per ragioni di diritti, visto che bisogna dividere la fetta di guadagno con tutti gli agenti coinvolti, mentre per l'album c'è un conteggio roy diverso.

Tanakka
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9
8 giugno, 2019 - 15:26
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La mia ovviamente è almeno in parte, specie per l'Italia, una provocazione, un estremizzare; diciamo che non volessi, chessò, aspettare il 2025 quando l'andazzo sarebbe stato ancora più evidente ('no shit, Sherlock').

Però, immagino, tra costì di produzione, distribuzione, magazzino ecc., si vada ben oltre il costo di fabbrica della mera plastica. Il digitale per definizione dovrebbe avere margini ben migliori - poi è da vedere quanto Spotify e iTunes se ne approfittino (iTunes mi pare di ricordare prendesse il 30%, ma Spotify non so).

Peraltro da quasi un decennio vado pure chiedendomi: gli autori è possibile che vengano sempre pagati a percentuale, oppure i compensi sono a forfait, dal ritorno dei concerti ecc.? 
Perché altro che non farsi le ville di un Mogol: ora tu fossi l'autore di un pezzo di un album, che non verrà estratto come singolo, di un artista pur sempre in vista ma un po' flop, quanto rischieresti di guadagnarci? 75 euro? Questi come mangiano?
Quanti pezzi alla settimana potrai mai "partorire"?

Che ne so: per una interprete quale Arisa, quanto si è dovuto pagare per gli altri 10 pezzi di 'Una nuova Rosalba in città'?

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matteo.m
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10
8 giugno, 2019 - 15:32
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Tanakka ha detto
La mia ovviamente è almeno in parte, specie per l'Italia, una provocazione, un estremizzare; diciamo che non volessi, chessò, aspettare il 2025 quando l'andazzo sarebbe stato ancora più evidente.

Però, immagino, tra costì di produzione, distribuzione, magazzino ecc., si vada ben oltre il costo di fabbrica della mera plastica. Il digitale per definizione dovrebbe avere margini ben migliori - poi è da vedere quanto Spotify e iTunes se ne approfittino (iTunes mi pare di ricordare prendesse il 30%, ma Spotify non so).

Peraltro da quasi un decennio vado pure chiedendomi: gli autori è possibile che vengano sempre pagati a percentuale, oppure i compensi sono a forfait, dal ritorno dei concerti ecc.? 
Perché altro che non farsi le ville di un Mogol: ora tu fossi l'autore di un pezzo di un album, che non verrà estratto come singolo, di un artista pur sempre in vista ma un po' flop, quanto rischieresti di guadagnarci? 75 euro? Questi come mangiano? Quanti pezzi alla settimana potrai mai "partorire"?

Che ne so: per una interprete quale Arisa, quanto si è dovuto pagare per gli altri 10 pezzi di 'Una nuova Rosalba in città'?  

Mi occupo di diritto d'autore per lavoro, quindi credimi che so quello che dico e quello che ho scritto sopra corrisponde alla realtà.

I maggiori profitti provengono dagli album: il digitale è la forma più conveniente perché ha costi di produzione minori e zero costi di distribuzione. Poi viene il cd fisico.

I singoli hanno un profitto risibile per le case discografiche e gli autori, soprattutto per lo streaming.

Gli autori minori vengono pagati con un compenso forfettario, ma gli altri hanno tutti un compenso in roy sui singoli digitali/streaming, non sugli album. 

Alex87

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11
8 giugno, 2019 - 15:35
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Grazie @matteo.m di aver chiarito la questione. Questa moda del fingere di saperne qualcosa in più rispetto a gente che in certi campi ci lavora inizia ad essere fastidiosa su RH. Un conto è cercare di fare inferenze su cose che non si sanno, un conto è dire la propria opinione, provare a fare ipotesi. Ma pensare di saperne di più sulla base della propria conoscenza limitata o "di quello che dicono le persone attorno a me" è fastidioso. 

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matteo.m
Utente DIAMANTE

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12
8 giugno, 2019 - 15:40
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Alex87 ha detto
Grazie @matteo.m di aver chiarito la questione. Questa moda del fingere di saperne qualcosa in più rispetto a gente che in certi campi ci lavora inizia ad essere fastidiosa su RH. Un conto è cercare di fare inferenze su cose che non si sanno, un conto è dire la propria opinione, provare a fare ipotesi. Ma pensare di saperne di più sulla base della propria conoscenza limitata o "di quello che dicono le persone attorno a me" è fastidioso.   

Figurati.

Poi consideriamo sempre che le situazioni non sono mai bianche o nere e a volte possono essere davvero complicate sotto il profilo dei diritti.

Ci sono autori che per status avranno condizioni di un certo tipo e altri invece no; casa discografiche che hanno un prassi e altre che lavorano in un altro modo.

Quindi stiamo comunque facendo una generalizzazione. Non possiamo per esempio escludere che ci siano autori particolarmente importanti che magari hanno contribuito in modo significativo alla realizzazione di un disco e quindi ottengono una roy anche sul CD, come forma editoriale.

GuSpe
Utente 5xP

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13
8 giugno, 2019 - 15:43
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matteo.m ha detto

La versione più remunerativa per la case discografiche è il download digitale dell'album, a seguire l'album fisico.

Le case discografiche e i cantanti hanno profitti bassissimi dai singoli, anche per ragioni di diritti, visto che bisogna dividere la fetta di guadagno con tutti gli agenti coinvolti, mentre per l'album c'è un conteggio roy diverso.  

Sì lo so, se leggi ho solo specificato che fare i conti per il fisico su una media di 15 euro non è realistico, è molto meno.

Tanakka
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14
8 giugno, 2019 - 15:50
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matteo.m ha detto
I singoli hanno un profitto risibile per le case discografiche e gli autori...
 

Eh, qualcosa in tal direzione negli anni avevo ovviamente sentito.

Ma come la si risolverebbe, indirizzandosi verso un mondo in cui il cd fisico anche in Italia potrebbe rischiar di rappresentare giusto il 5% dei fatturati della musica e pure il cd digitale non paia tirare?

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matteo.m
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15
8 giugno, 2019 - 15:56
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GuSpe ha detto

Sì lo so, se leggi ho solo specificato che fare i conti per il fisico su una media di 15 euro non è realistico, è molto meno.  

Però è un po' rischioso fare considerazioni sul prezzo di copertina che vedi nei negozi. La casa discografica viene pagata sempre la stessa cifra per un CD.

Il negozio di CD compra sempre un disco ad un dato prezzo, già scontato rispetto al prezzo di copertina.

Per esempio:

Prezzo di copertina: 17.90 EUR

Venduto dal distributore al negoziante a: 9,90 EUR

Margine del negoziante: 8 EUR

Prezzo di vendita al pubblico: 14 EUR

In questo caso il negoziante ci guadagna 4,10 invece di 8 perché ha deciso di vendere il disco a 14 EUR invece di 17.90. Ma lo sconto inficia sul suo margine, non su quello della casa discografica che vende sempre il prodotto con un sconto fisso del 40-50% rispetto al prezzo di copertina, che l'editore ha fissato in prima istanza, ma che non è detto che corrisponda poi al prezzo di vendita effettivo al pubblico.

Ho usato dei dati fittizi, ovviamente. Per spiegarmi...

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matteo.m
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16
8 giugno, 2019 - 15:59
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Tanakka ha detto

matteo.m ha detto
I singoli hanno un profitto risibile per le case discografiche e gli autori...
 

Eh, qualcosa in tal direzione negli anni avevo ovviamente sentito.
Ma come la si risolverebbe, indirizzandosi verso un mondo in cui il cd fisico anche in Italia potrebbe rischiar di rappresentare giusto il 5% dei fatturati della musica e pure il cd digitale non paia tirare?  

Eh purtroppo è questo il problema...

bisogna cercare di rendere più remunerativo per le case discografiche e per gli autori il business dello streaming. Spotify si sta spostando in questa direzione con i servizi Premium che immagino garantiscano di remunerare di più i fornitori... la situazione è in divenire. 

Non escludo che tra 10 anni il disco fisico/digitale diventi obsoleto anche sotto il profilo dei profitti. Al momento direi che non ci siamo ancora però... 

GuSpe
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17
8 giugno, 2019 - 16:16
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matteo.m ha detto

GuSpe ha detto

Sì lo so, se leggi ho solo specificato che fare i conti per il fisico su una media di 15 euro non è realistico, è molto meno.  

Però è un po' rischioso fare considerazioni sul prezzo di copertina che vedi nei negozi. La casa discografica viene pagata sempre la stessa cifra per un CD.

Il negozio di CD compra sempre un disco ad un dato prezzo, già scontato rispetto al prezzo di copertina.

Per esempio:

Prezzo di copertina: 17.90 EUR

Venduto dal distributore al negoziante a: 9,90 EUR

Margine del negoziante: 8 EUR

Prezzo di vendita al pubblico: 14 EUR

In questo caso il negoziante ci guadagna 4,10 invece di 8 perché ha deciso di vendere il disco a 14 EUR invece di 17.90. Ma lo sconto inficia sul suo margine, non su quello della casa discografica che vende sempre il prodotto con un sconto fisso del 40-50% rispetto al prezzo di copertina, che l'editore ha fissato in prima istanza, ma che non è detto che corrisponda poi al prezzo di vendita effettivo al pubblico.

Ho usato dei dati fittizi, ovviamente. Per spiegarmi...  

Assolutamente, e infatti è per questo che dico che fare ipotesi su un prezzo di 15€ (non le ho fatte io e rispondevo a chi le aveva fatte), che solitamente è uno dei prezzi più alti che si vedono in giro, non è realistico perché non è su quelle cifre che vanno fatte le 'spartizioni'.

Ovviamente se i cd fisici arrivano ad essere venduti a €7.90 significa che a quel prezzo ancora c'è il minimo di guadagno garantito, non è che si mettono a vendere sottocosto laugh

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matteo.m
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18
8 giugno, 2019 - 16:27
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GuSpe ha detto   

 

Assolutamente, e infatti è per questo che dico che fare ipotesi su un prezzo di 15€ (non le ho fatte io e rispondevo a chi le aveva fatte), che solitamente è uno dei prezzi più alti che si vedono in giro, non è realistico perché non è su quelle cifre che vanno fatte le 'spartizioni'.

Ovviamente se i cd fisici arrivano ad essere venduti a €7.90 significa che a quel prezzo ancora c'è il minimo di guadagno garantito, non è che si mettono a vendere sottocosto laugh

Assolutamente. Poi i dischi venduti a quei prezzi di solito sono iniziative speciali che partono dalle case discografiche che abbassano i prezzi di copertina. Anche questo è regolamentato dalla legge. Per i libri per esempio possiamo farlo solo in date circostanze. Non so bene come funzioni questo aspetto commerciale coi CD. Però in generale, certo, hai ragione.

Io trovo che queste iniziative alla fine siano controproducenti. Meglio mantenere prezzi di copertina medio alti e vendere qualche copia in meno, ma almeno avere buona marginalità sul prodotto.

Ma il mercato fisico dei CD in Italia è ormai allo sbando... i rivenditori sono sempre meno. E alla fine sarà proprio la morte di tutta questa filiera a rendere il business del CD fisico obsoleto, temo... il che non è un bene, perché sono posti di lavoro perduti per sempre.

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