Potrebbe essere l’ultima esibizione di Mia qui a MFS e non volevo uscire senza aver schierato almeno uno dei miei due pezzi preferiti del suo repertorio.

‘Donna’, scritto da Enzo Gragnaniello, viene pubblicato nel 1989 nell’album ‘Martini Mia’, album che segna il suo ritorno alla musica dopo anni di inattività; il brano fu presentato al Festivalbar del 1989, dove Mimì fu premiata con il Disco d’oro per le centomila copie vendute con l’album, e fu poi presentato live in una versione duetto tra Mia e Gragnaniello (qui per chi volesse recuperare questo duetto inedito).

E fu proprio Gragnaniello, in un’intervista, a svelarci i retroscena di questo brano. Due impresari fecero conoscere Mia al cantautore napoletano proprio negli anni più bui della carriera di Mia. Gragnaniello fu colpito talmente da quella donna e dalla sua voce graffiante, specchio di un’anima tormentata e distrutta dalle maldicenze e dalla cattiveria, che subito dopo il loro incontro proseguì per tutta la notte a comporre ‘Donna’; Mia, ospitata da Gragnaniello nella sua casa ai Quartieri spagnoli a Napoli, fu talmente rapita da quella canzone da volerla ascoltare per cinque volte consecutive. Si ritrovò subito in quel testo, avendo subito violenze sia come artista che come donna.

E si, perché ‘Donna’ parla di violenza sulle donne, di rapporti fatti di umiliazioni, soprusi e privi di alcuna forma di rispetto verso la donna stessa; si osserva la superficialità con la quale alcuni uomini si avvicinano alla donna trattandola come effimero strumento sessuale, generando nella donna sofferenza e disturbi.

La violenza sulle donne, purtroppo, Mia la conosce bene. E la conosce fin da piccola e la conosce tra le mura domestiche: un padre violento, che portò all’aborto di sua moglie a suon di calci, un padre che odiava le sue figlie perché voleva un figlio maschio ad ogni costo, un padre che picchiava ripetutamente le sue figlie e di notte sgattaiolava nella loro stanza toccandosi senza alcun briciolo di umanità.

Mia canta la sofferenza delle donne (e la sua di sofferenza) con un graffio vocale degno di nota e con un tale trasporto da farmi rimanere ogni volta senza parole (schiero la versione live proprio per sottolineare la potenza della sua interpretazione). Soprattutto pensando a quanto abbia dovuto lottare durante il corso della sua vita (dal difficile rapporto col padre al tentato suicidio dopo l’arresto per detenzione di stupefacenti, dagli interventi alle corde vocali a quella infame etichetta di iettatrice) e pensando, ahinoi, a quanto sia drammaticamente attuale la tematica sviscerata nel brano.

Spero di aver aggiunto un altro tassello interessante al percorso di Mia e di avere l’opportunità di continuare a farlo. Perché Mia, la sua voce, la sua sensibilità artistica, le sue interpretazione hanno e avranno sempre il dovere di essere ascoltate e diffuse.

Ho scelto Grignani perché volevo fare conoscere alcuni suoi aspetti musicali che in tanti ignorano. Col procedere della gara mi sono però trovata anche ad affrontare dei demoni che avevo scordato di avere ma soprattutto a ritrovare un legame con mio fratello, che ogni tanto ho paura di dimenticare. 

E nel ballottaggio ho deciso di giocare il mio pezzo preferito, non vorrei uscire senza averlo fatto conoscere. E dopo aver dedicato pezzi a mio fratello e alla mia compagna, voglio dedicare un pezzo a Marcella. 

Il mio peggior nemico

Il brano è contenuto ne La fabbrica di plastica ed è un pezzo retto quasi esclusivamente dal binomio chitarra-voce e l'intensità con cui Grignani lo canta è un pugno in pieno volto e credo che quasi tutti almeno una volta si siano specchiati nelle sue parole. ll pezzo parla di come troppo spesso siamo noi i primi nemici di noi stessi, anche quando tentiamo di nasconderlo. 

Ho lanciato un sasso nello stagno ha fatto cerchi tutto in tondo

Alcuni si son persi al largo ma altri sono andati a fondo

Si è calmato tutto e in un secondo ho visto chiaro finalmente

L'immagine con cui apre il racconto mi ha sempre trasmesso una forte inquietudine, quella che solo l'estrema calma può fare provare. Quando la calma ci mette di fronte alla realtà nuda e cruda. Senza poter scappare.

È una vita che provo a cambiare 

Sbaglio e faccio finta di imparare

Credo di aver usato questa scusa per anni, ogni sbaglio pensavo fosse una lezione per imparare. Per poi ricadere nello stesso errore poco tempo dopo. E spesso ho dato la colpa agli altri per i miei fallimenti, era la strada più facile. Fingendo che non importi poi nulla. 

Non è vero, quello ero

L'accettazione di essere io in errore, di essere consapevole che forse sarebbe utile reagire. O anche solo riuscire ad accettare una realtà particolare, però senza cadere nel vittimismo e nella retorica. Posso essere la mia peggior nemica ma posso continuare comunque a vivere la mia vita. Provare.

È questo il mio momento e me lo dico

io sono di me stesso il nemico

Ma provo. E a volte riesco anche a essere felice.